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Problemi e riflessioni (a cura di Mariacristiana Guglielmelli) . Anno VIII, 85, settembre 2014

Zoom immagine Dai volti comuni a Sophia:
storie di donne recluse

di Maristella Occhionero
Da Rubbettino, una trama di ritratti al femminile
per raccontare colpe e sentimenti dietro le sbarre


Dodici donne finite per un motivo o per un altro in carcere, dodici storie, dodici vite diverse deviate, a un certo punto, da eventi imprevedibili che le hanno sconvolte e sporcate indelebilmente.

Dodici protagoniste la cui esistenza, spesso, è stata segnata dalla scelta di uomini sbagliati che le hanno condotte in situazioni critiche e portate ad attimi di follia.

Questi uomini dalla moralità dubbia non sono sempre una giustificazione per gli atti illeciti commessi dalle loro “compagne”, ma, in alcune storie, rappresentano la chiave di volta, la miccia che innesca dei comportamenti da cui non si può tornare indietro.

Tutte queste storie sono raccontate direttamente dalle figure femminili che le hanno vissute e, poi, riportate a noi da Liliana De Cristoforo, direttrice di diversi penitenziari italiani per oltre trent’anni, nonché autrice del testo Donne dietro le sbarre. Da Alfonsina a Sophia Loren (Rubbettino, pp. 172, € 14,00).

Dal sottotitolo è possibile capire che tra le vicende narrate c’è anche quella dell’attrice Sophia Loren, la quale nel 1982 fu “ospitata” dietro le sbarre del carcere di Caserta per diciassette giorni con la condanna di evasione fiscale. Molto curioso quest’ultimo racconto, mentre toccanti e coinvolgenti quelli delle altre donne che hanno trascorso in cella molto più di diciassette giorni destando, sicuramente, meno scalpore.

 

Storie di donne

Ad aprire il romanzo è la storia di Alfonsina, una donna di campagna, che per le dolorose vicende che le hanno segnato la vita, al tempo del racconto dimostra molto più dei suoi cinquantuno anni, tanto che le compagne di carcere la chiamano “nonna”. Una storia triste, di violenze, subite senza ricevere aiuto da nessuno, neanche dalla famiglia d’origine. In questo, come in altre testimonianze, c’è la mano violenta di un uomo che non sa controllare gli istinti e che porterà Alfonsina a un atto di follia, se di follia si può parlare.

Altre, poi, le donne che arricchiscono come perle una collana di vicende tristi. Come quella di Concetta, ingannata da un uomo sposato e abbandonata con un bambino in grembo, o quella di Claudia, caduta nel vortice della tossicodipendenza che l’ha portata a commettere imprese spregevoli senza pentirsi di ciò che ha fatto.

Donne diverse, a volte condizionate da un passato e da un’origine umile che non hanno potuto avere altro che una vita di stenti e delinquenza, altre volte provenienti da una buona famiglia, ma travolte da uomini sbagliati e senza scrupoli pronti a farle sognare i primi tempi per poi lasciarle sprofondare in incubi sempre peggiori.

In altre occasioni, come nella storia di Elisa, c’è di mezzo addirittura la mafia che, in questo caso, le rovinerà la vita a tal punto da farla finire in carcere.

Un percorso che va dagli anni Settanta al Duemila, periodi complicati per donne provenienti da piccoli paesi di campagna, ingenue e con poche nozioni sulla vita e sull’amore e, quindi, spesso facili prede per uomini spregiudicati.

A più riprese, però, si parla anche di attimi di pazzia; la disperazione di alcune situazioni, infatti, non basta a giustificare gli omicidi sanguinosi o gli atti violenti commessi da queste donne, a volte fragili, ma sicuramente instabili.

Ad emergere sono ritratti interiori di vite spezzate, profili psicologici complessi e un gran desiderio di confidarsi e di raccontare le proprie sventure, in questo caso alla direttrice di un penitenziario aperta all’ascolto, alla comprensione e all’empatia verso queste donne confuse.

Tra i profili psicologici più singolari c’è sicuramente quello di Terry, un uomo che ha scelto di cambiare sesso in prigione per cercare una serenità interiore – poi rivelatasi perfino più difficile da raggiungere di quel che credeva – senza preoccuparsi delle critiche e delle derisioni prevedibili in un carcere maschile. L’unica cosa che voleva era trovare se stesso e ci ha provato con un’operazione che, purtroppo, lungi dal regalargli la felicità sperata, lo ha spedito in un carcere femminile a raccontare le sue sventure a Liliana De Cristoforo.

In alcune storie si aggiunge anche il rifiuto delle proprie origini, come nel caso di Marika, una ragazza rom che non accetta la vita decisa per lei e che cerca di fuggire in tutti i modi per ottenere brandelli di normalità: un’impresa non certo semplice, che non le impedirà, comunque, di continuare a tentare.

 

La reclusione di Sophia Loren

Capitolo a parte è quello relativo ai diciassette giorni di reclusione di Sophia Loren trascorsi, nel 1982, nella Casa circondariale femminile di Caserta. L’attrice, apparentemente per un errore del suo commercialista, era stata condannata per evasione fiscale anni prima e, per evitare il carcere, era rimasta all’estero. Pur consapevole del rischio, alla fine decise di tornare in Italia per poter riabbracciare parenti e amici. Nel corso della detenzione, con grande dignità e fascino, regalò una ventata di novità all’istituto e alle sue ospiti.

Il racconto di quei giorni è ricavato direttamente dal punto di vista della direttrice De Cristoforo, anche perché in quel periodo la Loren fu molto riservata e silenziosa, non avendo una gran voglia di confidarsi. Tanti gli episodi esilaranti di giornalisti e paparazzi pronti ad arrampicarsi sui tetti o a travestirsi da produttori o registi pur di riuscire a intravederla in questa triste avventura. Sulle testate giornalistiche di quel periodo fioccavano leggende relative a un trattamento speciale riservato alla star – che, in realtà, non ci fu mai –, come pasti mandati da ristoranti famosi o una cella piena di tutti i comfort.

Gentile con tutte le ospiti anche se molto chiusa in se stessa, Sophia Loren contribuì probabilmente ad un miglioramento dell’autostima delle altre donne presenti nel carcere che, per una volta, si sentirono non più scarti della società, ma semplici esseri umani colpevoli di aver fatto scelte sbagliate. Se addirittura una diva del cinema riusciva a riprendere in mano la propria vita dopo essere finita in carcere, perché non potevano farlo anche loro? Certo, non tutti i reati erano uguali, ma sicuramente la vicenda della Loren aprì uno spiraglio di speranza nelle menti delle detenute.

Un testo toccante, quindi, quello della De Cristoforo, capace di affrontare un tema delicato in maniera sensibile, senza giustificare i reati commessi, ma rendendoli un po’ più comprensibili, svelandone i retroscena.

 

Maristella Occhionero

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 85, settembre 2014)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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