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A. XII, n 126, marzo 2018
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Editoria varia (a cura di La Redazione) . A. XII, n 126, marzo 2018

Zoom immagine La fama eterna
di un artista

di Maria Chiara Paone
Anna Lisa Genovese
(ri)studia Raffaello
per Gangemi editore


Raffaello, vissuto nel Rinascimento italiano, è stato architetto – infatti fu sovrintendente dei lavori alla Basilica di San Pietro dal 1514 fino alla sua morte, nel 1520 – ma soprattutto uno dei pittori più influenti della storia dell’arte occidentale, tanto che anche dai suoi lavori prese avvio il manierismo, corrente artistica con cui i suoi allievi diffusero in Europa la sua “maniera” di dipingere, il suo stile.
Tuttavia non è solo per le sue imprese e le sue opere che viene ricordato questo artista ma anche, stranamente per la sua morte, causata, da quello che scrive Vasari, da una febbre per «eccessi amorosi». Dopo la sua morte espresse il desiderio di essere sepolto a Roma, all’interno del Pantheon, prima tempio pagano poi convertito in chiesa cristiana intitolata a Santa Maria della Rotonda.
È proprio di questa sepoltura, e dell’uomo che vi dimora da quasi cinque secoli, che parla La tomba del divino Raffaello (Gangemi Editore, pp. 192, € 24,00), scritto da Anna Lisa Genovese.

Artista o divinità?
Un argomento certo non facile – di cui cercheremo di presentare le caratteristiche salienti – data la già citata fama dell’artista in esame a cui si aggiunge un paragone singolare, se non quasi profano – date le abitudini che avrebbero portato Raffaello alla morte – con Gesù Cristo; infatti, secondo le biografie, Raffaello sarebbe morto, a trentasette anni (gli anni effettivi che aveva il Figlio di Dio quando fu crocifisso), nello stesso giorno della sua nascita, il 6 aprile, di venerdì Santo. Una serie di coincidenze che, insieme alla sua straordinaria raccolta di opere, hanno concesso a Raffaello l’appellativo di «dio antico tornato sulla terra» secondo le parole di papa Leone X de’ Medici. Invece, per utilizzare le parole della stessa Genovese, «l’immortalità di Raffaello […] non è legata solamente alla sua personalità e alle sue incomparabili opere d’arte, ma anche all’evento della morte e alla sua tomba, luogo di culto e di venerazione nei secoli […] atti che gli conferiscono una valenza mistica e religiosa».

La storia
L’autrice decide così di omaggiare un grande artista e il suo luogo di riposo eterno affrontando varie questioni, dalla ricostruzione dell’esattezza della data della morte, alle motivazioni che portarono proprio al Pantheon; allora era una chiesa frequentata dal popolo e certamente non illustre ma Raffaello ne ammirava la storia e, per l’intima devozione che aveva per la Madonna, ne riconosceva il prestigio dato che all’interno dell’edificio stesso erano contenute due reliquie fondamentali; la Veronica, il panno con cui si asciugò il volto Gesù mentre portava la croce, e l’icona della Madonna con Gesù Bambino che si diceva fosse stata dipinta da san Luca, «che secondo il mito rappresentava il primo pittore cristiano» come spiega la Genovese.
Tuttavia il punto focale dello studio riguarda la storia di questo sepolcro, dalle prime aggiunte alle modalità con cui vide la luce e fu restaurato, per essere riportato all’antica gloria, grazie all’intervento prima, nel 1833, dello scultore De Fabris e della Congregazione dei Virtuosi, e nei primi anni del Novecento poi dell’architetto Muñoz; una cronaca che viene riportata puntualmente e con precisione, avvalendosi di fonti e documenti soprattutto per gli anni meno recenti.

Fonti e sperimentalità
La parte puramente storica, e per certi versi più compilativa, lascia spazio a dei capitoli di analisi ma comunque degni di nota in cui l’autrice mostra un animo sperimentale e l’amore verso la ricerca sulle fonti materiali come lo studio sulla trascrizione di una lapide andata perduta e poi miracolosamente ritrovata e sulle sue possibili interpretazioni, oppure l’analisi frenologica di un teschio che era stato attribuito prima a Raffaello stesso e poi a un monaco, ma della cui appartenenza l’autrice non sembra molto convinta, dato il numero di equivoci che circondano la figura e la storia dell’artista. Infatti, sempre per prendere in prestito le parole della Genovese, «tutta la storia post-mortem di Raffaello è un corollario di errori […] da quelli della scienza medica, che sbagliò diagnosi e cura, passando per la convinzione della sepoltura in un’altra chiesa, per proseguire con la venerazione di un teschio non suo».

Lo stile
L’autrice in questo volume decide di compiere un’opera di studio straordinaria, ma nonostante la complessità della materia la sua scrittura è chiara e la sua capacità di ragionamento impeccabile, anche quando si destreggia tra ipotesi e supposizioni. Servendoci delle parole dei due presentatori del volume, Vitaliano Tiberia – presidente dell’Accademia dei Virtuosi al Pantheon – e Giovanni Belardi – architetto e responsabile del Complesso Monumentale del Pantheon – l’autrice narra «con rigore di metodo multidisciplinare e colloquiale originalità» e «con brillante dovizia di dettagli e puntualità» una storia che può essere messa a disposizione non solo di esperti del settore ma anche del pubblico più vasto. Perché il genio di Raffaello è un patrimonio tutto italiano, e per meglio custodirlo, è importante conoscerne ogni aspetto.

Maria Chiara Paone

(www.bottegascriptamanent.it, anno XII, n. 126, marzo 2018)

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