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Direttore editoriale: Graziana Pecora
Anno VII, n 75, novembre 2013
Gioacchino da Fiore:
profezie e predizioni
apocalittiche e non
di Guglielmo Colombero
Da il Coscile: misticismo e rivelazioni
nell’esegesi del Liber Figurarum
La visione teologale e teoretica di Gioacchino da Fiore, abate cistercense originario di Celico, nel cosentino, nato tra il 1130 e il 1135 e morto nel 1202, «non era il segno di un’era che avrebbe condotto alla fine del mondo, ma il tratto distintivo del dischiudersi della Nuova Età dello Spirito»: con queste parole, nella sua Presentazione, Alessandro Ghisalberti, professore di Filosofia teoretica e di Storia della filosofia medievale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, enuclea l’embrione fondamentale del volume Lo spazio nel Liber Figurarum di Gioacchino da Fiore (il Coscile, pp. 144, € 12,00). L’autore, Vincenzo Maria Mattanò, già docente di Composizione architettonica e di Storia dell’architettura presso l’Università della Calabria, attualmente insegna presso
Il monaco calabrese che pensava per figure
Ma chi era veramente Gioacchino da Fiore? Nato da una famiglia agiata, forse di origine ebraica (il padre era un notaio), il giovane Gioacchino, dopo una breve esperienza con mansioni da cancelliere presso la corte normanna di Palermo, si reca in pellegrinaggio in Terrasanta, maturando nel corso del viaggio la propria vocazione per lo studio delle Sacre Scritture. Diventato un predicatore laico, viene ordinato sacerdote dal vescovo di Catanzaro e, all’età di circa trent’anni, diviene abate del Monastero di Santa Maria di Corazzo. Ottenuta da papa Lucio III l’autorizzazione a scrivere opere teologiche, Gioacchino fonda
Il Mistero Divino come apertura dello spazio mentale
Una prima figura fondamentale nella teologia trinitaria di Gioacchino è quella del “Salterio decacorde”, alla quale è dedicato un trattato: «Il testo costituisce così un esempio diretto di cosa significhi per l’Abate di Fiore pensare per figure, ed anche tradurre in scrittura l’aperto di quel luogo di meditazione costituito dai diagrammi e dalle immagini: luoghi del pensiero cui tornare, soggiornare, per abitarne, appunto, il dischiudersi eventuale della figura, nel suo magmatico, inappropriabile, silenzioso disperdersi». Straordinaria la modernità del pensiero gioachimita, che si riverbera con queste intuizioni, così lucidamente decodificate da Mattanò, sulle tappe successive del pensiero occidentale. Una seconda figura cruciale è quella dei “Cerchi divini o trinitari”: attraverso essa, Gioacchino opera la «suddivisione della Storia in tre Età o Tempi, ciascuno dei quali legato alla manifestazione di una delle Persone della Trinità», dove «I tre cerchi, di identica dimensione ma di tre diversi colori, raffigurano rispettivamente il verde il tempo del Padre, l’azzurro il tempo del Figlio e il rosso il tempo dello Spirito santo».
Gioacchino e Dante: due facce della stessa medaglia?
Sia nel Purgatorio che nel Paradiso, Dante sembra attingere a piene mani dalla teologia gioachimita: «secondo Gioacchino, e Dante con lui, Adamo non poté conoscere il nome della Rivelazione Trinitaria: quel nome che fu rivelato solo a partire da Mosè, dischiudendo di lì in avanti, per gli uomini, la conoscenza e la consapevolezza della Rivelazione Trinitaria come rivelazione storica». Inoltre, è oltremodo significativo che sia Dante sia Gioacchino utilizzino l’espressione “nostra effigie” (il primo nel canto XXIII del Paradiso, il secondo nell’Expositio) per indicare
L’Olocausto come consunzione totalitaria dello Spirito
L’Appendice del volume di Mattanò contiene il saggio Dello spazio: come un olocausto, ovvero la trascrizione di una conferenza dal titolo “Architetture in memoria dell’Olocausto”, tenutasi all’Università di Bologna il 16 maggio 1998, in occasione della Mostra e Simposio internazionale. Si tratta di un testo che, con rara potenza evocativa, getta un fascio di luce su uno degli aspetti più oscuri e ancora poco indagati del totalitarismo nazifascista. Scrive Mattanò che «dalla riflessione sul tema dello Spirito e del suo bruciare, emerge una sottile differenza ed un paradosso ontologico sulla cui riduzione infaticabilmente si adopera la metafisica occidentale. Da questa “speculazione”, traggono origine le totalità dommatiche e la cultura della violenza che hanno, coerentemente con i loro presupposti ideologici e teoretici, partorito
Guglielmo Colombero
(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 75, novembre 2013)
Francesca Buran, Pamela Quintieri, Francesco Rolli, Fulvia Scopelliti
Denise Amato, Simona Baldassarre, Sabrina Barbin, Ilaria Bovio, Francesca Erica Bruzzese, Valentina Burchianti, Maria Laura Capobianco, Maria Assunta Carlucci, Alberto Cazzoli, Cinzia Ceriani, Ilaria Colacione, Guglielmo Colombero, Selene Miriam Corapi, Veronica Di Gregorio Zitella, Giacomo Dini, Maria Rosaria Ferrara, Elisabetta Feruglio, Vilma Formigoni, Francesca Ielpo, Federica Lento, Giuseppe Licandro, Aurora Logullo, Stefania Marchitelli, Pinangelo Marino, Paola Mazza, Sonia Miceli, Irene Nicastro, Lara Parisella, Giusy Patera, Angela Patrono, Elisa Pirozzi, Luciana Rossi, Maria Saporito, Francesco Staderini, Andrea Vulpitta, Carmine Zaccaro
Denise Amato, Mariacristiana Guglielmelli, Aurora Logullo, Rosina Madotta, Manuela Mancuso, Ilenia Marrapodi, Elisa Pirozzi, Emanuela Pugliese, Pamela Quintieri, Francesca Rinaldi, Francesco Rolli, Fulvia Scopelliti