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Anno IX, n 93, maggio 2015
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Comunicazione e Sociologia (a cura di Vilma Formigoni) . Anno IX, n 93, maggio 2015

Zoom immagine Conoscere
le mafie

di Maristella Occhionero
’Ndrangheta e affini:
storia e mentalità.
Edizioni S. Caterina


«Le organizzazioni mafiose italiane […] hanno avuto la capacità di agire terrorizzando le popolazioni dei comuni dove avevano una significativa presenza e nel contempo hanno dimostrato un’indubbia abilità nel tessere rapporti molto stretti con le autorità locali e con chi deteneva il potere economico». Queste parole di Enzo Ciconte, docente di Storia della criminalità presso l’Università degli Studi “Roma Tre” e di Storia delle mafie italiane presso il Collegio universitario “S. Caterina da Siena” di Pavia, si possono leggere nella sua Introduzione all’interessante testo curato da Giovanna Torre, in cui sono racchiusi i resoconti di sei dibattiti sulle mafie italiane.
Ognuno faccia la sua parte. Conversazioni sulle mafie italiane (Edizioni Santa Caterina, pp. 168, € 12,00) rappresenta un valido strumento per mettere in luce e analizzare la struttura delle organizzazioni mafiose italiane e il loro sviluppo nel tempo. Il testo è il resoconto fedele di sei incontri sulle mafie organizzati, contestualmente al corso omonimo, dal Collegio di Santa Caterina da Siena, con cadenza settimanale, con il coinvolgimento di personalità di spicco che si occupano, da sempre, di contrastare la criminalità mafiosa e di studiarla.
La vicerettrice del collegio, Giovanna Torre, ha preso a cuore e promosso sin dall’inizio questo corso di studi e i relativi sei incontri, dei quali ha curato il resoconto scritto.

Le tre mafie italiane e il loro sviluppo
Durante il primo incontro, avvenuto il 3 ottobre del 2013, il professor Ciconte ha “conversato” di storia della camorra con due importanti personalità: Raffaele Cantone, che ha lavorato all’interno della Direzione distrettuale antimafia napoletana, dove si è occupato del clan camorristico dei casalesi e che attualmente lavora presso la Suprema corte di cassazione; e Isaia Sales, storico delle mafie e professore di Storia della criminalità organizzata nel Mezzogiorno d’Italia presso l’Università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli.
Sales ha descritto la nascita della camorra datandola intorno al XIX secolo, periodo in cui si verificò l’eversione dalla feudalità, ovvero il momento in cui il potere dei baroni cessò di avere legittimità giuridica. Prendendo spunto proprio dalla condotta dei baroni, alcune personalità all’interno del popolo incominciarono ad unire l’uso della violenza al potere e alla ricchezza. «I mafiosi non si contrappongono alle legge dello Stato, sono un potere parallelo che vive in relazione, in scontro, in contrapposizione, ma sempre all’interno dello Stato. Questa è quindi l’originalità delle mafie, questa è la caratteristica che ne spiega il successo. La violenza dei mafiosi è l’unica violenza popolare che ha avuto successo permanente…».
Dalla storia della nascita della camorra si è passati poi all’intervento del dottor Cantone, che ha attualizzato questa organizzazione ai giorni nostri con esempi di casi reali che egli stesso ha trattato durante la propria carriera.
Durante il secondo incontro, tenutosi il 10 ottobre, l’argomento principe è stato un confronto tra mafia e ’ndrangheta e un più generale resoconto della criminalità nella Capitale. Ad aprire l’incontro è stata proprio la vicerettrice Giovanna Torre, che ha presentato questa seconda “conversazione” tra Sergio Seminara, professore ordinario di Diritto penale del Collegio di Santa Caterina da Siena, e Giuseppe Pignatone, magistrato e procuratore della Repubblica di Roma. Quest’ultimo ha ricordato alcune esperienze di quando lavorava come pretore e sostituto procuratore in Sicilia, oltre ad alcuni interessantissimi retroscena del maxiprocesso. L’intervento è proseguito con il racconto delle sue esperienze in Calabria dove, inizialmente, si credeva che la ’ndrangheta fosse sì pericolosa, ma costituita da molte famiglie separate tra loro e quindi non da una singola organizzazione criminale. Dalle indagini del dottor Pignatone e di altri, invece, è emerso un quadro differente: una struttura fatta di regole ben precise che vincolano le suddette famiglie, le quali, quindi, non sono poi così libere di agire arbitrariamente come si supponeva in precedenza.
Per quanto riguarda, invece, la presenza della mafia a Roma, la situazione sembra ancora non essere molto chiara. Ci sono sicuramente investimenti che si possono definire mafiosi da parte di persone di origine calabrese, siciliana o napoletana; oltre a questo, però, pare che ci siano anche organizzazioni di stampo locale.
Il terzo incontro, del 17 ottobre, ha visto come protagonista della “conversazione” Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia, che, oltre a spiegare di che cosa si occupa la Direzione nazionale antimafia, ha differenziato accuratamente la mafia dalla criminalità organizzata: «La criminalità organizzata è qualcosa di più ampio rispetto alle mafie, che sono certo la forma più pericolosa, più aggressiva e ramificata di criminalità organizzata».
I tre elementi, infatti, che contraddistinguono le mafie sono la territorialità, i legami con settori della politica e la propensione a confondersi nella società civile. Partendo da questo, si è arrivati a parlare anche dell’espansione di queste organizzazioni mafiose prima al Nord Italia e poi anche oltre confine.

