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A. XIV, n. 156, settembre 2020
Un avvocato
alle prese
con i ricordi
di Alessandro Milito
Per Einaudi torna Guerrieri,
famoso protagonista
della saga di Carofiglio
«Un giurista deve […] dedicare parte del proprio tempo a cose che con il diritto, all’apparenza, non c’entrano nulla». È la lezione che l’avvocato Guido Guerrieri, protagonista dell’ultimo libro di Gianrico Carofiglio La misura del tempo (Einaudi, pp. 288, € 18,00), affida ad una classe di magistrati ordinari in tirocinio.
Lo scrittore pugliese, giunto ormai al sesto libro del suo personaggio più noto, ha gioco facile nel raccontare una storia che prende inizio da una vicenda processuale per poi addentrarsi in riflessioni apparentemente lontane dal diritto penale.
Il Guerrieri del romanzo ci viene presentato come un professionista maturo, lontano dalle schizofrenie dei casi precedenti; l’avvocato solitario ha lasciato il posto al dominus di uno studio legale affermato, composto da tirocinanti, collaboratori e investigatori privati.
Il tempo da misurare ed i suoi protagonisti
Carofiglio utilizza la maturità del suo personaggio per condurre il lettore su più livelli di riflessione.
Tra questi il ruolo principale viene assegnato alla riflessione sul tempo e sul ricordo di un determinato momento, sia che si tratti di un istante intimo sia che riguardi un elemento determinante per una testimonianza.
Il caso che deve affrontare l’avvocato barese è tutto incentrato sui ricordi, sul collocare in un determinato momento ed in un determinato luogo il suo sfortunato assistito. Questa rievocazione si basa tutta sulla testimonianza di un personaggio difficile: Lorenza, madre dell’imputato ma anche amante giovanile di Guerrieri. Il romanzo si alterna quindi tra i ricordi di questa passata relazione, che il tormentato avvocato cerca di rievocare, e le testimonianze necessarie a ribaltare una sentenza in Corte d’assise d’appello.
Carofiglio accompagna il lettore, anche poco avvezzo ai tecnicismi legali, tra i meandri del codice di procedura penale e nella complessa ritualità di un giudizio di secondo grado; tutto ciò riesce anche grazie alla capacità dello scrittore di tratteggiare ritratti credibili dei protagonisti di un processo.
Grande attenzione viene dedicata proprio ai magistrati, ai giudici ed ai procuratori della Repubblica, sapientemente descritti nel loro lato umano e fallibile prima che giuridico.
Il ruolo del giurista
Ed è proprio lo scrittore, ex pubblico ministero, che si lascia andare ad una lunga riflessione sul ruolo del giurista, facendo tenere al suo alter ego avvocato una lezione ai futuri magistrati. Il giurista deve nutrirsi costantemente di buone letture, buon cinema, buona cultura diversa da quella giuridica. Il buon magistrato, soprattutto se giudicante, ha il dovere di mantenersi curioso, consapevole dei diversi punti di vista sul reale. Il processo stesso, inteso come luogo naturale di confronto tra differenti prospettive e pretese, funziona solo se messo in atto da professionisti del dubbio. Saper dubitare è il contrario di difendere ad oltranza granitiche certezze che, alla prova dei fatti, possono dimostrarsi più illusorie che reali. Il vero giurista sa che il diritto è frutto delle contraddizioni della società in cui opera e proprio per questo deve mantenersi vigile, curioso e disposto ad ampliare sempre di più il proprio punto di vista.
Non solo diritto
La misura del tempo riesce ad incuriosire e a coinvolgere per i suoi cenni al rapporto tra giustizia e processo penale, tra diritto e morale, sapientemente alternati con descrizioni di una Bari notturna ed affascinante e della sua cucina. Perché chi ama il diritto deve saper apprezzare anche ciò che lo circonda e variare i suoi interessi: e, in questo, il libro di Carofiglio è una buona risposta.
Alessandro Milito
(www.bottegascriptamanent.it, anno XIV, n. 149, febbraio 2020)