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Comunicazione e Sociologia (a cura di La Redazione) . A. XIV, n. 153, giugno 2020

Zoom immagine La salvezza
per l’anima

di Rosita Mazzei
Una raccolta poetica
di Franco Dionesalvi
sulla rinascita


La poesia è il nutrimento della nostra anima. Sin dall’antichità, l’uomo ha sentito il bisogno di affidare ai versi i propri sogni, per librarli nel cielo infinito dell’immortalità, mentre tutto intorno inaridiva al contatto con la crudele morte. Essa è nata ancor prima della scrittura, quando l’uomo trasmetteva il proprio sapere, le proprie emozioni, le proprie paure e le proprie speranze attraverso l’oralità dell’aedo greco.
«La poesia non cerca seguaci, cerca amanti» scriveva il poeta Federico García Lorca, morto durante la guerra civile spagnola, ucciso dai sostenitori di Francisco Franco. Tali parole sono tra le più veritiere per descrivere un’arte così sofisticata e così profonda da ammaliare l’umanità attraverso i secoli.
Da essa siamo attratti e da essa siamo cullati nei momenti più importanti della nostra esistenza. Ed è proprio quello che è accaduto a Franco Dionesalvi, poeta e scrittore, che tramite Base centrale (Arcipelago Itaca, pp. 68, € 12,50) ci accompagna attraverso un viaggio che narra la sua rinascita personale dopo una grave malattia debilitante.

Una raccolta sentita
Lo stesso autore decide di curare la Premessa della propria opera che, come avviene in ogni raccolta poetica che si rispetti, apre al lettore il mondo in cui lo scrittore vuole introdurlo. Con il cuore in mano e l’emozione stampata nero su bianco, il poeta si racconta, spiega da dove sia nata questa necessità di esprimersi in versi, parlando con chiarezza e delicatezza dei propri problemi di salute che lo hanno portato a perdere una parte importante dei propri ricordi.
La Postfazione, invece, è affidata alle parole di Gerardo Pedicini, poeta e critico d’arte, che ricorda che Dionesalvi non ci introduce ai propri problemi psichici per rammentare il dolore di due anni passati tra crisi epilettiche e perdite di memoria, ma lo fa per affermare la vitalità della poesia dentro di lui dopo un evento tanto importante quanto delicato.
A tal proposito, è d’obbligo citare le parole dello stesso Pedicini per far comprendere la sua visione sull’opera: «In lui la scrittura poetica non risiede nella ricerca di un altro da sé ma nel tentativo di ritrovare, negli anfratti del proprio inconscio, le istanze più profonde del proprio esserci. Attraverso la ricomposizione frammentata dei ricordi, il poeta ricostruisce il proprio vissuto».

L’importanza dei versi
Analizziamo, dunque, la poetica di Dionesalvi. Da quello che si evince dai suoi versi – delicati, forti e ben delineati allo stesso tempo – possiamo notare come il richiamo alla realtà circostante sia assai elevato ed è proprio in essa che l’autore richiamerebbe con vigore l’importanza dell’altro, della propria interiorità e del bisogno di sentirsi vivo.
Il dovere di collegare l’immaginario con il vissuto si fa sentire attraverso dei versi che hanno il sapore di una sentenza colma di speranza. «I luoghi sono spazi della mente,/ li abitiamo a memoria/ e spesso ruzzoliamo» scrive Dionesalvi in Scripta manent?, ribadendo, ancora una volta, l’importanza di una memoria perduta che se da un lato ci obbliga all’oblio dei fatti e degli avvenimenti che per noi risultano non essere mai esistiti, dall’altro ci dà l’opportunità di vivere nuovamente alcune vicende e di renderle più “giuste” per noi e la nostra esistenza.
La poetica si fa portavoce di una nuova visione del mondo, una weltanschauung fatta di opportunità date dal nuovo modo di approcciarsi alle cose che ci circondano e ci identificato.
«Quando uno muore/ si dovrebbe dar fuoco alla sua casa;/ certo devono farla di cartone,/ o di plastica componibile/ combustibile non tossica inodore,/ ma infine il rogo sarebbe un bel rituale» si legge nella poesia Oggetti che l’autore ci regala per farci comprendere quanto, a volte, ci capiti di circondarci di oggetti che parlano di noi molto più di quanto ne siamo realmente coscienti.

L’esistenza colta dalle parole
Più volte ci è stato dimostrato come la poesia sia stata capace di cogliere il malessere dell’umanità e di tramutarlo in bellezza. Edgar Allan Poe, Charles Baudelaire, Alda Merini, sono solo alcuni dei nomi che hanno affidato al gioco delle parole una sofferenza che apparteneva a loro, ma che poteva richiamare a sé quella dell’intera umanità.
Poiché se è certo che «tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo», come affermava Lev Tolstoj all’inizio di Anna Karenina, è pur sempre vero che l’intero genere umano è attanagliato da una qualche forma di trauma personale che si tramuta in malessere generale verso l’incertezza della vita.
Di certo, quello che ci lascia questa raccolta poetica, oltre alla delicatezza e alla potenza dei propri vocaboli, è anche la finezza di una narrazione colma di ostacoli e di voglia di vivere, ma anche un racconto meditato volto a trasformare in bellezza un dolore che ha portato a nuove prospettive esistenziali.

Rosita Mazzei

(www.bottegascriptamanent.it, anno XIV, n. 153, giugno 2020)

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