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Pedagogia e Scienze dell'educazione (a cura di Francesca Ielpo)

Zoom immagine La scuola italiana
e la scuola svizzera:
vizi e virtù a confronto
per un futuro migliore

di Adelina Guerrera
Da Infinito, un viaggio nell’attuale condizione dell’istruzione in Italia.
Come rendere l’apprendimento una fonte di crescita personale?


Uno dei settori oggi maggiormente al centro di critiche e discussioni è il mondo-scuola: tra concorsi, abilitazioni e precariato è diventato sempre più il bersaglio preferito di politici e autorità.

Ma la scuola non deve e non può ridursi a questo: essa è fonte di apprendimento, di cooperazione e di sviluppo culturale, ed è dunque in questo senso che va promossa, affinché si instauri un’empatia tra docente e discente.

Sicuramente, rispetto al passato, è cambiato il ruolo dell’insegnante: da detentore assoluto della conoscenza è diventato, infatti, un intermediario e facilitatore dell’apprendimento.

A riguardo, degno di nota e di attenzione è il testo di Daniela Tazzioli, La scuola diversa. Manuale di sopravvivenza (in classe e fuori) fra Italia e Svizzera (Infinito edizioni, pp. 168, € 12,00), il cui titolo è già esemplificativo di per sé: l’autrice lancia una sfida, un messaggio chiaro e forte, mettendo a paragone due modelli scolastici contrapposti, quello italiano e quello svizzero.

Ciò che Tazzioli ci propone è una serie di storie vere, frutto della propria carriera di insegnante di Lettere e narrate con una chiarezza e una semplicità espositiva che le rendono vivide agli occhi del lettore; non si tratta, però, di banali racconti, bensì di pezzi ed esperienze che inducono a profonde riflessioni sulla realtà che ci circonda.

 

Eppure la Svizzera è un paese confinante con l’Italia…

La scuola come laboratorio di idee che permette la costruzione del soggetto-persona in una società sempre più globalizzata è l’auspicio e, allo stesso tempo, l’obiettivo che ogni buon educatore si pone nel percorso di crescita personale del discente.

Ma, se si analizza a fondo il testo dell’autrice, ci si rende conto di come, nonostante l’alunno dovrebbe essere il fulcro su cui soffermare l’attenzione, spesso, in paesi all’avanguardia come, in questo caso, la Svizzera, questa si sposti non tanto sul soggetto in sé, ma su tutte le tecnologie di cui il paese stesso è produttore: allora ciò che conta davvero sono le lavagne luminose, strumenti di ultima generazione, il perfezionismo portato all’estremo che genera distinzioni tra svizzeri e “meno svizzeri” sconfinando in fenomeni di razzismo e sottosviluppo sociale e culturale.

E allora è giusto chiedersi: i grandi contenuti da trasmettere dove vanno a finire?

Lo spirito critico che deve animare le lezioni e coinvolgere i ragazzi a cosa si riduce?

Una scuola con la S maiuscola è tale, secondo la prospettiva portata avanti dall’autrice, solo quando è in grado di preparare i giovani alla vita; un percorso, dunque, in salita, irto di difficoltà, ma anche pieno di tante soddisfazioni.

Non basta avere una scuola superdotata di strumenti all’avanguardia per poterla definire tale.

 

Si salvi la scuola italiana!

Come in una sorta di lettera aperta e di diario-racconto, l’autrice si propone un unico obiettivo: la valorizzazione del sapere come fonte di esperienza vissuta e convissuta insieme agli altri.

Tuttavia, sebbene il principio sia nobile, la realtà della scuola pubblica italiana è opposta alle prospettive di miglioramento e innovazione di cui, invece, si fa portatrice la Svizzera.

Non è al modello svizzero, dunque, che l’Italia deve rifarsi; al contrario deve partire dalla sua stessa scuola, oggi in crisi e in preda ad una forte omologazione, per rifondarsi.

In tutto ciò è implicito l’appello ai politici e alle autorità competenti: la scuola italiana, secondo la prospettiva portata avanti dall’autrice, deve essere una «scuola diversa», innovativa, creativa, in grado di formare giovani menti attraverso un percorso che sia di apprendimento per tutta la vita.

La scuola del domani è una scuola, dunque, sì tecnologica, ma soprattutto critica e logica: non si tratta più di un sapere chiuso, limitato, ma interdisciplinare, alla cui base vi sono il dialogo e il confronto costante.

Non si insegna tanto per insegnare, non si impara giusto per imparare; ma si costruisce un percorso biunivoco di scambio di conoscenze.

Questo è ciò che emerge chiaramente nel testo: Tazzioli è un’insegnante per vocazione, che ha fatto del suo sapere una fonte di esperienza e lo ha messo a disposizione degli altri.

Insegnare risulta pertanto in questa prospettiva sinonimo di donare; chi, come l’autrice, saprà conciliare gli interessi personali dei ragazzi, quali la musica, lo sport e i social network con una lezione di italiano su Foscolo o Manzoni, allora, e solo in quell’istante, avrà davvero formato una persona.

La speranza che ci viene regalata in questo testo è dunque quella di una sistema scolastico italiano che punti finalmente sulla qualità dei contenuti e sull’educazione dell’alunno; si tratta di un appello rivolto alle istituzioni politiche affinché il loro impegno sia quello di costruire una scuola d’eccellenza che abbia alla base tre parole-chiave: sinergia, cooperazione e interazione.

 

Adelina Guerrera

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 74, ottobre 2013)

 

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT