Società di prodotti editoriali, comunicazione e giornalismo.
Iscrizione al Roc n. 21969.
Registrazione presso il Tribunale di Cosenza
n. 817 del 22/11/2007.
Issn 2035-7370.
Direttore editoriale: Graziana Pecora
Anno VII, n 76, dicembre 2013
Storia di fiori e giardini:
il verde prende forma.
Comunicare solo bellezza
e ricercare l’armonia?
di Daniela Vena
Da Pendragon, un’arte dimenticata
da riproporre oggi in assoluta libertà
«Guardiamo in faccia la realtà: da tempo il giardinaggio non è più inteso come una forma d’arte». Con questa frase, diretta e tagliente, inizia il libro di Lidia Zitara Giardiniere per diletto. Contributo a una cultura irregolare del giardinaggio (Pendragon, pp. 180, € 16,00). Un testo in cui non mancano riferimenti storici e letterari ad autori di grande rilievo come Antonia Capria, Giovanni Pascoli e Cole Porter che rendono la lettura ancor più piacevole ed interessante.
Lidia Zitara vive in Calabria, dove lavora come designer e giornalista. Diplomatasi a Roma allo Ied, Istituto europeo di design,
In giardino
I fiori hanno sempre rivestito un ruolo fondamentale nella vita degli esseri umani. In ogni epoca questa meravigliosa espressione della natura ha svolto funzioni più o meno importanti, dando voce al più timido degli spasimanti, lavando la coscienza dell’irriducibile fedifrago, abbellendo la casa ed enfatizzando le cerimonie. In moltissime culture, poi, i fiori rappresentano un legame che unisce il mondo dei vivi a quello dei morti; sembra infatti che il loro profumo e i loro colori possano arrivare in un’altra dimensione! I fiori, pertanto, diventano testimoni fedeli della nascita come della morte, dell’amore iniziato come di quello finito (nei migliori e più civili casi della vita).
I fiori in particolare e i giardini in generale hanno avuto un grandissimo impatto storico, culturale e religioso. Esempi? Il giardino dell’Eden con la sua magnificenza e perfezione spezzata da un “morso”, i Giardini di Versailles, quelli della Reggia di Caserta e molti altri ancora. Ripercorrendo la storia, l’autrice ci informa che a partire dalla seconda metà del Settecento l’arte dei giardini fu profondamente sconvolta, tutto spiegabile attraverso due cause principali: il cambiamento della figura del giardiniere e
Risale alla seconda metà del XVIII secolo la nascita dell’attuale figura del giardiniere, ovvero di una persona che cura esclusivamente le piante, determinando la fine del topiarius romano, cioè del creatore di luoghi. La seconda causa che ha decretato la decadenza dei giardini è stata
Bellezza spontanea in città
L’autrice, attenta non soltanto alla flora del giardino ma anche a quella locale, rileva l’importanza, la bellezza e la preziosità delle erbe spontanee, che riuscendo a crescere tra le fessure di cemento, ai margini delle strade e delle ferrovie, o in altri luoghi impervi ed ostili, rappresentano quel dono che la natura ci regala ciclicamente e che l’uomo, troppo spesso, ignora o distrugge.
Scrive
Per l’autrice, nella lenta e tranquilla vita di provincia in cui il richiamo campestre è ancora forte, le erbe spontanee rappresentano un po’ quei “punti cardinali” che caratterizzano ogni singolo luogo. L’occhio abituato a quel cordone verde che rallegra il mesto asfalto nota subito la sua mancanza e l’impoverimento che ne deriva. È palese che un tale punto di vista appartiene soltanto agli animi più sensibili. Nel libro si legge: «Mi rendo conto che certe operazioni sono necessarie, ma alcune vengono compiute fin troppo bene, e con troppa veemenza. Non è necessario mettere in ginocchio una specie selvatica, credo. […] Se queste operazioni di pulizia diventeranno troppo profonde, troppo estese e troppo frequenti, si perderà definitivamente tutta la flora spontanea, trasformando anche i paesi in vere distese di asfalto e cemento, inospitali e desertiche, con poche specie selezionate per la loro tolleranza all’inquinamento e la loro comprovata resistenza alle scavature periodiche a cui le amministrazioni comunali sembrano tenere tanto. Le conseguenze di questo tipo di azioni sono facilmente immaginabili: la perdita del patrimonio botanico e l’importazione di flora del tutto estranea a quella indigena, benché compiacente. Il rischio minore è l’omologazione del paesaggio urbano da città a città, quello maggiore è la perdita della biodiversità e della capacità dell’ambiente di evolversi in maniera naturale, con la proliferazione, stavolta innaturale, solo di quelle specie che si rivelano tenaci e resistenti come un virus».
