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Comunicazione e Sociologia (a cura di Vilma Formigoni) . Anno VIII, n 83, luglio 2014

Zoom immagine Se la politica
è spettacolo

di M. Vitalba Giudice
Il legame tra media
e affari esteri:
un saggio Aracne


Qual è in Italia il nesso principale tra opinione pubblica e politica estera? Chi fa da tramite in questa relazione? Quali sono gli effetti che essa comporta? L’analisi proposta da Fabio Turato, docente di Relazioni internazionali all’Università di Urbino, parte da un contesto squisitamente italiano ma guarda oltre i confini del Belpaese. L’autore riflette, infatti, sulla politica estera italiana in un preciso periodo storico-politico, quello del berlusconismo, nel decennio compreso tra il 2001 e il 2011. La riflessione è molto schietta e non contempla omissioni o sconti di sorta nella valutazione degli effetti che essa produce, sino a spingersi ad indicare piccoli suggerimenti utili per la valorizzazione dell’Italia e delle sue risorse all’estero.

Nel suo Opinione pubblica e politica estera. Leader, mass media e personalizzazione (Aracne, pp. 260, € 16.00) l’autore approfondisce il rapporto tra mass media e politica estera e dà spazio al processo di personalizzazione che ridefinisce il ruolo dei partiti e della politica.

 

Lo storytelling: come i media raccontano la politica estera

Per descrivere come i mezzi di comunicazione raccontano la politica estera, Fabio Turato parte dall’analisi dei principali mass media attraverso i quali si diffondono le notizie a carattere internazionale. Il primato spetta alla televisione, con una percentuale di coinvolgimento pari al 42,1%, all’interno della quale le trasmissioni più seguite sono i telegiornali, con una percentuale dell’85,3%. Tuttavia, nelle pagine del testo emerge come, dal 2004 al 2009, sia stata sempre minore l’attenzione dedicata alle crisi internazionali. Un calo d’interesse che l’autore ritiene inspiegabile, soprattutto in relazione al fatto che le crisi estere spesso sono fortemente legate agli interessi italiani.

I temi più trattati in questo periodo riguardano, oltre il conflitto israelo-palestinese, quella irachena e afghana, che occupano i primi tre posti nella classifica degli indici di attenzione dei Tg in relazione alle crisi internazionali. Inoltre, gli altri temi cui i telegiornali hanno dato spazio riguardano le numerose catastrofi naturali che hanno colpito il pianeta, come ad esempio terremoti, alluvioni o uragani. La peculiarità del racconto di queste notizie risiede nello storytelling, ossia nella contestualizzazione degli eventi nei tempi ridotti della televisione italiana, senza un vero e proprio approfondimento rispetto al contesto in cui questi accadono. L’effetto spettacolarizzazione è inevitabile e in politica estera è soprattutto riconducibile alla «diplomazia personale» promossa dall’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi.

Il suo avvento «trasforma la politica in un format e le platee di votanti in platee televisive». Accade così che le storie da raccontare in primo piano passino necessariamente attraverso una gestione personale e personalistica dei rapporti e degli eventi internazionali.

 

La politica estera in “salsa pop”

L’attenzione che l’autore dedica alla personalizzazione della politica in Italia parte da una riflessione sulla crisi del sistema partitico degli anni Novanta e su ciò che essa ha generato.

In particolare, la fine dei partiti di massa dà vita ad una politica che, senza troppe difficoltà, sfocia in forme di populismo facendo leva su due aspetti: la leadership e un programma immediatamente comprensibile. Siamo quindi di fronte a ciò che Turato definisce l’avvento della «democrazia del pubblico» all’italiana, fondata su una sempre maggiore richiesta di «presidenzializzazione» della politica e personalizzazione dei partiti. Ecco, dunque, che la profezia di Ronald Reagan, che ipotizzava una «politica come pezzo dell’industria dello spettacolo», diventa realtà in gran parte del mondo. Una realtà che in Italia presenta un’anomalia del tutto propria, che consiste nell’accentramento nelle mani di una sola famiglia, anzi di un solo uomo, della personalizzazione della politica, dei partiti e della gestione della televisione: Berlusconi occupa la scena della politica estera senza lasciare spazio ad altri attori, presentandosi ora come capo del governo, ora come ministro e tecnico. I vertici internazionali diventano per lui il palcoscenico ideale per promuovere e sponsorizzare la propria immagine. I rapporti con gli altri leader vengono gestiti su base personale, come è accaduto con Muammar Gheddafi o ancora con Vladimir Putin, spesso ricorrendo ad immagini e video che ripropongono i capi di stato in contesti familiari e intimi, che nell’immaginario collettivo li avvicinano alla gente comune.

Il risultato della gestione di una politica estera estemporanea e improvvisata minaccia l’equilibrio dei rapporti con le altre nazioni e con l’Unione Europea. Una relazione sempre più difficile che espone l’Italia a situazioni in cui la gaffe potrebbe trasformarsi in uno stile politico.

La gestione della politica estera in pieno stile “pop” influenza, quindi, in maniera negativa la percezione di alcune realtà italiane all’estero. Tra queste, ad esempio, le piccole e medie imprese che rischiano di essere adombrate da un numero ristretto di grandi aziende, le organizzazioni non governative, o ancora gli italiani che vivono nel mondo e che potrebbero rappresentare, insieme ad altri fattori che Turato non tralascia nell’analisi, motivo di crescita e di orgoglio per l’Italia.

 

M. Vitalba Giudice

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 83, luglio 2014)

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Ilenia Marrapodi
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