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A. XIII, n. 147, dicembre 2019
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Home Page (a cura di La Redazione) . A. XIII, n. 147, dicembre 2019

Zoom immagine Una scoperta certo sensazionale
quanto estremamente fortuita

di Adriana Colagiacomo
Per il Seme Bianco Wally Dall’Asta racconta di un corpo ritrovato,
una storia che si intreccia su più livelli temporali, emozionando


Conoscere il nostro passato è senza ombra di dubbio il modo più efficace per comprendere il nostro presente.
Lo sa bene Wally Dall’Asta, che nel suo romanzo Il Colle della Mezzaluna (il Seme Bianco, pp. 158, € 14,90), parte della “Scuderia letteraria” di Bottega editoriale, riesce a raccontare una storia che si sviluppa in un intreccio breve ma efficace, dimostrando una straordinaria capacità di giocare con il tempo: lo allarga e lo restringe, servendosi di numerosi flashback, portando il lettore avanti e indietro in un tempo sospeso, lontanissimo eppure vicino. Tema centrale della narrazione è una scoperta di una tale portata da poter essere considerata, in effetti, il sogno di ogni archeologo, antropologo o studioso in generale.

Una tranquilla esistenza scossa da un evento improvviso quanto inatteso
Il protagonista è Massimiliano, stimato antropologo e archeologo, affetto da una patologia che gli impone uno stile di vita rigido e, suo malgrado, un’osservanza ferrea di alcune regole: un codice che, come è evidente fin dalle primissime battute del romanzo, gli sta stretto, lo frustra e rappresenta un noioso ostacolo a una vita, a una quotidianità già di per sé senza troppe scosse, che scivola via tranquilla. Affermato professionista si ritrova, ben presto e in maniera assolutamente inaspettata, a dover fare i conti con il ritrovamento del tutto casuale della salma, ormai mummificata ma sorprendentemente intatta, di un uomo morto in circostanze misteriose almeno cinquemila anni prima. Una scoperta che ha dell’incredibile, soprattutto per le condizioni in cui essa stessa si presenta agli occhi increduli dei testimoni e allo sguardo esperto, clinico ma comunque emozionatissimo di Massimiliano.
Tutto sembra aver giocato a favore di questa scoperta: una frana, moltissimo tempo prima, deve aver creato un ambiente naturalmente protetto in cui il corpo dell’uomo ha riposato intatto per millenni. E una frana, un’altra, ha fatto sì che esso venisse riportato alla luce. Un evento, quindi, che, per la sua importanza e per le circostanze in cui si colloca, è palesemente destinato ad avere ripercussioni a livello mondiale.

Ritorno al passato
Ed ecco che, grazie alla creatività e alla penna dell’autrice, questa salma prende vita. E con lei si torna indietro, ai tempi in cui gli uomini ringraziavano le divinità dei boschi per aver concesso di cacciare un cervo che avrebbe contribuito a sfamare un intero villaggio in vista dell’inverno, un’epoca in cui la caccia non era ancora considerata un mero intrattenimento o la dimostrazione della supremazia dell’uomo sulla natura ma qualcosa che la natura stessa concedeva, e l’uomo doveva ringraziarla e, soprattutto, rispettarla. Così come andava rispettato l’animale, maestoso, bellissimo, dagli occhi quasi umani che si annebbiavano sotto i colpi delle frecce prima di spirare e sul cui manto morbido si posavano le mani dei suoi stessi carnefici, in un’ultima carezza colma di pietà ma anche di gratitudine. L’autrice, in questo modo, fa riaffiorare un passato sospeso in un tempo infinitamente lontano, puro, utile a spiegare le ragioni per cui la storia di quest’uomo primitivo si intreccerà con quella di Massimiliano.
Anche il passato di Max riaffiorerà spesso nel corso della narrazione, sotto forma di ricordi infantili (e non solo) che lo hanno segnato e che non lo abbandonano mai.
Il ritrovamento di questo corpo offrirà anche un’occasione all’archeologo, battersi per qualcosa in cui crede profondamente, fino al finale assolutamente inaspettato, il tutto corredato da affetti antichi mai sopiti che, nel corso della narrazione, riaffioreranno insieme ai ricordi.

Livelli di spazio e tempo
Costruire un racconto mescolando così tanti ingredienti non è un’impresa facile.
Tanto meno lo è giocare col tempo della storia perché si corre il rischio, quanto mai concreto, di ostacolare il proseguire fluido della narrazione. Dall’Asta lo fa magistralmente, concentrando il racconto in poche pagine scorrevoli, piacevoli, di facile lettura, mantenendo vivo l’interesse del lettore fino alla conclusione del romanzo che arriva a sorpresa, inaspettata eppure perfettamente coerente con i personaggi descritti in maniera tridimensionale, mai piatti, mai scontati o banali. Una storia capace di trasmettere al lettore le emozioni di tutti i protagonisti in maniera diretta e verosimile, siano essi i personaggi di oggi, come Massimiliano, o quelli di ieri, appartenenti a quella preistoria che occupa buona parte del romanzo.
Davvero bello e sorprendente il finale, che lascia aperti molti spunti di riflessione.

Adriana Colagiacomo
(www.bottegascriptamanent.it, anno XIII, n. 147, dicembre 2019)

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