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Anno II, n° 8 - Aprile 2008
L'anticonformismo
seducente e dotto
della bella Himilce
di Alessandro Crupi
Intrigo, passione, vorticose emozioni
ed emancipazione femminile: i cardini
di un romanzo pubblicato da Falzea
Non è mai semplice cimentarsi nella scrittura di un romanzo storico in quanto la focalizzazione dell’obiettivo prefissato dall’autore deve sempre incastrarsi perfettamente con il filo conduttore che unisce l’epoca trattata ai personaggi che animano la scena. E, in tutto questo, le scelte di colui che scrive si rivelano fondamentali per consegnare a chi legge un’opera che, al di là dello stile utilizzato, sia ricca di contenuti integrabili con la realtà contemporanea. Guglielmo Colombero, con Himilce la sposa di Annibale (Falzea editore, pp. 324, € 15,00) realizza il suo sogno letterario pubblicando la sua prima opera. Egli giunge a questo stadio del proprio percorso umano e culturale dopo aver dedicato diversi anni della propria vita allo studio e alla ricerca bibliografica sulle vicende che hanno coinvolto la storica figura di Annibale e, soprattutto, quella della moglie, personaggio, quest’ultimo, scarsamente analizzato dalla critica di ogni tempo. Un lavoro tanto arduo quanto affascinante nell’alternanza tra le varie fasi che scandiscono l’esistenza di uno scrittore che, prima di potersi dedicare interamente alla passione di una vita, la letteratura, si è tuffato in altre professioni, quali l’agente di commercio e il consulente informatico, senza tuttavia abbandonare le proprie inclinazioni naturali. Ha deciso, così, di spendere le sue energie di scrittore nella realizzazione di un testo caratterizzato da un intreccio narrativo piuttosto complesso, ma anche molto espressivo e brulicante di passione. La trama del romanzo si svolge alla vigilia della seconda guerra punica, nel
Himilce e le sue “ancelle”, un mondo al femminile
Himilce la sposa di Annibale è un romanzo interamente imperniato sulla figura di una donna ma, più in generale, di tutte le donne. Una scelta coraggiosa se si pensa al periodo storico che l’autore decide di porre come contesto politico-culturale dell’intera narrazione. Quasi una provocazione, in un’epoca caratterizzata dal confronto tra le grandi rivali Roma e Cartagine, soprattutto se si pensa al ruolo secondario del sesso femminile, durante quel periodo, rispetto a quello maschile. Un assunto piuttosto noto e suggerito dal fatto che è davvero insolito imbattersi nella lettura di uno scritto che metta in risalto l’universo femminile nel mare delle innumerevoli celebrazioni di gesta eroiche di uomini, valorosi condottieri, generali e pensatori. Colombero, invece, sceglie di puntare il suo mirino su Himilce e, di riflesso, su Annibale: un’operazione inversa rispetto alla maggior parte dei casi, anche se qui la moglie del generale non è il solo motivo di interesse dell’autore. Himilce è costantemente al centro dell’attenzione, ammaliante richiamo a cui tutti gli altri personaggi, chi più chi meno e per motivi diversi, si rapportano e da cui vengono attratti. Ma, in ogni caso, come si accennava, non esiste solo lei in quanto c’è anche un insieme di figure femminili che impregnano il nucleo essenziale di tutto il libro. C’è la fascinosa e forte Teuta, le divinità Demetra, Kore e Tanit e, di seguito, le gran sacerdotesse Tazirat e Amarat la cui presenza è accompagnata da una serie di comparse come le danzatrici nei riti divini o la servitù dalle quali, comunque, promanano sempre fascino e portamento. Ma è l’intera architettura narrativa orchestrata dall’autore a costituire un’esaltazione delle peculiarità femminili privilegiando, anche, il lato puramente sensuale. L’erotismo, ora leggero e delicato, ora sfrenato e ricolmo di passione, tra Annibale e la sua sposa rappresenta il culmine e, nello stesso tempo, il chiaro segnale di questa tendenza a cui Colombero non frappone particolari limiti con una descrizione estremamente particolareggiata, quasi maniacale, dell’intimità piccante tra i due e tra la stessa Himilce e Teuta. Anche in questi frangenti è sempre la notevole carica sensuale della donna a stagliarsi come elemento principale. Le gesta dell’uomo sono una componente secondaria e ciò emerge in modo ancor più rilevante sul piano della personalità. La scelta di rendere l’immagine di una donna dal carattere forte e deciso come Himilce, capace di prendere decisioni di un certo peso come quella di lasciare il marito, è un’iniziativa che conduce alla riabilitazione del sesso debole tramite la riaffermazione della propria autonomia di pensiero, dell’intraprendenza senza condizionamenti esterni e, non ultima, della necessaria personalità per “camminare da soli”. Aspetto, questo, appartenente non solo all’epoca in cui è ambientato il romanzo ma comune, anche, ai nostri giorni. I problemi della posizione della donna nella società moderna sono ancora un argomento di grande attualità, pur con le dovute differenze rispetto al passato, recente e remoto. Oggi, le donne hanno un peso nella comunità molto più significativo in rapporto all’epoca in cui è vissuta Himilce. Ricoprono cariche importanti e dispongono di diritti parificati a quelli dell’uomo. Ma ciò si verifica, soprattutto, nella civiltà occidentale in quanto, altrove, permangono disparità di condizioni piuttosto notevoli con un’ingente dose di ingiustizia perpetrata nei loro riguardi. Anche da noi, inoltre, la situazione non è tutta rose e fiori. Formalmente, a livello legislativo, si è fatto molto ma sono ancora frequenti gli abusi e le differenze che, nella sostanza, ancora esistono.
Himilce viene presentata dall’autore come una donna estremamente colta, capace di sorprendere lo stesso Annibale e di sostenere qualsiasi tipo di discussione con i vari personaggi di spicco che le si rapportano. Un’ulteriore conferma, questa, della grande completezza dell’analisi femminile operata dallo scrittore e indirizzata a valorizzare le doti femminili a 360 gradi.
Pathos, esaltazione dei sensi e cura dei dettagli
Il romanzo è contraddistinto in tutta la sua piattaforma narrativa da carichi emozionali molto forti in cui viene fuori il meglio e il peggio degli esseri umani. Si tratta di un racconto in cui le corde dei sensi vengono continuamente pizzicate dalla fantasia di Colombero che ci propone un’alternanza vorticosa di momenti di eros travolgente, scene di guerra, descrizioni di suggestive ambientazioni, dialoghi appassionati e attimi prolungati di intenso e violento furore. S’inserisce pienamente in questo contesto la rappresentazione delle esecuzioni capitali che emerge in tutta la crudezza dell’azione con minuziosa e dettagliata caratterizzazione di ogni tipo di scena. Gusto dell’orrido? No, scelta “tecnica” dettata da due esigenze tra loro complementari. La prima, testimoniata dall’illustrazione, attraverso l’istantaneità e la potenza delle immagini, di una realtà piuttosto estrema che si viveva in quell’epoca fatta sì di guerrieri, eroi ma anche di passioni travolgenti, rispetto per la natura e sincera contemplazione. La seconda, invece, contraddistinta dal desiderio di comunicare quanto l’aspetto emozionale possa guidare gli esseri umani nelle scelte importanti senza, con questo, mettere assolutamente da parte la razionalità. L’azione dell’uomo è, nella maggioranza dei casi, il frutto di una fusione integrata tra i due aspetti ma è innegabile, tuttavia, che, spesso, uno dei due elementi prevale di qualche punto sull’altro, come avviene in questo caso con l’esaltazione dei sensi in chiave sia positiva che negativa. E ciò accade in quanto nell’uomo sono presenti entrambe le componenti. Sul piano dello stile lo scrittore ci propone un romanzo in cui la modernità del linguaggio e dei termini costituiscono l’ossatura principale di tutto l’impianto narrativo. I vocaboli, per così dire, “classici” e pomposi che si utilizzano in questo genere letterario vengono distribuiti e centellinati con precisa “scelta di tempo” in base al contesto. Essi sono molto presenti, ad esempio, nella descrizione degli incantevoli paesaggi naturali («cielo cristallino», «solchi ribollenti di spuma») e meno comuni, invece, nel momento in cui si passa alla rappresentazione degli opulenti banchetti e delle azioni che caratterizzano i personaggi. In questi ultimi casi l’autore parla come un nostro contemporaneo, unendo assieme raffinatezza ed estrema focosità letteraria, adattando il lessico a quello del mondo attuale pur narrandoci immaginifici eventi di oltre duemila anni fa. Ciò che colpisce l’attenzione del lettore è, soprattutto, la cura estrema nella resa dell’aspetto fisico dei personaggi, con esclusivo riguardo alle espressioni del viso e, in generale, alla mimica facciale. Nulla è lasciato al caso in questi frangenti, così come avviene nei confronti dei particolari erotici più piccanti atti a mettere in risalto una sensualità senza veli, così come una raffinata attenzione è destinata alla descrizione degli avvenimenti più significativi.
Alessandro Crupi
(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 8, aprile 2008)