Le mafie in Lombardia e il controverso ruolo delle donne
Il quarto incontro, del 24 ottobre, si è focalizzato sulla presenza ormai ventennale delle mafie in Lombardia. Protagonisti di questa “conversazione” con Piero Colaprico, moderatore della serata e inviato de la Repubblica, sono stati Alberto Nobili, magistrato presso la Procura della Repubblica di Milano, e Giuseppe Gennari, anche lui magistrato a Milano. Entrambi, in base alle rispettive esperienze, hanno parlato di come le organizzazioni mafiose ed in particolare la ’ndrangheta si siano installate in Lombardia intessendo rapporti di vario tipo con imprenditori e politici più o meno di spicco. Questo ha permesso di delineare un quadro molto interessante del Nord, che spesso si distacca e disdegna il Sud anche a causa della criminalità organizzata che vi è nata, ma che in realtà, a quanto pare, ne è invischiato allo stesso modo, con il desiderio di trarne benefici.
Argomento principale del quinto e penultimo incontro, del 7 novembre, è stato proprio il fenomeno espansivo della ’ndrangheta; a parlarne con il moderatore della serata, Enzo Ciconte, sono stati Claudio La Camera, esperto di politiche sociali e culturali, e Pino Demasi, referente di “Libera” per la Piana di Gioia Tauro. I due, partendo anche da episodi della propria infanzia in Calabria, hanno descritto l’evolversi della ’ndrangheta e il suo modificarsi nel corso del tempo e di come abbia preso potere entrando a far parte della cultura del posto.
L’ultimo e, come gli altri, interessante incontro si è svolto il 14 novembre e ha messo in luce uno degli aspetti meno compresi e forse anche meno presi in considerazione delle organizzazioni mafiose: il ruolo delle donne all’interno delle stesse. A parlarne, moderate ancora una volta dal professor Enzo Ciconte, sono state Alessandra Cerreti, sostituto procuratore presso la Dda di Reggio Calabria, e Raffaella Randis, giornalista esperta di cronaca nera. Le due hanno discusso di alcuni dei casi più eclatanti di donne mafiose, come Lea Garofalo, Maria Concetta Cacciola e Giusy Pesce, per dimostrare quanto sia falsa la convinzione che le figure femminili non abbiano alcun ruolo di rilievo all’interno della ’ndrangheta: «Nei recenti processi abbiamo altresì verificato che ci sono casi in cui la donna ha addirittura preso ruoli di comando; sino ad allora si era ritenuto che nella ’ndrangheta le donne non potessero ricoprire, a differenza della camorra, ruoli apicali». Una differenza, a quanto pare, ormai sfatata.
Questa serie di incontri con personaggi illustri e competenti, giunta a compimento, ha dato vita al testo curato da Giovanna Torre, ricco di informazioni e spunti che permettono al lettore di avere un quadro più definito delle organizzazioni mafiose italiane, partendo dalla loro nascita per arrivare ai cambiamenti e all’espansione che hanno avuto nel corso del tempo. Ognuno faccia la sua parte. Conversazioni sulle mafie italiane è un testo molto utile a farci comprendere un fenomeno che ci rende spiacevolmente famosi in tutto il mondo e che è insito nella nostra terra e nella nostra cultura da quasi due secoli.

Maristella Occhionero

(www.bottegascriptamanent.it, anno IX, n. 93, maggio 2015)

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Autori:
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