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A. IX, n. 97, settembre 2015
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Storia (a cura di Letizia Rossi) . A. IX, n. 97, settembre 2015

Zoom immagine La Resistenza
delle donne

di Veronica Di Gregorio Zitella
Le partigiane
nei ricordi dei figli.
Da Infinito edizioni


«È molto importante questo tipo di ricerca perché conoscere la nostra storia passata, l’evoluzione e, talvolta, l’involuzione che abbiamo subìto, aiuta a orientarsi negli impegni sia personali sia politici, sociali e culturali che la storia di queste donne ci ha indicato». Ecco come la Prefazione di questo saggio storico ne sintetizza l’obiettivo ultimo, facendo pregustare al lettore un’atmosfera di riflessione sul passato che tenda verso una comprensione del presente. L’autore dell’apparato prefativo è Aude Pacchioni, presidente dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia) di Modena. L’associazione sarà spesso nominata all’interno del saggio, concepita e interpretata come un importante baluardo, simbolo e protettrice di una memoria, quella della Resistenza, che, a settanta anni di distanza, sembra ancora riservarci “sorprese” o, meglio, aspetti semisconosciuti, da indagare e studiare per non permettere che questa importante parte della nostra storia sia dimenticata, o messa da parte, dalle nuove generazioni. Questo obiettivo fondamentale che l’autrice del saggio intende perseguire è chiarito anche nell’Introduzione, affidata a Pierluigi Senatore, giornalista modenese: «Raccogliere le “parole” degli ultimi testimoni è un dovere fondamentale per la nostra società che, tra revisionismi e negazionisti, rischia di perdere il senso dei fatti». Proprio per tale motivo il saggio Le donne della Resistenza. La trasmissione della memoria nel racconto dei figli e delle figlie delle Partigiane (Infinito edizioni, pp. 128, € 12,00), vincitore della seconda edizione del Premio “Barbara Fabiani” per la storia sociale, si propone di mettere insieme, analizzare e tramandare, grazie allo strumento dell’intervista, le sensazioni, le opinioni e i ricordi di una generazione che non ha vissuto direttamente la Resistenza ma fa parte di quel gruppo di uditori diventati narratori, essendo figli dei protagonisti e delle protagoniste della Resistenza italiana. L’autrice, Ilenia Carrone, giovane storica laureatasi all’Università “Sapienza” di Roma, editor e giornalista, raccoglie, dunque, in questo saggio la sua ricerca volta a indagare il ruolo primario e, spesso, taciuto delle donne nella Resistenza. Donne che, in quei venti mesi, hanno rischiato la vita e combattuto sorrette da un’ideale di giustizia sociale e libertà.

Una ricerca storica approfondita e ricca di dettagli
Ilenia Carrone del saggio, attraverso il Prologo, precisa e scandisce le fasi della sua ricerca: gli obiettivi, le modalità e il quadro storiografico di riferimento. Le interviste che realizza per questo scopo sono ventisei, registrate tra maggio e novembre 2011. Gli intervistati, nati tutti alla fine della guerra, sono quindici e il luogo di nascita e in cui vivono ancora è Carpi, in provincia di Modena, paese natìo della stessa autrice. Nell’analisi del ruolo delle donne nella Resistenza italiana e nella lettura delle interviste raccolte è importante tener presente che uno studio specifico di questo tipo è iniziato in tempi recenti, come ci ricorda la Carrone: «Il nesso donne-Resistenza è stato affrontato solo da pochi decenni: alla metà degli anni Settanta iniziò a svilupparsi un dibattito intorno alla partecipazione femminile alla guerra di Liberazione. […] Nel corso degli anni Ottanta si registra difatti una volontà di cancellare quella sacrificante invisibilità delle donne, che le relega ancora in una partecipazione ausiliaria e subordinata a quella degli uomini». La storica, inoltre, per completare il quadro cita testi a riguardo, anche recenti, che poi raccoglierà nella nutrita Bibliografia. Prima dell’esposizione delle interviste registrate si traccia un profilo del territorio di Carpi e delle caratteristiche della Resistenza in questi luoghi. La città di Carpi, nella provincia di Modena, ha un ruolo importante poiché, durante il 1944, diventa il centro della cosiddetta “Prima zona partigiana” e, poco dopo l’8 settembre, vede un massiccio coinvolgimento delle campagne nella Resistenza anche per la conformazione del territorio stesso, formato da molti campi e pochi agglomerati urbani. Qui, inoltre, dal 1944 sono presenti i Gruppi di difesa della donna (Gdd) e una Squadra d’azione patriottica (Sap) formata da sole donne. Il movimento resistenziale in questa zona, sia per quanto riguarda le donne che gli uomini, ha anche un’importante componente “civile”, intendendo con questo termine un tipo di Resistenza non armata ma non per questo meno efficace. «Si tratta di tutta una serie di operazioni e azioni, spesso di natura spontanea, che giorno dopo giorno manifestano il proprio rifiuto alla dominazione straniera e all’ingiustizia del vivere sociale». Anche questo tipo di lotta, così importante e centrale, rivivrà nei racconti degli intervistati.

