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A. XIV, n.150, marzo 2020
Le parole sono importanti
se sai come usarle
di Alessandro Milito
Vera Gheno per Einaudi ci conduce in un viaggio
alla riscoperta della nostra madrelingua
Qual è lo stato di salute della lingua italiana? È vero che è in crisi, assediata da inglesismi e neologismi sempre più agguerriti? Finiremo per scrivere con lo stesso stile scialbo e dozzinale degli sms e dei messaggi su Whatsapp?
Sono domande che abbiamo già sentito, magari rilanciate a gran voce da qualche amico particolarmente sensibile agli strafalcioni grammaticali ed insofferente a qualche licenza poetica di troppo. Sempre il nostro amico purista ci avrà già messo in guardia da uno dei problemi principali del nostro tempo: scriviamo e leggiamo tanto, come non mai, sempre assuefatti dallo smartphone e dalla notifica di turno. La quantità di testo che quotidianamente creiamo e di cui fruiamo non è mai stata così alta: si può dire lo stesso della qualità? E che dire poi delle immancabili emoticons che stanno sostituendo parole, se non frasi, per intero?
A queste ansie e a tante altre domande risponde la sociolinguista Vera Gheno nel suo ultimo saggio Potere alle parole (Einaudi, pp. 170, € 13,00), spesso sorprendendo il lettore con soluzioni originali e provocatorie.
La lingua è il patto di una comunità
È un’opera che non fa parte della “Scuderia letteraria” di Bottega editoriale, è vero, ma è stata proprio Vera Gheno a stilare la Prefazione del nostro Manuale di Scrittura quindi ci piace considerarla come se fosse una “nostra” autrice… almeno ad honorem!
La scrittrice italo-ungherese decide di introdurre la protagonista del saggio: la lingua. A cosa serve? Perché parliamo? Scopriamo quindi che la lingua è un codice condiviso da una comunità di parlanti. L’insieme di convenzioni e regole create ed accettate dalla comunità diviene «norma linguistica». Proprio l’aspetto della condivisione e della comune accettazione rappresenta il cuore della lingua: le persone scelgono di aderire spontaneamente alla norma perché la ritengono il modo più efficace per comunicare tra loro. Questo tacito patto funziona se e quando la norma viene percepita come giusta in uno specifico momento storico e sociale. Si può quindi dire che «la lingua è fatta dall’uso», con una logica conseguenza: essa non è immobile ma viva, in continua evoluzione e mutazione.
Tale processo di creazione e distruzione di parole, modi di dire, espressioni, non si ferma mai, almeno fino a quando la lingua è in salute ed è ancora uno strumento di comunicazione utilizzato dalla comunità che la genera. Esiste una lotta sotterranea tra due forze occulte ma poderose: da una parte la resistenza della norma, le regole attualmente in vigore che se violate ci costano un bel segno rosso o un voto in meno; dall’altra l’innovazione, i neologismi, gli errori che a furia di ripetersi possono ambire a diventare la nuova regola.
Grammarnazi e “a me mi”
Sono quindi gli errori il vero motore del cambiamento e proprio per questo vanno capiti e rispettati. Vera Gheno ci mette in guardia da due possibili pericoli: dobbiamo fare attenzione al modo in cui ci esprimiamo, imparare ad utilizzare il linguaggio giusto per ogni contesto e per ogni interlocutore; allo stesso tempo non dobbiamo trasformarci in coloro ormai noti come grammarnazi, inflessibili e saccenti nazisti della grammatica pronti a giudicare con pedanteria chi sbaglia. Del resto «prendersela con chi fa errori perché non ha studiato o non ha potuto studiare è da sciocchi, antipatici e superficiali» e proprio l’umiltà è la condizione necessaria per capire ed apprezzare al meglio la lingua italiana.
Con il giusto atteggiamento ed una buona dose di curiosità possiamo rimanerne sorpresi e Potere alle parole offre il meglio di sé proprio quando riesce a smascherare alcune false credenze che abbiamo sulla nostra stessa lingua. Scopriamo quindi che dire “a me mi” non sempre è sbagliato, che il congiuntivo non sta affatto morendo, che non è vero che il “sé” perde sempre l’accento quando incontra “stesso” e tanto altro ancora. Che dire poi di neologismi come “petaloso” e dei sempre più diffusi inglesismi? Vera Gheno ci mette alla prova abbattendo i nostri pregiudizi linguistici e lanciando un monito fondamentale: «noi siamo la causa dei cambiamenti della nostra lingua, ma che al contempo siamo coloro che ne garantiscono la salute» e se non saremo in grado di capirlo «non potremo fare nulla se non assistere, passivamente, a cambiamenti provocati da altri». Le nuove parole, le nuove espressioni provenienti dal mondo dei social network e non solo, non devono spaventare ed essere viste come barbari alle porte della sacralità dell’italiano. Di fronte al cambiamento della lingua dobbiamo approcciarci con curiosità, mantenendo comunque una profonda consapevolezza del patrimonio linguistico che ci è stato tramandato da altri.
La lingua italiana siamo noi
Non esistono parole belle o brutte: siamo noi, parlanti dell’italiano, a decidere della vita o della morte di quel singolo idioma. Ciò comporta una grande responsabilità perché la salute della lingua dipende da ognuno di noi. Su questo aspetto Potere alle parole insiste parecchio tanto da proporsi come un vero e proprio manifesto. Vera Gheno ci invita a riprendere possesso degli strumenti linguistici per migliorare la qualità della comunicazione di tutti oltre che per diventare cittadini più potenti e consapevoli. L’obiettivo è raggiungere ciò che l’autrice chiama «decoro linguistico». Le parole sono strumenti molto raffinati ed efficaci e dobbiamo imparare ad utilizzarle correttamente: solo se diventiamo consapevoli del loro uso corretto sapremo rompere le regole, crearne di nuove e cambiare la norma linguistica, in un processo di continua evoluzione e mutazione.
Decoro linguistico significa cercare di comunicare nel modo più corretto possibile ed al meglio delle nostre capacità, tenendo a mente che «la comunicazione che funziona meglio è quella che tiene conto dell’interlocutore più debole, non di quello più capace che un po’ se la deve sbrigare da solo. […] Se l’obiettivo è farsi capire, è importante che il pensiero venga comunicato nella maniera più chiara, semplice e concisa possibile».
La lingua è il tesoro di una comunità e l’autrice non manca di ricordare quanto possa rilevare il contributo di ognuno di noi nella sua tutela. L’italiano è un bene comune e la battaglia culturale che siamo chiamati ad intraprendere quotidianamente per il suo benessere deve essere affrontata con curiosità, umiltà e rispetto.
Vera Gheno propone tre parole chiave, tra tutte quelle più potenti ed efficaci: dubbio, riflessione e silenzio. Perché non dobbiamo mai smettere di interrogarci e di studiare la nostra lingua, in quanto noi stessi possiamo essere «influenzatori culturali»; questo è possibile se riscopriamo il piacere della riflessione e pensiamo bene a ciò che diciamo e scriviamo: è una forma di rispetto per sé stessi e per gli altri. Il tutto senza dimenticare l’importanza del silenzio, il saper tacere e lasciare spazi vuoti quando non siamo in grado di riempirli adeguatamente: perché anche le parole non dette possono essere potenti.
Alessandro Milito
(www.bottegascriptamanent.it, anno XIV, n. 150, marzo 2020)