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della globalità,
le note dei Mattanza
dan voce alla storia
di Fulvia Scopelliti
Dalla nascita nel 1976 al Musicultura,
ecco la forza del gruppo di Reggio
«Un popolo senza storia è come un albero senza radici. È destinato a morire!». Questa è la frase che Mimmo Martino, leader e fondatore del gruppo musicale Mattanza, pronuncia a ogni chiusura di concerto e che racchiude tutta la storia del gruppo stesso, la sua mission, il suo impegno storico e sociale.
I Mattanza (nome ufficiale dal 1997) sin dal 1976 lavorano per valorizzare la cultura popolare attraverso la musica e lottano contro la moderna “mattanza” dei testi tradizionali della cultura calabrese e mediterranea. Importantissimo fu l’incontro con il professore Luigi Lombardi Satriani, al quale si deve la nascita del “Gruppo di ricerca popolare Tommaso Campanella” che, di paese in paese, attraverso un certosino lavoro di raccolta ha portato alla trascrizione di filastrocche, proverbi, canti e nenie frutto di una cultura orale millenaria e ora donata in forma musicale a quello stesso popolo che l’ha creata ma che, trascinato dal ritmo frenetico e uniformante della globalità, l’ha dimenticata.
Testi, dunque, che rivivono in una confluenza di suoni attinti dalla tradizione popolare calabrese ma rivisti in una concezione musicale nuova che avvolge il pubblico, catturato da ritmi e parole, risvegliando un sentimento antico e favorendo una riflessione di senso sulla nostra terra.
Discografia e progetti
Nel 1997 esce il primo lavoro dei Mattanza, Razza marranchina, e inizia un’intensa attività artistica live in tutta la Calabria e non solo. Nel 2003, viene prodotto Nesci suli, disco manifesto frutto di una ricerca che porta a una perfetta simbiosi tra i testi, alcuni dei quali in lingua grecanica, e l’originalità degli arrangiamenti.
Del 2005 è il disco Viaggio, autoprodotto dai Mattanza; nel 2010 l’etichetta discografica Italian world music produce Il meglio…, raccolta dei loro brani più conosciuti e amati, mentre nel 2012 esce Cu non ha non è.
Se assistere a un concerto dei Mattanza significa cantare e ballare sulle note trascinanti new folk, assistere al Cantu da Passioni è un’emozione intensa. Ispirato a U rivoggiu da Passioni, uno dei testi più interessanti della tradizione popolare calabrese – recuperato da Mimmo Martino – che racconta le ultime ore terrene di Gesù, è inserito ora in un recital che, insieme ad altri brani popolari, descrive i momenti salienti della passione di Cristo.
Il futuro dei Mattanza
Il 2014 è stato e sarà un anno pieno di impegni per i Mattanza.
Partendo da Reggio di Calabria, città sede del gruppo, Mimmo Martino, fondatore e voce, insieme alla sua band, formata da Enzo Petea e Gino Mattiani (fisarmonica, tastiere), Fabio Moragas (chitarra battente e classica), Roberto Aricò (basso e contrabbasso), Mario Lo Cascio (chitarra, lira calabrese), Rosamaria Scopelliti (voce), Giacomo Farina (tamburi e percussioni), hanno consolidato ancor di più il nome dei Mattanza, valorizzato la loro terra e uno dei suoi simboli per eccellenza con la nuova produzione musicale I Bronzi di Riace Soundtrack, che contiene le musiche del documentario I Bronzi di Riace. Ipotesi sul passato e tecnologie per il futuro prodotto da Digi.art con la sovvenzione della Soprintendenza per i Beni archeologici della Calabria, e creato in occasione della fine del restauro e del ritorno delle statue al Museo archeologico nazionale di Reggio di Calabria.
Questa primavera ha visto i Mattanza affermarsi e farsi conoscere al di là del contesto regionale, giungendo al quinto posto al “Musicultura”, festival per la canzone popolare e d’autore che si tiene a Macerata e che, giunto alla sua XXV edizione, ospita durante le serate anche grandi nomi del panorama musicale italiano. Durante l’estate, invece, sono tornati in tour in tutta la Calabria con la partecipazione a vari festival che animano il territorio regionale. Non dimenticano infatti il loro obiettivo: farsi sempre portatori di cultura, storia locale e popolare, che rischia l’oblio a causa di una contemporaneità che svuota i nostri paesi, perde i nostri giovani e quindi la sua stessa storia.
Fulvia Scopelliti
(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 88, dicembre 2014)
Ilenia Marrapodi