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A. XVIII, n. 206, dic. 2024
Vite difficili tornano e si fondono
nel Dono di una bambina ribelle
di Maristella Occhionero
Ricerca frenetica dell’amore, solitudine, dolore e perseveranza
nel primo emozionante romanzo di Marina Nunziato, da Falzea
«Ti aspetto amore, con tutto il cuore che mi è rimasto». In questa frase è racchiuso il titolo del romanzo di Marina Nunziato e allo stesso tempo sono proprio queste parole che lo concludono. L’autrice ha lavorato come assistente in un ambulatorio pediatrico e questa esperienza ha influenzato di certo la sua scrittura portandola a comporre favole per bambini e un piccolo vademecum per aiutare le mamme in cucina. Il suo primo romanzo, che fa parte della “scuderia letteraria” dell’agenzia Bottega editoriale, intitolato Con tutto il cuore che mi è rimasto (Falzea, pp. 192, € 13,00), prende avvio, infatti, proprio dalla voce di una bambina, Marta, che narrerà la sua intensa e dolorosa storia con la leggerezza e il cuore tipici della sua età.
«Questa volta l’ho combinata proprio grossa e la punizione non è tardata ad arrivare. Sono chiusa in soffitta tra cose dimenticate e visitate solo dalla polvere e dai ragni»: così Marta inizia a raccontarci di sé, una bambina ribelle, con un Dono speciale e a tratti spaventoso, nata in una famiglia forse sbagliata per lei e che non la capisce.
Una madre nevrotica e un padre emotivamente assente
Amore e odio nei confronti dei genitori si alternano nel cuore della bimba. Una ricerca spasmodica di affetto e comprensione che viene quasi sempre respinta dalle urla isteriche di una madre troppo concentrata su se stessa e incapace di accettare il carattere stravagante della figlia e soprattutto il suo Dono. Dall’altro lato c’è un padre, ex partigiano, che Marta adora; lui le ha insegnato che le figlie dei partigiani non piangono mai e questo insegnamento lei lo tiene bene a mente in tutte le circostanze, anche durante quelle più dolorose quando piangere magari l’aiuterebbe a sfogare il dolore.
Questo padre tanto amato è, però, spesso emotivamente assente o comunque incapace di placare l’umore della madre e di proteggere la figlia. Un’inettitudine che arriva al suo culmine con la decisione della donna di mandare Marta in collegio alla quale lui non si oppone pur non essendo d’accordo.
Nel collegio di suore, dove viene spedita per lasciar un po’ “in pace” la sua «mammina», come continua a chiamarla Marta nonostante i torti subiti, ha inizio il vero e proprio orrore.
Suore frustrate e con ben poco amore per il prossimo si sfogano sui bambini che sono in loro custodia e, naturalmente, il carattere ribelle di Marta la pone come obiettivo principale di sevizie e maltrattamenti che lei subisce con un coraggio invidiabile: «Ma io sono una bambina e questo nemico è più forte di me e tutte le mattine lo combatto con l’unica arma che ho: non piangerò mai, non le darò questa soddisfazione».
Un coraggio che nasconde una grande fragilità e tutte le paure di una bambina che vengono espresse in un unico atto involontario: l’enuresi notturna che l’accompagnerà a lungo e farà infuriare tutti quelli che le stanno intorno.
La sua famiglia è composta anche da una sorella maggiore, con la quale ha poco in comune, da un fratellastro, primo figlio del padre, che non la sopporta e che trova ogni occasione per prenderla a botte, e da un fratello minore, unica luce nel buio familiare, che la ama profondamente.
La soffitta come rifugio dal mondo
L’unico posto nel quale Marta trova serenità è la soffitta di casa sua, dove spesso la mamma la lascia per ore pur di non averla tra i piedi. È proprio tra la polvere e le cianfrusaglie accatastate che la bambina trova un piccolo tesoro: una scatola contenente delle lettere, nelle quali è racchiusa la vita di una donna, una donna con il suo stesso Dono, con una madre nevrotica e insensibile proprio come la sua, con una vita difficile e una serie di amori finiti in pezzi. Ed è proprio con i pezzi rimanenti del suo cuore che va avanti; frammenti strappati da una famiglia che non la capiva, da due aborti, di cui uno estremamente doloroso, e da uomini che non hanno avuto cura del suo cuore e dell’amore che gli aveva donato.
Marta legge queste lettere e le due vite si intrecciano in una fusione spazio-temporale quasi magica.
Una bimba che si ritrova tra le mani la storia di un’esistenza intera, stranamente analoga alla sua: «In punta di dita prendo la prima lettera ed è talmente delicata che il foglio quasi si apre da solo al mio tocco. Noto che in alcuni punti l’inchiostro si è allargato come se chi ha scritto queste lettere lo avesse diluito con le lacrime, per stemperare il dolore. Mi riprometto di non piangere a mia volta perché so che la figlia di un partigiano non piange. Me lo ripete sempre papà mio».
Il Dono
Il Dono di Marta, che ritrova anche nella vita della donna delle lettere, è qualcosa di speciale che di sicuro non l’aiuta a semplificare i suoi rapporti con gli altri. La bimba, infatti, riesce a vedere le anime di chi non c’è più. Alcune le chiedono aiuto, altre le raccontano la propria storia e questa cosa sua madre proprio non la capisce. Forse per paura o per imbarazzo, o magari semplicemente perché è un’altra caratteristica che rende sua figlia strana e quindi problematica.
Anime pacifiche e mai violente, a volte tristi a volte arrivate per darle una parola di conforto, anime che le fanno compagnia nell’estrema solitudine dei suoi giorni e che comunque la scombussolano: «Il Dono non è al mio servizio ma io al suo ed è capriccioso. Si manifesta quando meno me lo aspetto. Non so mai in anticipo cosa vedrò, può essere un fatto già avvenuto o uno che deve ancora avvenire, in qualche caso c’è un messaggio da dare, in altri non c’è nulla che io possa rivelare».
Lo stesso Dono è posseduto dalla donna delle lettere, che durante la sua vita piena di dolore a volte avrebbe voluto farne a meno: «Le visioni sono sempre più frequenti e mentre muoio aiuto a trovare le soluzioni migliori a persone in difficoltà, senza poterne trovare alcuna per me stessa. Il Dono è utile solo agli altri e questo dimostra che io sono solo un suo strumento».
La voce di Marta e quella della donna, che attraverso i suoi scritti l’accompagna, procedono in parallelo, in due momenti spazio-temporali differenti che, però, si toccano e si fondono in un incontro mistico di sentimenti e dolore.
Maristella Occhionero
(www.bottegascriptamanent.it, anno IX, n.89, gennaio 2015)