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A. XI, n 119, agosto 2017
Il legame tra due fratelli
e la lotta per la libertà
di Elisa Barchetta
Da Città del Sole, un albero che non dà solo frutti,
ma è anche messaggero di sentimenti autentici
Tutti abbiamo visto nei telegiornali gli eventi che nel 2013 sono accaduti in Turchia, a Istanbul, durante quella che sarebbe potuta diventare la “Primavera turca”. Una protesta pacifica nata per chiedere di evitare l’abbattimento degli alberi e la costruzione di un centro commerciale in Gezi Park, poi allargatasi alla richiesta di più libertà, soprattutto di espressione ma anche individuali – come la possibilità di abortire – e, infine, sfociata nelle rivolte di piazza Taksim e in una pesante repressione da parte della polizia turca su mandato del Governo Erdoğan.
È sullo sfondo di tali accadimenti che si svolge la vicenda di due fratelli, Nazif e Lemi, raccontata dalla poetessa e insegnante Luciana De Palma, al suo esordio come autrice di romanzi. Il melograno (Città del Sole edizioni, pp. 176, €12,00), rappresenta non soltanto uno scorcio sulla Istanbul contemporanea e, forse, meno conosciuta – che De Palma descrive in modo molto realistico, attraverso impressioni visive e specialmente tramite sensazioni, profumi, rumori che la caratterizzano – ma, soprattutto, una finestra su un rapporto che va ben oltre il legame di sangue.
Due fratelli molto diversi
I protagonisti della storia sono due fratelli, Nazif e Lemi, caratterialmente molto diversi; elemento, questo, che l’autrice delinea perfettamente descrivendone più gli aspetti emotivi che i tratti somatici.
Nazif, il fratello maggiore, è realista, concreto e nella vita cerca la propria realizzazione con un lavoro da insegnante, un matrimonio e un figlio. Lemi, il fratello minore, è invece un sognatore, interessato alla poesia più che a qualsiasi altra cosa; che si barcamena tra lavori saltuari e scarsamente retribuiti.
Se Nazif è preciso, accomodante – al punto da apparire in certi casi vigliacco – e rassegnato; Lemi è invece pacato, disordinato ed estremamente attento a ciò che lo circonda. Ma alla soglia dei sessant’anni Nazif è tormentato, inquieto e infelice; mentre Lemi, di poco più giovane, è felice nonostante le difficoltà, ha una serenità d’animo sconosciuta al fratello ed è fermo nelle sue convinzioni.
Quando i rapporti familiari sono difficili
L’amarezza e la rassegnazione di Nazif sono dovute essenzialmente al difficile rapporto con la moglie Semra e con il figlio Erim. La prima preoccupata esclusivamente per i beni materiali e impegnata a viziare il figlio, il secondo cresciuto senza alcun rispetto per il padre – escluso dalla sua educazione sin dalla nascita – e con la certezza di veder esaudito qualunque suo desiderio o capriccio, dato che per lui “apparire” è tutto.
I rapporti familiari si inaspriscono dal momento in cui Lemi diventa affittuario di un monolocale sopra casa di Nazif, che però appartiene a Semra. La donna, già poco tollerante nei confronti di Lemi, diventa del tutto insofferente nel momento in cui il cognato non riesce più a pagare puntualmente l’affitto. Nazif si trova, così, diviso tra l’amore per il fratello e la complessa situazione matrimoniale.
Il melograno, l’albero messaggero
La figura del melograno, da cui il romanzo trae il titolo, è davvero centrale: non soltanto perché rappresenta un elemento che in un certo senso lega la famiglia dei protagonisti, ma anche perché l’albero diventa rifugio e luogo di quiete per Nazif. E diviene ancor più importante quando, durante le proteste di piazza Taksim, Lemi decide di prendere parte alle manifestazioni pacifiche facendo sentire la propria voce attraverso la poesia e la scrittura. Il suo intento è quello di risvegliare le coscienze, di parlare di libertà, amore, uguaglianza e altri temi fondamentali; così la sua voce diventa così importante da renderlo un ricercato dalla polizia turca.
In quei giorni, proprio a causa della sua condizione di fuggiasco, Lemi si muove di notte dalla piazza per raggiungere la casa del fratello e lasciare, in una cavità nel tronco del melograno, poesie e notizie di sé a Nazif. Gli scritti di Lemi scuotono anche il fratello, che a modo suo – pur non prendendo parte alle proteste – decide di opporsi allo status quo facendo leggere gli articoli sulle proteste di Gezi Park ai suoi alunni durante le lezioni; aprendo dibattiti e discussioni su quanto stava accadendo piuttosto che svolgere il normale programma scolastico.
Il melograno assume una rilevanza tale da diventare simbolo di unione e speranza per i due fratelli, come si evince dalle parole di Nazif: «Leggevo i tuoi biglietti… A volte fantasticavo che fosse proprio il melograno a consegnarli direttamente nelle mie mani… Mi piaceva credere che… avesse trattenuto qualcosa di te, un frammento del tuo odore, un pezzo della tua immagine». Ciò che emerge con forza è l’amore che lega i due fratelli, seppure così diversi; un amore che supera i legami di sangue se paragonato anche solo al rapporto di Nazif con suo figlio Erim. È questo forse il messaggio più importante: l’amore che travalica i legami di sangue e diventa amore per l’individuo, nella sua essenza stessa.
La poesia: un cilindro sul mondo e sull’individuo
Altro elemento caratterizzante del romanzo è il riferimento alla poesia. Sebbene nel testo non ne figuri nemmeno una, se ne intuisce comunque il ruolo essenziale. Questa forma di comunicazione utilizzata da Lemi non è soltanto un modo per esprimere se stesso, ma rappresenta un “cilindro sul mondo”, perché è attraverso essa che Lemi vede la realtà in modo concreto e veritiero, per poi raccontarla.
E questa sua capacità porterà alla luce degli scritti bellissimi e potenti, tali da poter arrivare all’animo delle persone in modo così diretto da risultare quasi commovente. In particolare è toccante il modo in cui queste poesie riescono a risvegliare proprio l’animo sopito di Nazif, il quale ritrova in esse non solo suo fratello Lemi ma soprattutto se stesso e il suo essere individuo prima ancora che uomo.
Elisa Barchetta
(www.bottegascriptamanent.it, anno XI, n. 119, agosto 2017)
Teresa Elia, Ilenia Marrapodi, Antonella Napoli, Giusy Patera