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A. XIV, n.157, ottobre 2020
La pandemia vissuta in un diario
per combattere l’incertezza
di Rosita Mazzei
Per Bottega editoriale Alessandro Milito racconta i suoi giorni
trascorsi durante i mesi dell’isolamento a causa del Coronavirus
La pandemia che quest’anno ha coinvolto l’intera popolazione globale ha stravolto le nostre vite in maniera indelebile. La morte è divenuta compagna sgradita della nostra quotidianità, mentre molti di noi lottavano contro la malattia o, semplicemente, contro la paura di essa. Il lockdown ci ha rinchiuso in casa per poter scongiurare una guerra che vedeva, e vede ancora, coinvolto l’intero pianeta. Così, d’un tratto, ci siamo ritrovati a combattere per la sopravvivenza e il distanziamento sociale è divenuto d’obbligo anche in un paese come l’Italia dove il vivere collettivo e la socievolezza hanno sempre dominato.
A raccontarci tutto questo e molto altro ci ha pensato l’avvocato crotonese Alessandro Milito, e nostro articolista, all’interno del suo Diario ai tempi del Coronavirus. Storie di quotidiana Resistenza (Bottega editoriale, pp. 168, € 15,00), testo di forma diaristica che espone le impressioni, le paure e le emozioni provate durante questo periodo.
Una reclusione forzata
Il Diario in questione (che fa parte della “Scuderia letteraria” di Bottega editoriale) vede il proprio inizio il 14 marzo e si conclude il 4 maggio, giorno della fine del lockdown e di una timida ripresa verso una esistenza che vorrebbe scorrere normalmente, pur essendo ancora sotto attacco di un virus che sembra non voler cessare gli atti di guerriglia e che ci costringe a vivere in maniera molto più cauta e meno coinvolta verso l’altro.
Questo lavoro è il prodotto di un uomo crotonese che, fuorisede a Bologna, si ritrova a rimanere in contatto con la propria famiglia in Meridione attraverso una videochiamata, strumento che, come afferma lo stesso scrittore, è divenuto indispensabile per poter mantenere vivi i rapporti con i propri cari durante questi mesi in cui era permesso di uscire di casa solo per poter fare scorte di cibo, proprio come se fossimo in stato di assedio.
La nostalgia
In tale contesto lo smartworking diviene la norma, costringendo le persone a lavorare da casa, allentando i legami con i colleghi e diminuendo i rapporti con gli altri. Le canzoni cantate a squarciagola dalla finestra richiamano la nostalgia di casa, della famiglia, del Sud che diviene talmente lontano da sembrare irraggiungibile, nella speranza di poter tornare a viverlo realmente: «Mi manca il mare, il mio mare, perché sì, ho bisogno di sentirlo, di beccarmi in faccia la sua brezza o il suo vento forte, di odorarlo, di guardarlo e di confrontarmi con lui».
La mancanza si fa ancora più forte quando si palesa l’impossibilità per il nostro autore di partecipare alla celebrazione per eccellenza di Crotone, la sua città natale: la festa della Madonna di Capo Colonna. Essa, come ribadisce Milito, è un momento fondamentale per tutti, non solo per i credenti perché rappresenta un motivo di aggregazione sociale e culturale. Il rivivere dei riti antichi, infatti, riconferma l’identità culturale che lo scrittore sente ferventemente e che lo riporta con la memoria ai luoghi natii che in un momento così difficile fanno sentire la propria mancanza con tenacia.
Ed è così che l’autore ci porta nel suo personale viaggio verso la riscoperta dei piccoli piaceri e di un nuovo senso per la parola libertà, così tanto agognata in questi mesi. Un periodo difficile e di sicuro controverso, che ci ha portato a riscoprirci fragili, più che mai, in un Occidente che non era più abituato ad avere paura della fame e della ristrettezza. Mesi in cui gli scaffali dei supermercati sono stati letteralmente presi d’assalto, dove l’altro era visto come un nemico e dove l’incertezza del domani la faceva da padroni.
«Ho capito che una democrazia, costretta a limitare la libertà dei suoi cittadini per tutelarne la salute, funziona solo se vi è una profonda e collettiva presa di responsabilità. Inutile gridare all’untore, ergersi a censori e poliziotti dei comportamenti altrui: nei prossimi giorni non servirà a nulla, anche di fronte a comportamenti scorretti e a un’inevitabile crescita dei contagi dovuta all’aumento degli spostamenti». Queste parole potrebbero perfettamente riassumere le varie sfaccettature, spesso contraddittorie, di un periodo che ci ha reso più uniti, ma allo stesso tempo ha fatto in modo che molti si ergessero a giudici del comportamento altrui. La fine della pandemia sembra ancora lontana, ma si spera che il comportamento collettivo sia tale da poterla archiviare definitivamente come uno dei periodi, purtroppo, più brutti della storia contemporanea.
Rosita Mazzei
(www.bottegascriptamanent.it, anno XIV, n. 157, ottobre 2020)