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Anno II, n° 8 - Aprile 2008
C’erano una volta le streghe, e ci sono ancora...
di Federica D'Amico
Nuovo volume per la Aradia Edizioni dedicato alla tradizione esoterica
italiana: un viaggio attraverso verità storiche, leggende e... pregiudizi!
È possibile individuare un luogo ed un momento nella storia dell’uomo, così come nella cultura dei popoli, in cui immaginario e realtà si fondono creando una dimensione fantastica quanto reale? In cui razionalità e superstizione convivono? Probabilmente sì, pur trattandosi di un tempo ed uno spazio eterogenei, poiché percorrono un arco di tempo lungo millenni ed interessano le più disparate regioni del globo. È probabilmente questa dimensione, tra il reale ed il fiabesco, la perfetta “dimora” raccontata nel libro L’antica stregoneria italiana (Aradia Edizioni, pp. 112, € 15,00), la stessa a cui il folklore del nostro paese può ancora oggi far risalire alcuni aspetti delle proprie radici culturali.
Non dobbiamo pensare che la stregoneria, intesa come insieme di pratiche esoteriche, conosciute ed esercitate da una ristretta cerchia di adepti, si sia completamente estinta. Sopravvive. Anche in Italia. Nomi diversi e probabilmente anche pratiche diverse tra loro, conservate e tramandate da pochissime persone, si possono rintracciare in molte regioni italiane.
In Campania le streghe erano denominate Janara o Ghianara, Bazure in Liguria, Strie in Lombardia, in Piemonte Masche, in Sardegna Cogas, Strige in Veneto, Bonae Res a Brescia e Madri nella provincia di Trapani.
Dragon Rouge, nome d’arte non casuale del trentenne di origini bresciane autore di questo breve scritto, con una prosa immediata e priva di artifici retorici, parla al popolo italiano di adepti, iniziati o semplicemente curiosi.
Adepti. Anche la scelta di questo termine non è casuale perché proprio quando l’argomento in questione è la stregoneria o più in generale l’esoterismo collegato a pratiche magiche, è difficile non ricorrere ed imbattersi in stereotipi anche linguistici.
Tra le particolarità di questo testo, oltre ad un argomento oggi così di moda, la scelta di un elegante carattere gotico e le riproduzioni di 24 miniature inserite nel corpo del testo.
A proposito di un «secolare equivoco»...
Così questa breve storia dell’arte stregonesca nella penisola italiana si propone innanzitutto come mezzo attraverso cui divulgare conoscenze quanto più veritiere possibili su un argomento molto spesso avvolto da un alone di mistero e di ignoranza. Queste pagine derivano anche dall’esigenza di sfatare antichi miti. Il più importante da mettere in discussione è il “che cosa” della stregoneria.
Il significato del termine è ingannevole: l’etimologia rimanda probabilmente ad un innocuo uccello, lo stryx latino, oggi meglio noto come barbagianni, ma che l’immaginario comune non può non ricondurre ad una sfera semantica popolata da fattucchiere con tanto di scopa volante, diavoli, tenebre ed immoralità. D’altronde non è da escludere anche un altro genere di assonanza del vocabolo: quella con l’infernale fiume Stige, che ricondurrebbe così il termine alla sfera semantica di “ciò che è male”.
Una breve storia dell’“arte magica” è quindi utile per dimostrare quanto il passaggio di un termine da una sfera del significato all’altra lungo l’asse cronologico, abbia inciso, e continui a farlo, nel determinare e rimodellare la cultura dei popoli, o meglio, l’immaginario collettivo.
Inoltre, bisogna considerare anche l’ipotesi secondo cui la parola stregoneria, originariamente, sarebbe stata usata in riferimento allo sciamanesimo europeo, cioè a quell’insieme di pratiche e rituali “magici” impiegati dalle società primitive a fini terapeutici e divinatori. Quindi ciò che per i più rappresentavano meri incantesimi e pozioni “demoniache”, in realtà altro non erano che un’antica forma di arte medica, intrisa di divinazione e superstizione.
A tal proposito, va ricordato che anche Ernesto De Martino dedicò alcune ricerche alle pratiche esoteriche, in relazione all’analisi del fattore magico-religioso nelle regioni del Sud Italia. Ciò a dimostrazione del rilievo culturale di questo genere di studi.
Esiste quindi un ricchissimo retroterra letterario, quanto linguistico, oltre che folkloristico, che affonda le proprie origini sin nell’epoca classica. Ne è un esempio il mito ellenico di Lamia la cui prole, nata dall’unione con Zeus, fu uccisa per gelosia da Era. Da quel momento Lamia avrebbe riversato la propria ira sulla prole altrui, succhiandole il sangue e divorandola. Da questa versione del mito, che trasformò la donna in un mostro, quasi un antenato del vampiro, deriva probabilmente la credenza in età medievale che le streghe, donne bellissime ma demoniache, proprio come Lamia, rapissero i bambini per cibarsene o sacrificarli.
Come i miti e le leggende tramandano il punto di vista del vincitore, raramente quello del vinto, così accade anche nel caso della narrazione di eventi storici. Ed anche nella secolare battaglia combattuta dalla Chiesa cattolica contro la stregoneria, il punto di vista dal quale si è conservata la memoria di quegli eventi è, secondo quanto traspare dalle parole dell’autore, la storia della giusta battaglia portata avanti dal bene contro il male. Il potere ecclesiastico contro gli eretici, streghe o levatrici che fossero.