La Resistenza nei ricordi: spunti per la ricerca storica
Il fulcro del saggio è, dunque, costituito dalle interviste presentate non integralmente e sempre con un’introduzione, un commento e una conclusione. Le parole degli intervistati forniscono l’esemplificazione “orale” della storia della Resistenza italiana scritta e tramandata dai libri. Inoltre, grazie a questi uomini e queste donne, nominati uno a uno nei Ringraziamenti, l’autrice può verificare la presenza di punti in comune nella memoria della Resistenza, trasmessa dalle madri e dai padri. Nel paragrafo Quindici narratori la Carrone fornisce notizie anagrafiche, di formazione scolastica, di lavoro e di appartenenza politica sugli intervistati e sulle loro madri: «Ho incontrato in tutto quindici persone: otto uomini e sette donne. Tutti sono nati dopo la fine della seconda guerra mondiale, tra il 1947 e il 1952, a eccezione del più giovane, Gianni Bulgarelli, nato nel 1957. Le rispettive madri, invece, sono nate tutte tra il 1920 e il 1927». Le protagoniste dei ricordi dei figli e delle figlie sono donne che hanno frequentato le classi elementari e il loro impiego lavorativo era, soprattutto, nei campi e tra le mura domestiche. Sui quindici intervistati, invece, sei hanno finito il loro percorso scolastico dopo aver conseguito la licenza media, sette hanno concluso gli studi dopo le scuole superiori e due hanno frequentato l’università laureandosi. La storica chiede a tutti loro di raccontare quel che hanno ascoltato delle attività svolte durante la Resistenza dalle madri. Spesso, però, dalle risposte emerge un ruolo un po’ vago delle donne, quasi sempre descritte come staffette. Ad esempio Loretta Salvarani si esprime così: «Ricordo la sua attività, che consisteva nel portare il passaparola dal Comando che c’era qui, […] nei vari punti dove si nascondevano i partigiani. O parole d’ordine oppure ordini, ordini veri e propri». Simile, in questo senso, la testimonianza di Aldino Ferrari: «Andavano a portare in giro soprattutto dei volantini che poi venivano distribuiti […] dai partigiani». Inoltre, nei casi in cui gli intervistati abbiano avuto entrambi i genitori impegnati nella lotta per la Liberazione d’Italia, viene quasi sempre messa in evidenza l’esperienza paterna, descritta come avventurosa, pericolosa, esemplare, eroica. Anche quando la storica pone domande sulle attività materne dopo la Liberazione, i figli e le figlie tendono a descriverle come donne sì emancipate ma, comunque, legate all’ambiente familiare e domestico in cui il privato vince sul pubblico nonostante la partecipazione attiva, per esempio, in gruppi come l’Udi (Unione donne italiane). «Una certa riduzione di quel momento di scelta e impegno è stata portata avanti, inconsciamente, da parte di quasi tutti gli intervistati. Questa non deve essere una colpa, ma da qui bisogna partire per dare un senso e un’interpretazione attuale di questo atteggiamento». Questo tipo di risposte, quindi, piuttosto che scoraggiare il ricercatore e il lettore dovrebbero fornire le basi e gli spunti per ulteriori studi, rigorosamente tesi verso la ricostruzione di una parte fondamentale della storia d’Italia anche attraverso le testimonianze orali, così da completare con tutti gli elementi possibili e scientificamente validi un mosaico di voci che, con sforzo e tenacia, potrebbero restituire finalmente alle pagine di Storia il ruolo attivo e innegabile delle donne nella Resistenza.

Veronica Di Gregorio Zitella

(www.bottegascriptamanent.it, anno IX, n. 96, agosto 2015)

Redazione:
Ilenia Marrapodi, Letizia Rossi
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