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A. XVIII, n. 206, dic. 2024
Il fenomeno della contraffazione
nel contesto economico italiano
di Bottega Editoriale
Andrea Caristi e Ferdinando Ofria descrivono gli aspetti di un reato
dalle conseguenze poco note ai consumatori. Da Eai edizioni
La contraffazione è un reato ben riconosciuto come fenomeno dannoso, ma le cui conseguenze non sono ben percepite dall’immaginario collettivo: i danni che produce, infatti, non sempre sono chiari agli occhi dei consumatori, inconsapevoli dei rischi che, ad esempio, l’utilizzo di oggetti non a norma comporta. In maniera più ampia, la contraffazione procura non pochi danni alle imprese, che perdono in fatturato, dovendo confrontarsi con una concorrenza “sleale”, e allo Stato, per i problemi fiscali (e criminali) che la contraffazione provoca.
A delineare un quadro preciso del fenomeno della contraffazione in Italia ci ha pensato il libro a cura di Andrea Caristi e Ferdinando Ofria, entrambi esperti in materia, che hanno raccolto i loro studi in Contraffazione: l’incidenza del fenomeno in Italia (Eai edizioni, pp. 108, € 29.90).
Il testo spiega come e se sia possibile realizzare politiche efficaci contro la contraffazione, considerando gli aspetti economici, giuridici e sociologici del fenomeno concentrandosi appunto sulla situazione italiana.
Vi proponiamo di seguito la Presentazione all’intero lavoro a firma di Mario Catania, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo.
La Redazione
Nonostante la contraffazione sia globalmente riconosciuta come un fenomeno estremamente dannoso, da combattere e sradicare a tutti i livelli, ancora oggi l’opinione pubblica non la percepisce come un reato grave, ma come un peccato veniale, una piccola irregolarità davanti alla quale si può tranquillamente chiudere un occhio. Non vi è da parte del consumatore la piena consapevolezza delle gravi ricadute che il fenomeno genera in termini di ammanco economico e di perdita di forza lavoro, né si considera come preponderante il ruolo che la criminalità organizzata gioca nella filiera del falso.
Le grandi organizzazioni criminali hanno messo le mani sul business della contraffazione, intuendo con lucidità l’ampio potenziale di questa tipologia di illecito, che presenta buoni margini di guadagno a fronte di un modesto rischio repressivo (il contrasto alla contraffazione non è mai fra le priorità nella politica di repressione degli Stati e le pene detentive previste sono comunque limitate). L’inserimento della criminalità organizzata ha determinato un salto di qualità nel circuito della contraffazione: le organizzazioni criminali hanno costruito le relazioni necessarie a scala planetaria per ottimizzarne i risultati, individuando i luoghi più convenienti per produrre i beni contraffatti, le migliori vie di transito ed i mercati di sbocco preferibili secondo le regole dell’economia globalizzata. Una dimensione, quella appena illustrata, che resta però invisibile al grande pubblico, il quale resta all’oscuro delle profonde implicazioni sociali e culturali insite nel fenomeno contraffativo.
Il consumatore medio vede, infine, la contraffazione come “ammortizzatore sociale” che consente a persone indigenti di avere un qualche sostentamento allontanandole da altre forme di delinquenza. Purtroppo tale percezione è stata, in questi anni, alimentata anche dalla politica, che non ha saputo andare oltre gli slogan di maniera ed è stata troppo spesso disattenta rispetto al fenomeno. Tale disattenzione si può notare già a partire dal lessico utilizzato nelle dichiarazioni pubbliche e persino nella normativa di riferimento. Spesso, infatti, il termine “contraffazione” è stato usato in modo improprio, non solo dalla stampa, ma anche dagli addetti ai lavori. “Contraffazione”, “italiansounding”, “evocazione”, “usurpazione”, sono parole utilizzate in maniera intercambiabile ma che denotano in realtà comportamenti illeciti diversi e meritevoli di una normativa diversificata.
Un equivoco, quello appena descritto, che si è riverberato anche in ambito legislativo, con la produzione di definizioni talvolta errate o sovrapponibili e con l’affastellamento di norme poco efficaci.
L’impianto della normativa attuale sconta tutti i problemi fuggevolmente analizzati. Il Legislatore non ha saputo, di fatto, mettere mano in modo organico ad una sistemazione del corpus legislativo in materia, con il risultato che, ad oggi, la normativa penale di riferimento risale al codice Rocco degli anni ’30 del secolo scorso, nel quale sono state inserite nel corso degli anni alcune nuove disposizioni che hanno, purtroppo, sortito un effetto diverso da quello sperato, aumentando in qualche caso l’incertezza nel contrasto al fenomeno.
In questi anni, con la Commissione d’inchiesta sulla contraffazione abbiamo effettuato un’ampia ricognizione del fenomeno, ascoltando numerosi stakeholders, esponenti delle istituzioni, della magistratura e delle forze dell’ordine, e arrivando alla formulazione di alcune proposte concrete per migliorare l’azione di contrasto, sia in termini di miglioramento della normativa penale che sul versante della tutela dalla contraffazione via web.
Il nostro auspicio è quello di riuscire a sensibilizzare sempre più, con il lavoro svolto, il Legislatore presente e quello futuro. Ed è lo stesso nobile obiettivo che si propone questo volume di Ofria e Caristi, i quali cercano di far luce su un fenomeno davvero insidioso, ponendo l’attenzione sui risvolti economici e sociali che la criminalità organizzata, attraverso il business della contraffazione, produce a danno del nostro Paese.
Andrea Caristi, ideatore e fondatore del sito “Difesa Reputazione”, avvocato, titolare dello studio legale associato Caristi&PruitiCiarello si è, sin dagli anni di studio, interessato alle problematiche connesse al diritto delle tecnologie informatiche. Nel 2009 consegue un Master in Diritto dell'Informatica. Formatosi come penalista, ha approfondito gli aspetti di tutela, e investigativi, di tutti gli illeciti perpetrabili a mezzo di Internet, patrocinando, in tale ambito, gli interessi di Gruppi economici di rilevanza nazionale. Nel 2011 ha collaborato con la facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bologna nell'ambito del progetto di ricerca della FRA (European Union Agency for Fundamental Rights - Vienna) denominato "Data Protection and Their Use".
Nell'anno 2013 presta la propria opera di consulenza alla compagnia assicuratrice Axa, per la creazione della prima polizza sul mercato italiano di tutela dei rischi connessi all'uso di internet (Cyber Risk).
Ferdinando Ofria è docente di “Politica Economica” all’Università di Messina, ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Economia e Politica dello Sviluppo all’Università Federico II di Napoli. Ha insegnato Economia Politica all’Università di Roma Tre. Si occupa di sviluppo economico, con particolare riferimento all’analisi delle cause dei divari di produttività tra Centro-Nord e Mezzogiorno d’Italia.
(bottegascriptamanent, anno XI, n. 122, novembre 2017)