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Letteratura contemporanea (a cura di Francesca Rinaldi) . Anno VIII, n 77, gennaio 2014

Zoom immagine Dalla trappola della borghesia
a quella periferica della camorra:
il viaggio verso una nuova vita

di Federica Lento
Per Round Robin editrice, il racconto
di una scelta estrema e consapevole


Perché un giovane laureato, grafico alle prime armi in una piccola casa editrice, decide di interrompere lo scorrere ordinario della sua vita e andare a vivere nei sobborghi napoletani? È il quesito che accompagna il romanzo di esordio di Antonio Montanaro.

«Ho deciso di venire a vivere in periferia. Tra spacciatori e operai, puttane e donne di pulizia, strade sporche e palazzi scrostati. La prima cosa che ho fatto quando sono arrivato in questo piccolo appartamento, al quarto di un palazzo di sei piani, grigio, anonimo, è stato appendere la laurea in Sociologia nel cesso…»: così “O professore” (ribattezzato in questo modo dalla gente del rione perché «chi ha studiato merita rispetto, alla pari dei boss»), protagonista del romanzo Rabbia e camorra. Una storia di periferia (Round Robin, pp. 120, € 12,00), trascrive in un diario le regole di una periferia soffocata tra emarginazione e camorra, scattando istantanee verbali della vita di quartiere.

 

Into the Wild delle nostre periferie

Quando la vita di “O professore” era regolare, scandita dai ritmi della routine borghese, la periferia sembrava un mondo troppo lontano e irrilevante; nel viverla da protagonista, e non solo da passante poco coinvolto, egli comprenderà sogni e paure di chi in quei luoghi è nato, scoprendosi impossibilitato a prenderne le distanze. Il titolo del romanzo potrebbe far pensare all’ennesima inchiesta sulla camorra, invece Antonio Montanaro, giornalista napoletano trapiantato a Firenze, racconta di un uomo integrato nel ghetto in cui ha scelto di vivere, perché frutto di una scelta tanto voluta quanto consapevole; il suo non è un racconto di denuncia oggettivo, ma la soggettivizzazione diaristica di un mondo che sente suo, che vive sulla sua pelle, tant’è che si innamora di una ragazza madre, donna bellissima e con troppi segreti, che lo porta a confrontarsi realmente con gli ambienti della camorra. Lui scappa dalla sua vita, dalle sue delusioni per darvi una nuova forma; un ragazzo nato in un mondo “perbene” che decide di abbandonare l’ipocrisia in cui si rifugiano i suoi coetanei, imprigionati da un mutuo, dal lavoro, dalle responsabilità familiari, per andare a vivere in un quartiere periferico di Napoli «fra i palazzi scrostati, […] tra il fetore della raffineria e i rumori dello sfasciacarrozze». Una sorta di nuovo Into the Wild, in cui il protagonista decide di sfuggire a una società consumistica dove non riesce più a vivere, incontrando sulla sua strada compagni di viaggio che gli cambieranno l’esistenza, mostrandogli un diverso punto di vista. Anche “O professore”, infatti, incontra diversi personaggi, ne condivide i linguaggi, il modo di muoversi e pensare. Paradossalmente anche questa periferia è una terra selvaggia e il protagonista vi si immerge imparando a sopravviverle, usando gli espedienti che i suoi spudorati interlocutori gli insegnano, rifugiandosi così in un luogo da cui loro invece vogliono fuggire. Il confronto con la sua vita precedente, in quel mondo tanto distante e ovattato, diventa sempre più penoso: da osservatore attento e curioso di una realtà parallela a quella vissuta finora, egli diventa partecipe della vita del quartiere. Di una vita vissuta sul filo di lana, d’impulso, cercando di non perdere neanche un attimo, «perché quello appena trascorso potrebbe essere l’ultimo».

 

La trappola del conformismo

Il testo ha un linguaggio forte, quello della rabbia e della ribellione, «una rabbia che si trasforma in pensiero e il pensiero in parola».

Gli otto capitoli che suddividono il libro hanno come titolo una condizione meteorologica che è strettamente legata alla vicenda e al pensiero di chi ne è protagonista, dall’afa di un racconto estivo al caldo, alla pioggia, poi la foschia, il vento, il freddo, il temporale e infine la brina perché, come l’autore spiega, «il tempo, il clima, o forse l’aspetto del cielo determinano il tuo umore». All’interno dei capitoli si alternano vari personaggi: ad esempio, la fruttivendola pettegola o Rosaria, costretta a scappare dalla sua famiglia e a lottare nel quotidiano, rifugiandosi ai margini di un’Italia un po’ abbandonata a se stessa. Il protagonista si muove fra le strade della città con una Vespa e da quel punto di vista privilegiato cerca di percepire come in questo angolo del mondo le persone siano un po’ tutte camorriste, «se non nei fatti almeno nel cervello». I bambini si ispirano agli spacciatori, alle prostitute, ai boss e vivono nella speranza di poter comprare vestiti costosi grazie al traffico di droga. Dei rumorosi “ragazzi di vita” che si avvicinano naturalmente agli scenari da Gomorra e dai quali rimangono inghiottiti. In un paradosso di scenari diversissimi e mutevoli, la società “perbene” e “perbenista” e quella “delinquente” sono accomunate dalla tenaglia, dalla trappola del conformismo alle regole della società, qualunque essa sia.

 

Federica Lento

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 77, gennaio 2014)

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