Un verde “speranza” tutto per sé
Più avanti, nel corso del libro, l’autrice ci descrive anche il suo orto-giardino dei sogni, in maniera così puntuale e vivida che immaginarla, vestita come Maria Antonietta, passeggiare tra quei filari non è difficile. Ecco il suo oggetto dei desideri: «Un piccolo pezzo di terra, diciamo un quadrato di 20 metri di lato, che si affacci direttamente sul retro della casa, dove c’è la dispensa, la finestra sul lavello della cucina, e la porta del locale di servizio, dove si fanno le conserve e si bollono i barattoli di marmellata, nella cui penombra riposano i liquori e i sottaceti, dove si ripongono gli impermeabili in estate e in primavera si appendono i fiori da essiccare. Pochi scalini e un viale ben largo per la mia crinolina, per arrivare nell’orto. Ai due lati sogno un filare di meli nani, piantati a distanza regolare, con i rami curvati in orizzontale. […] In lontananza potrei vedere un pruno da fiore […] Alla base delle aiuole, in prima fila, ciuffi di garofani, […] e più in là dei carciofi […] Sul muro di cinta di pietra color ocra dei peri allevati a cordone, potatissimi e completamente domati, con quei rami tozzi e contorti che tanto amava dipingere Van Gogh. […] Da quel punto in particolare potrei vedere l’aiuola delle aromatiche, bordata di bosso nano […] con salvia porporina e la santolina, e dei bei fiori bianchi sparsi, ma che siano misuratamente eleganti, profumati e dall’aspetto falsamente campagnolo […] E una peonia che fletta i suoi rami sottili sotto il peso dei fiori. […] Ecco cosa vorrei».
Giardiniere per diletto è un libro interessante, dallo stile asciutto e diretto, in cui l’autrice esprime tutto il proprio amore per i giardini, definendoli come un’ottima chiave di lettura per conoscere le persone, a patto che i gusti floreali non siano vittime dei dettami del mercato, ma che rappresentino la scelta personale di un profumo, di una forma o di un colore, che ci possono regalare sensazioni nuove, o far rivivere un passato, più o meno lontano, che ci appartiene e ci caratterizza.
Daniela Vena
(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 76, dicembre 2013)
Francesca Buran, Pamela Quintieri, Francesco Rolli, Fulvia Scopelliti
Denise Amato, Simona Baldassarre, Sabrina Barbin, Ilaria Bovio, Francesca Erica Bruzzese, Valentina Burchianti, Maria Laura Capobianco, Maria Assunta Carlucci, Alberto Cazzoli, Cinzia Ceriani, Ilaria Colacione, Guglielmo Colombero, Selene Miriam Corapi, Veronica Di Gregorio Zitella, Giacomo Dini, Maria Rosaria Ferrara, Elisabetta Feruglio, Vilma Formigoni, Francesca Ielpo, Federica Lento, Giuseppe Licandro, Aurora Logullo, Stefania Marchitelli, Pinangelo Marino, Paola Mazza, Sonia Miceli, Irene Nicastro, Lara Parisella, Giusy Patera, Angela Patrono, Elisa Pirozzi, Luciana Rossi, Maria Saporito, Francesco Staderini, Andrea Vulpitta, Carmine Zaccaro
Denise Amato, Mariacristiana Guglielmelli, Aurora Logullo, Rosina Madotta, Manuela Mancuso, Ilenia Marrapodi, Elisa Pirozzi, Emanuela Pugliese, Pamela Quintieri, Francesca Rinaldi, Francesco Rolli, Fulvia Scopelliti