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A. XIV, n. 149, febbraio 2020
Gli scrittori “sommersi”:
le vite e le loro opera
di Massimiliano Bellavista
Una ricerca dedicata ad autori dimenticati:
le motivazioni che spingono verso questa strada
«Naufragium feci, bene navigavi» (Ho navigato bene, ho fatto naufragio). Diogene Laerzio attribuisce questa frase a Zenone di Cizio, considerato il fondatore della scuola stoica. Ma poco ci importa di chi sia la frase, ci calza a pennello. Fantasmi di carta e lettere. Scrittori dimenticati. I sommersi dalla memoria non sempre se lo meritano. Per tanti scrittori, autori di opere importanti, celebrati dalla critica contemporanea e magari anche vincitori di premi prestigiosi, il tempo non è sempre stato galantuomo. Si dice che ciò che sopravvive, ciò che diventa “classico” è meritevole di memoria perché capace, grazie all’universalità delle emozioni e delle situazioni che esprime, di sfidare il tempo o perché in grado di farsi essa stessa tempo e in tal modo rappresentare vivamente il sentimento di un’epoca. Ciò che si dimentica allora, sarebbe pienamente meritevole del nostro oblio e si tratterebbe di una giusta condanna. Del resto si sa, si scrive troppo in Italia e poi ci si stanca anche presto di farlo.
Opere perdute, autori dimenticati
Diceva qualcuno che tutti possono diventare scrittori, ma pochi sanno rimanere tali. Ma non è sempre vero. Non sempre il naufragare è dolce, e in fondo il tempo non è veramente amico di nessuno. Del resto a ben vedere dimenticare non è una formula matematica, non siamo davanti all’esattezza di una reazione fisica: tante volte parole importanti e meritevoli restano chiuse in qualche cassetto della storia, prigioniere di giudizi sommari e stereotipi o semplicemente vittime della dannazione di un caso misteriosamente malevolo. Solo qualcuno allora – editori, colleghi scrittori, qualche critico illuminato – ricorda brandelli di un’opera che non si stampa più, che non è più diffusa e che dunque è impossibile leggere. Pare strano e perfino impossibile nell’epoca di Internet e della disponibilità più abbondante di informazioni che la storia ricordi, dove ogni due giorni veniamo letteralmente sommersi da una quantità di dati pari a quelli generati dalla civiltà umana dagli albori fino all’avvento della rete globale. Eppure è così: certe opere, anche volendo, non si possono più leggere.
La lista di questi naufragi è assai più nutrita di quanto si pensi, si tratta a volte di casi eclatanti. Sono navi che hanno ben navigato, a volte addirittura in modo eccelso, ma che per una ragione o l’altra hanno fatto naufragio, e che ora giacciono sul fondo, sommerse e incolpevoli. Accade non solo per gli autori, ma a volte per singole opere o al contrario per intere correnti letterarie. Non si leggono più, al massimo sono buoni solo per le citazioni. Dall’altro lato, sulla cresta dell’onda, in libreria e sulla rete dominano best seller istantanei che durano lo spazio di un post. Spesso non concepiti nemmeno per fare appello alla memoria del lettore, ma solo al suo svago momentaneo, facendo leva su quarte di copertina sempre più enfatiche e ogni giorno sempre meno credibili. Una volta sfogliati, sono buoni per incartare il pesce, o forse nemmeno per quello, le pagine son troppo piccole. Dell’autolesionismo e della mancanza di coraggio di certa editoria non si finirebbe mai di dibattere, di pari passo con la quasi scomparsa degli editor di una volta, in grado di selezionare, intuire felicemente, far crescere contemporaneamente scrittori e lettori.
Una ricerca verso il ricordo collettivo
Se però è vero che senza memoria storica nessun paese, nessuna società va molto avanti, certamente il recupero di questa consapevolezza passa anche dalla riscoperta del patrimonio letterario abbandonato e dimenticato.
Sommerso appunto. Il compito, molto ambizioso, che ci proponiamo in questa rubrica è proprio questo: recensire libri espressione di un passato sepolto, recente e meno recente, come se fossero appena usciti. Uno alla volta, secondo una personale sensibilità e conoscenza, ma anche seguendo i suggerimenti di tanti lettori, perché un cerino solo non rischiara una stanza buia. Come se il tempo si fosse riavvolto su se stesso, ci proponiamo di offrire all’opera e al lettore una seconda possibilità, stimolandone così facendo la curiosità. E perché no, favorire l’unico atto che può davvero consentire ai sommersi di tornare a fluttuare: pubblicarli di nuovo, fare loro posto sugli scaffali delle librerie. Leggerli.
Massimiliano Bellavista
(www.bottegascriptamanent.it, anno XIV, n. 149, febbraio 2020)