La crociata della Chiesa cattolica contro il paganesimo
Un capitolo che Dragon Rouge decide volontariamente di non affrontare è quello relativo all’epoca storica che egli definisce «un vero e proprio olocausto delle donne». Si tratta di un arco di tempo che va dal Basso Medioevo al Rinascimento. Ma informazioni di questo genere non possono non essere fornite al lettore per meglio comprendere la portata dell’argomento discusso.
Descrivere soltanto l’ordinamento sociale interno alle congreghe o i riti più comuni non sarebbe esaustivo se non collocandoli nel loro giusto contesto. D’altro lato alla questione storica l’autore aveva già dedicato un capitolo nella precedente opera
Colonia 1487. Si attribuisce ad Heinrich Kramer ed all’inquisitore domenicano James Sprenger la redazione del Malleus maleficarum, uno specifico manuale per l’inquisizione delle streghe. All’epoca, infatti, erano stati redatti una serie di manuali per l’inquisizione delle eresie ma per la stregoneria, considerata la manifestazione più grave e pericolosa di miscredenza, fu necessario creare un manuale apposito.
Il manuale è comunemente ricordato con l’espressione “Il mantello delle streghe” ed era stato preceduto da altri provvedimenti. Ad esempio, nel 1484 fu promulgata la bolla Summis desiderantes affectibus bandita da papa Innocenzo VIII contro gli eretici in Germania. Questo a significare quanto la crociata contro le congreghe fosse portata avanti dalle istituzioni ecclesiastiche piuttosto che dal popolo, fortemente superstizioso ma intimorito dal dilagante potere della Chiesa.
Ma per quale motivo tanta considerazione e tanto reverenziale timore nei confronti di queste persone? Come scrisse Jules Michelet, autore de La strega (BUR), a proposito della stregoneria durante l’Età medievale: ad «Ogni donna lunatica si dà gran nome: Strega» attribuendo così alla supposta fattucchiera le fattezze, e forse anche l’aggravante, della follia e della stranezza.
Non è possibile pensare però che
Piuttosto, così come del resto anche precedentemente era accaduto,
Non si deve dimenticare però che, nonostante quanto oggi si conosca sia soltanto una parte di come gli eventi effettivamente si svolsero, gli ultimi roghi furono accesi non più di tre secoli fa. Erano gli albori dell’“Epoca dei lumi”.
L’eredità dell’antica “Arte”: tra moda, religione, superstizione
Ecco quanto accade tre secoli dopo: Cinema, Letteratura, Musica e Teatro, seppur di rado, continuano a riportare in scena il mondo dell’occulto. Troppo spesso però, dipingendone i connotati storico-culturali, si ricade nei classici luoghi comuni.
L’antica “Arte” italiana probabilmente oggi può contare su una ristretta cerchia di seguaci dislocati in regioni specifiche della penisola (come per esempio, il “cuore nero” della città di Torino).
Chi oggi osi dichiararsi un adepto degli antichi culti, anche nella peggiore delle ipotesi, non rischierebbe di certo il rogo ma, senza dubbio la derisione pubblica o, come la cronaca degli ultimi anni ci ha insegnato, sanzioni penali qualora della “Vecchia Religione” si facesse uno strumento di lucro.
Questo lo stato delle cose ad oggi: fantomatiche fattucchiere e divinatrici comodamente sedute in poltrona di fronte ad un obiettivo. Il tutto a discapito della memoria di ciò che Dragon Rouge in questo testo ricorda come la vera stregoneria italiana: un movimento culturale, filosofico e religioso, oltre che socialmente definito.
D’altro canto i media contribuiscono a restituire un’immagine distorta di ciò che fu, sia una pratica che un modus vivendi che costò la vita a centinaia di uomini e donne. Questi offrono una visione più facilmente comprensibile e fruibile da parte del pubblico, tralasciando però il dato storico per evidenziarne quello folkloristico.
Nonostante ciò, quegli antichi ideali di comunanza con la natura e rispetto per la vita che animavano l’antica Bonam Societatem continuano ad essere portati avanti da coloro i quali, realmente votati al culto degli antichi dei, vi si dedicano silenziosamente. Merito di questo “revival” dell’antica stregoneria sarebbe stata nel corso del Novecento la rivelazione della Wicca, un antico movimento spirituale e religioso il cui padre fondatore si ritiene essere stato Gerald Brosseau Gardner. Anche il mondo letterario si apre al panorama di quello spirituale. Questo è quanto si propone di fare
Nasce nel 2004, da «un sogno nel cassetto», così come recita una pagina del sito internet (www.aradia-edizioni.it), cioè quello di dare spazio nel mondo dell’editoria anche alla spiritualità ed alle religioni. Un campo, quello dei misteri del mondo e dell’anima, la cui indagine è affidata alle parole di autori accuratamente selezionati. Dragon Rouge è soltanto un esempio di come una passione ed uno stile di vita siano diventati un vero e proprio mestiere. La parola d’ordine di questa piccola casa editrice, così come del nostro testo, sembra essere proprio “conoscere”. Una conoscenza che stimoli al confronto ed alimenti l’apertura al nuovo ed anche ad un ignoto che spesso intimorisce. Conoscere per smentire il falso. Conoscere il passato per comprendere meglio il presente.
Federica D’Amico
(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 8, aprile 2008)