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Letteratura contemporanea (a cura di La Redazione) . A XI, n 113, febbraio 2017

Zoom immagine Esperienza
ai confini
della realtà

di Maristella Occhionero
Un oscuro Cubo nel deserto
e la scoperta di se stessi:
un romanzo da Fernandel


«Davanti agli occhi mi apparve una striscia nera in folle movimento, una cosa grossa e scura che si muoveva convulsa con un rumore assordante. Nessuno aveva suonato il clacson o urlato, non c’erano vigili, polizia, furgoni in consegna, ambulanze, nulla. Eppure quell’auto scappava con una propulsione zigzagante».
Queste righe descrivono un avvenimento che, in qualche modo, toccherà da vicino Emma, protagonista del terzo romanzo della scrittrice umbra Paola Rondini, Il salto della rana (Fernandel, pp. 144, € 12,00).

Il viaggio di Emma
Reduce da un’infanzia complicata, passata a tratti con una mamma bellissima che, però, spesso sentiva il bisogno di allontanarsi da tutti, Emma è diventata una donna di successo nel campo della pubblicità. Questo suo talento, infatti, l’ha portata a lavorare per una grande agenzia pubblicitaria e a richiederla come figura necessaria per un progetto molto particolare, che la condurrà in un posto ai limiti del fantascientifico: un palazzo a forma di cubo nel deserto dell’Arizona, dove un gruppo di creativi si sono isolati per poter lavorare senza interferenze.
Prima della partenza per l’America, l’episodio della macchina scura che sfreccia sulla strada citato in precedenza la porterà a conoscere una figura maschile singolare, con la quale approfondirà la conoscenza nelle ore precedenti all’inizio del suo viaggio in solitaria verso il misterioso Cubo.
«Il Cubo mi apparve di colpo dopo l’ultima curva di quel tortuoso viaggio tra polvere e debolezza. Ciò che scorsi, da una posizione ancora elevata rispetto all’altopiano, fu un monolite luccicante, un enorme dado di vetri, specchi e acciaio che sembrava catturare tutta la luce vorticosa di quel luogo. Unico edificio in quell’immensa prateria di terra rossa e sterpaglie, come un fortino nel deserto, il Cubo non aveva cancelli, protezioni, giardini; la strada che stavamo percorrendo terminava davanti all’ingresso».
Arrivata in questo luogo le sembrerà quasi di esser entrata in una nuova dimensione dove tutti i contatti con la realtà sembrano sempre più labili e dove si troverà ad essere in balia di sensazioni e desideri quasi incontrollabili.

Una madre “aliena” e un padre intermittente
Alla descrizione del viaggio di Emma, l’autrice fa coincidere alcuni flashback del suo passato e, in particolare, della sua infanzia. Attraverso di essi viene delineata la figura carismatica della madre, Rita; una donna bellissima, di poche parole e quasi magica, o “aliena” come la definisce lei, incapace di stare troppo tempo ferma in un posto. I suoi allontanamenti sono visti dalla figlia quasi come un superpotere, una capacità di saper viaggiare tra mondi diversi e non come un vero e proprio abbandono, anche perché alla fine la donna torna sempre da lei.
A questa figura si accompagna quella del padre, Saverio, che non ha mai realmente vissuto con loro, ma che comunque le ama e non si può definire completamente assente.
Una situazione complicata, quella familiare di Emma che, al momento della storia, lo è ancora di più dopo un problema che ha costretto sua madre, lo spirito libero, a dover stare chiusa in una clinica: «E quindi non era illuminazione yogica quell’assenza che Rita dimostrava ogni giorno di più, era un tumore, grosso ma benigno, posto sul lato frontale del cervello». Un tumore che, in qualche modo, ha assopito l’identità della donna e la sua capacità di linguaggio, anche se non è riuscito a toglierle la forza d’animo e il buonumore.

Un incontro particolare
L’ingresso di Emma nel Cubo è molto diverso da come lei lo immaginava. Improvvisamente tutti i motivi lavorativi che l’hanno portata lì sembrano svanire per lasciare spazio ad un mondo onirico e fuori dal tempo; un luogo che sembra disabitato e soltanto suo. Quasi subito Emma incontrerà un uomo del tutto singolare: lo stilista greco Nikandros. Sarà proprio lui ad accompagnarla in questo viaggio a tratti inquietante e, allo stesso tempo, ad affascinarla. Tra i due, infatti, nascerà una passione cupa che sembrerà risucchiarla in un turbine pericoloso. «Tutto mi sembrava un vorticoso ritorno alla terra, e l’uomo adagiato sopra di me, in cerca sopra di me, era solo un altro elemento di quella natura assediante. Il battito che sentivo rimbombare dentro era in ritmica accelerazione».

Il cerchio si chiude
Le ultime pagine del romanzo ricongiungono le fila di tutti gli avvenimenti narrati e li mettono sotto una nuova luce, in modo da lasciare il lettore senza parole. Concludendo la lettura tutti gli aspetti lasciati in ombra vengono a galla e il viaggio di Emma assume un altro significato e un altro valore. Un finale geniale, quello ideato dalla Rondini, e sicuramente d’impatto emotivo per il lettore; sintomo, questo, di una buona abilità nel creare una trama avvincente ed elaborata senza lasciare spazi vuoti o confusioni.

Maristella Occhionero

(www.bottegascriptamanent.it, anno X, n. 108, agosto 2016)

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