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Problemi e riflessioni (a cura di Francesca Rinaldi) . Anno II, n° 7 - Marzo 2008

Zoom immagine Le bambine soldato
della Costa d’Avorio:
atrocità, protagonisti
e cause del conflitto

di Alessandra Sirianni
Un drammatico saggio sulle tragedie
ivoriane edito dalle Edizioni Infinito


Esiste un luogo, non molto lontano da noi, dove a combattere sono le bambine. Savané. Bambine soldato in Costa d’Avorio (Infinito edizioni, pp. 96, € 7,90) è il primo libro in Italia a raccontare la terribile realtà delle giovani ivoriane che, per scelta o per costrizione, accrescono le truppe dei ribelli nelle guerriglie che insanguinano il paese e si trasformano in soldati spietati; bambine private della propria infanzia e innocenza ma anche colpite in una dimensione tanto intima come l’accettazione della propria femminilità e di un ruolo sociale prestabilito. Il saggio nasce dall’esperienza di Damiano Rizzi e Mauro Corinti durante una missione umanitaria di “Soleterre Onlus”, raccontata in un blog, e dal lavoro storico e giornalistico di Massimo Zaurrini. Si tratta di un libro interessante che riesce a spiegare una realtà difficile senza retorica e paternalismi, lasciando parlare le storie, i luoghi e le drammatiche immagini di un paese martoriato dalle lotte; di una nazione devastata da una guerra le cui cause e i cui meccanismi riguardano solo in parte i suoi abitanti, nonostante questi ultimi ne siano, come sempre accade, i combattenti e le vittime. Un testo intenso nel quale il resoconto della missione umanitaria si alterna, in una successione di brevi capitoli (come istantanee di un racconto), con le drammatiche storie di quattro ex-bambine soldato.

 

Savané e le altre

Savané, Natasha, Aisha e Anastasie. Storie diverse che ci lasciano intravedere le molteplici facce di uno stesso dramma. Le foto di Mauro Corinti danno un volto ad alcune di esse, ostacolando la parte più superficiale della nostra coscienza nel suo tentativo di rimuovere (o almeno neutralizzare) ciò che sembra inaccettabile. Ma le foto ci offrono un’immagine di queste bambine già cresciute, già uscite da un orrore che possiamo immaginare solo attraverso i loro racconti e ciò che ha lasciato nei loro sguardi. Alcune si uniscono ai ribelli perché minacciate e costrette, altre lo fanno per scappare da una realtà familiare forse ancora più atroce, attirate da un miraggio di indipendenza e potere. Diversi sono anche i ruoli che esse inizialmente rivestono nelle truppe: cuoche e portatrici, amanti e mogli, combattenti e generali temibili. Quasi sempre, comunque, sono tenute a dimostrare con prove di una crudeltà indescrivibile (e irripetibile) il proprio coraggio, il loro essere all’altezza di combattere a fianco degli uomini. Ma, nonostante ciò, fuori dal campo di battaglia e dall’addestramento ritornano ad essere donne, per lo meno nel senso in cui possono soddisfare le necessità di piacere dei combattenti maschi; motivo, questo, che rende la loro presenza così necessaria alle truppe. Molto spesso danno alla luce dei figli e questo rende la loro condizione di soldati, madri e amanti ancora più complessa e drammatica. Una volta abbandonate le truppe, poi, in nessun modo è riservata loro l’accoglienza e la gloria tributata ai compagni maschi: al contrario vengono ripudiate dalla famiglia, difficilmente riescono a reinserirsi nella società e sono spesso condannate ad una vita di delinquenza, droga e disperazione. Il loro ruolo all’interno delle truppe (contemporaneamente vittime e carnefici) spesso non viene compreso e ciò rende estremamente difficile e complesso il loro ritorno nel contesto d’origine; la colpa e la vergogna vengono infatti vissute collettivamente, ricadendo sulla famiglia, sul villaggio e sugli eventuali figli illegittimi. Spesso le bambine soldato sono costrette a barricarsi dietro un silenzio gravoso e devastante, che non consente loro di affrontare e superare il dramma vissuto. Un completo reinserimento è possibile, ma solo attraverso un lungo e faticoso percorso che porta al riconoscimento del ruolo di vittima da parte della società, quindi a dinamiche tradizionali e collettive di purificazione.

 

Un paese diviso e i protagonisti della crisi

I capitoli che riguardano il racconto della missione umanitaria corrispondono ad altrettante tappe di un viaggio che, partendo dalla città portuale di Abidjan e procedendo in direzione Sud-Nord, attraversa il paese diviso per giungere fino a Bouaké, la roccaforte dei ribelli, e alla missione di “Soleterre”. Proprio nella città martoriata dalla violenza e dalla miseria viene portato avanti un programma che accoglie le bambine soldato, le guida in un percorso di recupero psico-fisico e le orienta verso progetti di formazione professionale: attraverso una fitta rete di atelier le ragazze imparano un mestiere e costruiscono un’alternativa lavorativa alla prostituzione e alla delinquenza. I momenti principali di questo viaggio sono intessuti in una fitta rete di informazioni storico-politiche che delineano la situazione attuale del paese. Nella seconda parte del libro un interessante saggio cerca di inquadrare le cause del conflitto, ripercorrendo i principali eventi politico-militari della storia ivoriana più recente (dal settembre del 2002, con il tentato colpo di stato da parte dei ribelli ai danni del presidente Laurent Gbagbo, fino alle elezioni mancate nell’autunno del 2006). Ma, in particolar modo, riusciamo a percepire i fortissimi interessi economici e strategici coinvolti: non soltanto quelli delle potenze locali ma anche, e soprattutto, di quelle straniere, prima tra tutte la Francia, interessata a conservare privilegi e trattamenti preferenziali nella sua ex-colonia e in vario modo coinvolta nelle trattative tra ribelli e forze governative.

Forse perché prende in prestito i meccanismi del blog, quindi di una narrazione immediata e senza filtri degli eventi, il contenuto di questo libro risulta particolarmente diretto, diverso dai documentari paternalistici o distaccati a cui siamo abituati. Il testo è ricco di momenti personali, di riflessioni e domande, di reazioni allo spettacolo della guerra e della miseria: reazioni di indignazione, di paura, di orrore che si trasforma in incubo, di rabbia furente nei confronti dell’indifferenza e del silenzio complice, di sgomento davanti al vuoto che separa questi due mondi. È come se tutte queste emozioni, raccontate senza veli, ci indichino un percorso e scuotano il nostro senso di responsabilità, impedendoci di rimanere insensibili davanti alle realtà che le hanno provocate. Gli autori scrivono: «Parlare di bambine soldato senza averle viste è impossibile. La mente può compiere delle astrazioni e immaginare il corpo di una donna vestito di verde militare, sentire il calore di una mano che stempera a contatto con la canna fredda di un fucile, percepire il silenzio rotto da una raffica di proiettili. Ma non è possibile immaginare occhi tanto disperati e alla ricerca di aiuto.» Ciò non impedisce comunque loro di raccontarceli questi occhi e l’orrore che hanno visto; un motivo in più, per noi, per leggere e riflettere.

 

Alessandra Sirianni

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 7, marzo 2008)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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