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Anno II, n° 6 - Febbraio 2008
Dodici racconti Notturni per esplorare la memoria
di Camilla Manuela Caruso
Pensieri reali e immaginari come chiave che apre lo scrigno dei ricordi.
Il recupero del passato e l’autocoscienza, in un libro edito da Lepisma
«Quella sera [...] Demetra, come al solito, era intenta a districare e riavvolgere via via i fili dei propri pensieri. Nel complesso, si sentiva serena». Sono queste le parole che svelano lo spirito di Notturni (Prefazione di Dante Maffia, Lepisma, pp. 152, € 14,00), una raccolta di dodici racconti, concepiti da Renata Bascelli fra il 1998 e il 2005, sull’onda di ispirazioni diverse, ma organizzati in quattro sezioni secondo un preciso criterio tematico: la rievocazione autobiografica dell’infanzia e dell’adolescenza con la descrizione minuziosa delle Dimore, che il tempo ha trasformato; lo smarrimento per la perdita di un’amica; lo sguardo disincantato su vicende, reali o immaginate, di passioni, gelosie e abbandoni; la suggestione, con esiti surrealistici, suscitata da luoghi o eventi, tra cui il fatale maremoto, che ha colpito il Sud-Est asiatico nel 2004.
Filo conduttore è la riflessione sul tempo storico, ma soprattutto quella interiore, che avviene la sera, quando si ritorna nella propria casa, con la propria vita e i propri pensieri, magari accompagnati da uno dei notturni di Chopin o, come suggerisce l’autrice per il racconto Post mortem, da una malinconica musica jazz.
L’importanza del ricordare per raggiungere la serenità
Tutto cambia, si modifica, ma i ricordi non si dileguano, anzi, fanno risplendere immagini insolite, che nel passato non si percepivano.
Solo i ricordi permettono di poter “rivedere” la casa ottocentesca dei nonni, adibita a sede del comando militare tedesco durante
Solo i ricordi consentono di “assaporare” ancora il gusto dolciastro dell’acqua attinta da una sorgente, la fragranza del pane appena sfornato, l’odore dei peperoni arrostiti, dell’uva o dei pomodori essiccati contro l’esalazioni, non più naturali, della nostra età consumistica e tecnologica.
Solo i ricordi possono “metterci dinanzi” le persone che non ci sono più e farcele amare come una volta.
Ecco, dunque, nei Racconti autobiografici, la nonna Maria, appassionata di letteratura e il cui simbolo d’arte è l’ormai storica macchina da cucire Singer, o la nonna paterna circondata da icone della Madonna o di santi, tra cui le foto bianche e marroni dei componenti della famiglia, un tempo “sacra”. E poi il nonno assetato di cultura, con un quotidiano sempre tra le mani e l’indispensabile radio per rimanere costantemente aggiornato e le cugine e gli zii, con le loro vite trascorse tra le mura di case e palazzi dell’Emilia-Romagna.
Dai tre racconti, raccolti in Trilogia di Dalia, dedicati all’amica scomparsa dopo una depressione, conseguenza di un aneurisma, si intuisce una resistenza ad accettare la triste realtà.
La scrittrice ne parla nascondendosi dietro gli pseudonimi di Demetra, Dafne o Elettra e immagina, in Post mortem, un dialogo con Dalia, in cui le due interlocutrici si raccontano tutto ciò che non si sono mai dette, ma che avrebbero voluto far sapere l’una all’altra un giorno, in quel giorno, che non potrà più arrivare: rimorsi, sensi di colpa, invidie e ammirazioni. Dalia, come tutti gli esseri umani, non sarà stata immortale, ma basta ricordarla per poterla riportare in vita e renderla eterna a chi la conserva in memoria.
Un thriller “provinciale”?
Notevole tra i racconti Provinciali è Mistero in provincia, breve giallo diviso in diciassette sezioni, risolto, seguendo la tradizione della narrativa italiana, dal tipico commissario “provinciale” dall’accento meridionale, tra il Santamaria della ditta Fruttero-Lucentini e il Montalbano di Andrea Camilleri. Anche in questo caso è la sera il momento prediletto delle riflessioni, quelle del commissario Guido Pantaloni, che indaga sulla morte della giovane in carriera, Agata, attorno alla quale ruotano gli stereotipati personaggi del cliché dei colpevoli ideali: la collega, il collega, forse amante della vittima, la domestica, la matrigna, l’ex marito, lo psicanalista, l’amica. Come in uno dei gialli di Luciana Peverelli, la mortifera passione ha un’ineludibile e inequivocabile centralità nell’intrigo criminoso, che culminerà nell’epistola esplicativa dell’omicida.
Il racconto poliziesco della Bascelli presenta un intreccio essenziale, ma movimentato e all’insegna della sorpresa.
Narrazione distesa che non lascia spazio alla nostalgia
Ritornano protagonisti i ricordi nei Racconti visionari, in cui l’autrice dà sfogo ad allucinazioni e a desideri inespressi, da quello sinistro di uccidere a quello pacato di rivedere la maestra delle scuole elementari o, semplicemente, di incontrare qualcuno che sta aspettando da tempo.
Come sottolinea il saggista e narratore Dante Maffia nella presentazione,
La scrittrice trasfonde sulla pagina la conoscenza diretta dei luoghi, ricreando l’atmosfera di un tempo, che non esiste più. Descrive con mano felice e compiuta il paesaggio e gli ambienti domestici dove sente l’eco del “vissuto” dei personaggi, di cui dipinge il carattere, nelle pieghe più nascoste dell’animo, con un linguaggio diretto, colloquiale e ricercato quanto basta e un narrare vivace e fresco. Affabula sapientemente e accompagna il lettore nel suo mondo effettivo e in quello sognato, senza abbandonarsi alla nostalgia per il passato, per il “come sarebbe stato se...”, per le strade intraprese, che, automaticamente, escludono la scelta di altre, ma, come dopo una chiacchierata tra amici, «contenta, in fondo, di aver in qualche modo colmato la solitudine di una sera».
Camilla Manuela Caruso
(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 6, febbraio 2008)