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A. XII, n 126, marzo 2018
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Letteratura per bambini e ragazzi (a cura di La Redazione) . A. XII, n 126, marzo 2018

Zoom immagine Se l’uomo
dei sogni
è un pedofilo

di Rita Felerico
Un libro di Monica Florio
sulle dinamiche familiari
viste da un adolescente


«Sfoglio il manuale del runner… e mi accorgo che la corsa è proprio lo sport che fa al caso mio perché è l’unico in cui non bisogna gareggiare con gli altri ma solo con se stessi. Nelle prime pagine del manuale è contenuta la filosofia del runner che si riassume in queste parole: corro finché le gambe mi reggono, sapendo di poter contare sulle mie forze e sull’istinto che mi guida, indicandomi la strada. Devo solo concentrarmi, riscoprire la mia vera essenza per sentirmi finalmente libero. Corro non per superare gli altri, ma per migliorare rispetto a ciò che ero, nell’attesa di quello che diventerò».
Michele, il protagonista di Acque torbide di Monica Florio (Cento Autori Editore, pp. 188, € 12,00), è descritto in queste parole in tutta la sua forza caratteriale; siamo alla fine del romanzo e Michele ha attraversato il suo percorso di conoscenza e si guarda, con limpido occhio.
Anche gli altri protagonisti sono abilmente descritti dall’autrice, soprattutto svelati, con pochi tratti, per quel che sono, nella loro essenza, nelle loro debolezze sulle quali si gioca la trama delle relazioni e delle azioni.
La scrittrice napoletana nel tesserla è una maestra; anche nei suoi precedenti romanzi il contesto dell’azione viene legato perfettamente con il qui e l’ora delle scelte e dell’operare dei protagonisti e dei personaggi che animano e si incrociano sulla scena. Non solo, ma il presente rimanda ai retaggi del passato non in ritmo di successiva sovrapposizione, ma come nota determinante, si direbbe quasi destinata a essere quello che è dal movimento di ciò che è stato.
Ma a ciò Michele si oppone; rispetto agli altri è colui che “possiede qualcosa in più” - l’intuizione -, aiutato in questa sua immaginifica progettualità di vita dai supereroi che ama tanto, da Wolverine e Harry Potter e, in primis, dal suo animaletto di peluche, Freddy, al quale si abbraccia come Linus alla sua coperta.

I complicati rapporti tra familiari
Michele decide di opporsi perché ha un preciso obiettivo: “tirare” la sorella fuori da un brutto intrigo teso da uno di quei mostri mimetizzati – il più delle volte riconoscibili solo a giochi accaduti - che si aggirano intorno alla nostra quotidianità. È Mauro, l’allenatore della scuola di nuoto della piscina frequentata dalla sorella Valentina e anche da lui, che di nuoto non ne vorrebbe proprio sapere. Mauro, per ottenere il suo scopo – conquistare Valentina - sconvolge con strategie mirate e studiate la sua famiglia.
«Non so come sia potuto accadere che questo diabolico essere sia entrato a far parte della mi esistenza. Ogni fine settimana è nostro ospite a cena, mi sorride sornione e si divide tra mamma e Valentina che fa la gatta morta. Quale delle due preferisca è palese, se ne accorgerebbe anche un cieco. Mamma si rode dall’invidia e ha preso in antipatia Valentina trattandola più come una rivale che come una figlia».
Michele assiste ai giochi di conquista, intuisce, osserva, cerca di capire dove rintracciare il punto debole per inserirsi e smascherare, per far emergere la verità. Ma la matassa si complica, le relazioni si inficiano e si trasformano intorno allo “sporco desiderio” di Mauro: cambia il dialogo fra i genitori, muta il comportamento nei suoi confronti, emerge una negatività nei rapporti e nelle relazioni familiari che è sempre esistita, repressa e nascosta, sembra chiedersi Michele, o che la malvagità di Mauro alimenta sfruttando le debolezze delle persone?
Per Michele si fa strada la convinzione che osare, provare a smascherare con una strategia ben precisa è l’unica possibilità per sdoganare la situazione; il comportamento degli adulti, dei genitori, porta infatti Michele a coltivare sfiducia; anzi si può dire che se non fosse per Tobia, il suo migliore amico, la sfiducia lo avrebbe completamente annientato anche e soprattutto dopo la scoperta – solo intuita e mai provata – dell’ingannevole Pino.

La letteratura come strumento didattico
Nella scorrevolezza della scrittura, l’autrice parla di narcisismo, pedofilia, esaminandoli nelle loro sfumature a trecentosessanta gradi; non solo spiega ed evidenzia le fragilità e i vuoti di chi ne è affetto, ma sottolinea la mancata presenza del “sociale”, l’assenza di concretezza e veridicità di tutto un tessuto di relazioni che non sono vissute nella trasparenza e nella responsabile coscienza di sé.
Michele è un ragazzo “speciale”, destinato a porsi in ascolto dell’altro e del mondo diversamente dagli altri adolescenti: deve proteggersi per andare avanti, per sopravvivere… allo stesso modo vuole proteggere la sorella. Con l’aiuto di Tobia, l’amico che asserisce: «Tu sei la mente, io il braccio». Quest’ultima creatura di Monica Florio, come del resto gli altri scritti, ha il merito di annoverarsi come testo/strumento di un percorso didattico di formazione, da diffondere e divulgare anche nelle scuole. Ma non solo. Riesce a farci ricordare una funzione imprescindibile della letteratura, quella di essere messaggio sociale, ovvero possedere la capacità di saper trascinare domande e quesiti esistenziali in un’agenda pubblica di discussione e ricerca. Rispetto ai media, la parola deve portare il nostro livello di attenzione ad un gradino più alto, per sostenerci nel disegno di un mondo migliore, più vivibile e vissuto.
Scriveva infatti così Josè Saramago: «Sono le parole a permetterci, indurci e obbligarci a distinguere tra ciò che è e ciò che sembra essere; sono le parole a creare lo spazio vuoto tra la verità delle cose e la loro apparenza… sono le parole ad aiutare gli essere umani a vedere attraverso la loro condizione…»

Rita Felerico

(bottegascriptamanent, anno XII, n. 126, marzo 2018)

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