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Problemi e riflessioni (a cura di Mariacristiana Guglielmelli) . Anno VII, n 76, dicembre 2013

Zoom immagine Emancipazione femminile:
una lunga lotta per i diritti

di Federica Lento
La conquista delle proprie libertà fondamentali:
donne divise tra lavoro e famiglia. Da Aracne


Le donne hanno avuto la possibilità di emanciparsi attraverso il lavoro, in maniera lenta, e attraverso non poche lotte e sacrifici. Tra il XIX e il XX secolo, figure come quelle di Anna Kuliscioff e Hannah Arendt hanno ispirato le ventuno donne che presero parte all’Assemblea costituente del Secondo dopoguerra per ottenere il riconoscimento di ruolo e la retribuzione paritaria del lavoro in una società che le sfruttava e ghettizzava.

Ancora oggi, però, nonostante l’emancipazione e la possibilità di ottenere un’istruzione più elevata, le donne sono considerate inferiori nell’esercizio dei loro diritti rispetto ai colleghi, come riflesso di una condizione di subordinazione sessuale strettamente legata al corpo femminile e “all’uso” che di esso viene fatto.

La raccolta di saggi Donne e lavoro. Percorsi diacronici ed emergenze contemporanee (Aracne editrice, pp. 116, € 10,00), scritta a più mani da Chiara Bergonzini, Irene Biemmi, Antonella Cagnolati e Michela Caiazzo, e curata da Sandra Rossetti, analizza il difficile percorso di emancipazione della donna in quel suo diritto sacrosanto di lavorare quanto e come i suoi compagni di sesso maschile, vivendo il suo essere femminile senza censure o ridicoli mascheramenti.

 

Difesa dei diritti e del corpo delle donne

Il primo saggio, di Antonella Cagnolati, si sofferma sulla figura di Anna Kuliscioff, anarchica russa, tra i principali esponenti e fondatori del Partito socialista italiano. Studiosa di Filosofia, vicina alle idee di Michail Bakunin, fu attiva nelle iniziative di lavoro nei villaggi a fianco dei contadini sfruttati.

Specializzata in Ginecologia, lavorò a Torino e a Milano, dove esercitò la sua professione di medico tra i poveri. Legata sentimentalmente a Filippo Turati, fu figura attiva dinamica del socialismo italiano, interessata soprattutto alla tutela del lavoro minorile e femminile. Anna Kuliscioff ebbe inoltre un ruolo fondamentale nella lotta per l’estensione del voto alle donne. La sua figura è centrale per l’analisi del connubio tra lavoro e corpo femminile, entrambi simboli di sopraffazione e sfruttamento, causati dal mancato riconoscimento del loro valore.

 

Suffragio universale, lavoro e famiglia

Chiara Bergonzini e Irene Biemmi si sono occupate di analizzare il ruolo delle donne elette con il Primo suffragio universale femminile, divise tra lavoro e famiglia.

Nel giugno del 1946 le cittadine italiane votarono per la prima volta con suffragio universale al referendum per scegliere fra monarchia e repubblica. In quell’occasione vennero nominate ventuno costituenti; di ognuna di loro si vollero specificare professione, percorsi scolastici e contributo alla redazione della Carta costituzionale, al fine di dar loro un maggior peso e soprattutto un’identità, quella che si era cercato di schiacciare con l’anonimato. Non più solo madri, mogli e lavoratrici nell’ombra, ma cittadine attive pronte a lottare per ottenere la parità tra i coniugi, il diritto alla maternità e la tutela del lavoro femminile.

 

Dal corpo alla maternità: la speranza di un nuovo inizio

Sandra Rossetti si è occupata, invece, della figura di Hannah Arendt: storica e scrittrice tedesca naturalizzata statunitense, studiò Filosofia ma rifiutò sempre di essere riconosciuta come filosofa.

Allieva di Martin Heidegger e Karl Jaspers, i suoi studi riguardarono la maternità intesa come legame con l’altro, con il nuovo che è essenza stessa di ogni nascita, «l’amore per il qualunque», per il prossimo.

Il miracolo della nascita è «auspicabile per la salvezza del mondo», nella sua naturale spontaneità, lontana dalla banale tecnica che governa i nostri giorni.

Da essere costretto all’inettitudine, la donna riprende il suo ruolo di generatrice di vita, sovrana della speranza di creare una società migliore.

 

Corpo e diritto al lavoro

L’ultimo saggio è quello di Michela Caiazzo, che studia il pensiero delle femministe anarchiche spagnole dall’inizio del XX secolo, per le quali la donna doveva essere uguale all’uomo senza correre il rischio di perdere la sua femminilità. Le femministe anarchiche parteciparono alla rivoluzione sociale, economica ed erotica per determinare una donna nuova, con una nuova morale sessuale. Anche in questo caso, a chiudere il filo conduttore a completare il quadro della raccolta di saggi, il corpo della donna è in primo piano, corpo che lei è padrona di usare liberamente a prescindere dalle posizioni di stato e chiesa.

Queste donne, spesso appartenenti alle classi sociali più povere, si sentono finalmente in grado di affrontare il mondo patriarcale. La loro lotta per il riconoscimento della libertà coincide con quella combattuta come lavoratrici. Esse infatti lavorano all’esterno del focolare domestico, al fianco dei loro compagni, ma la loro subordinazione perdura.

Dare inizio ad un processo di emancipazione femminile non vuol dire trasformarsi in una copia del genere maschile, e per questo acquistarne i diritti. La posizione delle donne rispetto alla loro indipendenza va nutrita e sviluppata mantenendo intatte le caratteristiche femminili, perché la donna deve mostrare, più che dimostrare, la sua capacità di stare nel mondo come essere libero.

 

Federica Lento

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 76, dicembre 2013)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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