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A. XVIII, n. 205, nov. 2024
Dalla paura di Dio
ad una forte fede:
biografia spirituale
di Arianna Calvanese
Singolare cammino interiore di un’artista
in un affascinante libro edito da Sovera
Laura De Luca, autrice radiofonica e giornalista, che lavora in una grande emittente sovranazionale e ha già firmato molti saggi e romanzi, ha ereditato dal padre, Gianni De Luca, un abile fumettista italiano, la passione per le arti figurative. Per lei, il regno della fotografia ha il seducente potere tanto di evidenziare quanto di conciliare, allo stesso tempo, i forti contrasti presenti nella realtà.
Il suo romanzo Perché sono un’atea cristiana (Sovera, pp. 108, € 11,00) vanta un accattivante corredo iconografico, che è parte integrante del testo. La prima parte del libro è accompagnata dalle opere di Diego Romano, un eccellente fotografo disincantato e miscredente. La seconda, invece, è impreziosita dalle foto di Stefano Cavallo, scrittore e musicista, oltre che fotografo profondamente cristiano. La diversità dei due artisti rispecchia ovviamente quella delle due sezioni del libro.
Un cammino tormentato dal Nulla
Questo romanzo illustrato conduce il lettore nei meandri del complesso percorso spirituale affrontato dall’autrice, che, fin da bambina, si poneva atroci interrogativi che tormentavano la sua infanzia, non proprio spensierata.
L’ora di religione era, per lei, una “tortura” che innescava nella sua testolina insidiose domande e tremende paure. «Un bambino di quattro anni vede solo quello che c’è per terra» ed è spaventato dal tutto il resto, da tutto ciò che non conosce. La piccola Laura era terrorizzata soprattutto dall’idea del Nulla, un grande buco nero che inghiottiva la realtà privandola, in questo modo, del senso dell’esistenza. Questo concetto racchiude in sé l’atavica paura della morte, propria della natura umana, presente nella maggior parte delle culture.
È doveroso ricordare che nella Storia infinita di Michael Ende, nel regno immaginario di Fantasia, il Nulla è la terrificante entità protagonista, che priva gli uomini delle loro speranze.
L’autrice, da bambina, era atea perché aveva paura di Dio. Infatti, le persone da cui era circondata fecero in modo che nella sua mente si formasse l’immagine di un Dio severo ed irraggiungibile, insomma non alla sua altezza. Non si spiegava il motivo per il quale un Dio che veniva considerato in virtù della sua arroganza avesse la presunzione di essere al di sopra del Nulla.
Nei primi anni della sua vita Laura sedeva spesso accanto al padre mentre questi dipingeva i suoi disegni, che ritraevano quasi sempre un soggetto sacro o la figura di Dio stesso: «Soventemente quest’ultimo aveva un’immagine severa e crucciata: come avrebbe, dunque, potuto essere un buon padre? Doveva essere senz’altro un tipo antipatico».
La terrificante ombra della morte
«Babbo? Babbo?... Quando si muore, DOPO, si torna a vivere? [...] Ma certo che no! Quando si muore, si muore». Ovviamente questo colloquio segnò profondamente l’autrice. La paura del Nulla si trasformò in quella, forse ben più atroce, della morte. «Quest’ultima aleggiava su ogni cosa e provocava a quella piccola bambina attacchi di panico. Perché tutti dobbiamo morire? Che fine fa la nostra anima? Ma noi, in fondo, abbiamo un’anima?».
Questi furono gli interrogativi che straziarono l’infanzia di Laura e che hanno, almeno una volta nella vita, turbato anche i nostri. Quella piccola bambina, assai precoce, aveva imparato, durante le ore di religione, che tutti noi nasciamo con un’anima sporcata da una piccola macchia scura, il peccato originale, da cui dobbiamo redimerci. «Ma perché si deve nascere con una colpa?», si chiedeva l’autrice. Le chiese non avevano senso, così come Dio stesso, e la sua casa era luogo tetro, silenzioso e pieno di dolore.
Laura è cresciuta attanagliata dai dubbi e dall’ipocondria, alla tenera età di undici anni divenne anoressica. In lei bastava una semplice influenza per innescare la paura della morte. Come poteva, dunque, credere in un Dio così cattivo?
La maniera in cui le persone adulte trasmettono delle informazioni ai bambini è estremamente importante. Un catechismo eccessivamente rigido e bigotto, nella maggior parte dei casi, crea nella mente dei fanciulli l’immagine di un Dio severo, sempre pronto a punire e giudicare per i propri peccati.
Non può piovere per sempre
Crescendo, Laura imparò da sola a conoscere il vero volto di Cristo. L’evento della prima comunione la portò ad un’intima conversione.
Poter assaggiare quel pane tanto bramato, e finora proibito, poter riscoprire il suo significato profondo, rivoluzionò la sua vita. Quella nata dal pane della Resurrezione di Cristo, dal pane, uno degli alimenti più semplici eppure, allo stesso tempo, più sostanziosi che ci siano. Gesù, nello spezzarlo donò il suo sangue, il suo corpo, se stesso, per nutrire il nostro spirito e mostrare agli uomini la realtà con i suoi occhi, dando loro la possibilità di entrare, appunto, in comunione con lui.
L’autrice mostra, a noi lettori, il seme della fede germogliare dentro di lei, ed ecco, finalmente, la rivelazione. Gesù è stato uno di noi, che come noi ha amato, pianto, sofferto e, infine, morto. No, Dio non è quell’essere austero che aveva tormentato l’infanzia di Laura, bensì un uomo come tanti, come lei, che si era sacrificato per i suoi fratelli. Ed anche se Gesù non fosse stato realmente il figlio di Dio, non avrebbe avuto importanza. «Che mi importa se c’è davvero un Dio? Di lui basta il brivido, l’impronta umana inequivocabile, che ci assomiglia comunque». Fondamentali sono, invece, tutti i frutti che quell’uomo ha seminato con la sua dottrina. Amarsi l’un l’altro, annullare le insignificanti barriere sociali che separano inutilmente gli uomini, e dare la speranza di un futuro migliore, a chi di speranza non ne ha più. La realtà contingente deve necessariamente avere un motore immanente, al quale l’autrice dà il caritatevole volto di Dio. Quest’ultimo è presente in ogni alito di vita e negarlo significa negare la realtà stessa.
Marx scriveva: «La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore lo spirito di situazioni in cui lo spirito è assente. Essa è l’oppio dei popoli» (Introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel). Secondo l’autrice non c’è niente di male in questo perché ogni padre cerca di confortare il figlio, infondendogli la speranza di un futuro migliore.
Al di là delle convinzioni ideologiche di ciascuno di noi, questo libro è ricco di spunti di riflessione tanto per i cristiani quanto per gli atei. Riflettere sulla condizione umana, e sulle paure, dalle quali questa è attanagliata, è senza ombra di dubbio un modo per migliorarla. In verità, nessuno può avere la presunzione di sapere quale sia la giusta via da percorrere nella vita, ognuno di noi sceglie, in base alle proprie esigenze, quella che ritiene opportuna.
Arianna Calvanese
(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 7, marzo 2008)
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi