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Direttore editoriale: Graziana Pecora
Anno VII, n 74, ottobre 2013
Negli abissi marini
il riflesso dell’anima:
alla ricerca di sé
sotto la superficie
di Rossella Michienzi
Per Graus, una storia d’introspezione
ripercorrendo i ricordi e le emozioni
Il nostro mondo senza letteratura sarebbe impoverito non solo di emozioni, come comunemente si crede, ma anche di conoscenza. Conoscenza di noi stessi e della realtà. La letteratura, per dirla con le parole della sociologa Gabriella Turnaturi, riattiva delle zone d’ombra e, rielaborando la realtà, ne crea un’altra parallela. Seguendo questa definizione, dunque, la letteratura con la sua finzione darebbe vita a nuovi mondi possibili. Leopoldo Alas Clarin, grande romanziere dell’Ottocento spagnolo, sostiene che il narratore riflette la vita nella sua complessità, senza astrazioni, non alzando un piano dalla realtà ma dipingendo l’immagine della realtà stessa, come la dipinge la superficie di un lago tranquillo. È quello che fa Miro Jafisco con il suo romanzo Ho bisogno di ascoltare il mare (Graus editore, pp. 168, € 15,00): dipinge, attraverso i ricordi, una miscellanea di esperienze che convergono tutte tra fantasia e realtà, verso la ricerca dei valori più importanti di un uomo. Quel che si narra è un sentito processo di crescita interiore che ha origine nell’infanzia dell’autore/io narrante.
La narrativa per dar voce all’altro “Sé”
«Mi sento come se fossi sceso dal cielo per tornare sulla mia poltrona… Perché non ricordo quanto stavo scrivendo? È come se la mia penna fosse andata avanti a scrivere da sola… Domani sarà il primo giorno del futuro», questi sono i frammenti narrativi che permettono al lettore di capire davvero ciò che muove la mano dell’autore: un bisogno cui non si può non prestare attenzione. Così l’uomo si mette da parte per dare spazio ad un aspetto di se stesso che da tempo non veniva a galla, che rischiava di diventare un relitto nel fondo della sua psiche. Come suggerisce il titolo, il bisogno di ascoltare il mare rappresenta il leitmotiv di tutto il testo, che non vuole essere una mera autobiografia ma uno scritto che crea un’atmosfera piena di ricordi, sensazioni, esperienze vissute o immaginate attraverso i sogni.
Ciò che emerge è l’esperienza di un bambino affascinato dal mondo sommerso, dalle scure acque del mare, un bambino ieri, adulto oggi, che ripercorre a ritroso il suo percorso di crescita in cui il mare sarà suo amico fedele, un punto di riferimento che lo accompagnerà in ogni sua espressione di vita. Appare evidente che la letteratura è quella rappresentazione dell’esistenza che, nonostante tutto, ci aiuta a comprenderla nei suoi lati più oscuri e inaccessibili. Nel suo testo Jafisco usa la profondità del mare e la profondità della percezione del mare stesso per dar voce alla curiosità di esplorare ciò che nella vita non è apparentemente ed immediatamente comprensibile. I lettori si trovano di fronte alla sublimazione del mare, che in qualità di elemento principale della natura planetaria, ci può insegnare ancora molto; l’autore tenta così di far passare un messaggio forte: dall’origine della vita ad oggi, negli abissi marini sono rinchiusi i segreti della nostra esistenza passata e futura.
Il tutto è minuziosamente elaborato attraverso un sottile gioco di associazioni grazie anche ad uno stile narrativo semplice ma ben costruito, così qualunque cosa nel presente, come le belle melodie delle canzoni dei Nomadi, fa balzare la mente dello scrittore indietro negli anni, lasciando un profondo senso di nostalgia.
Un viaggio nei ricordi per capire e vivere il presente
Il viaggio nel tempo: questo il bellissimo espediente narrativo utilizzato da Jafisco. Non è solo il ricordo dei diversi ed affascinati “viaggi” della sua vita ma anche un “viaggio” nei ricordi. La memoria del tempo passato, l’infanzia, l’adolescenza, i primi amori, le prime magiche sensazioni figlie di momenti di intensa sintonia con i fondali marini, tutto questo crea una forte tensione narrativa. Lo si sottolinea bene nel testo: «grazie alla letteratura, alle coscienze che è in grado di forgiare, ai desideri e agli aneliti cui dà vita, alla disillusione del reale con cui torniamo dal viaggio in una bella fantasia, si può dar vita ad una realtà meno crudele di quando i cantastorie incominciarono a umanizzare la vita con le loro favole. Saremmo peggiori di quello che siamo senza i buoni libri che abbiamo letto, più conformisti, meno inquieti e ribelli, e lo spirito critico, motore del progresso, non esisterebbe». Ecco, questo romanzo è una complessa riflessione sull’esistenza, sulla necessità di riscoprire se stessi, e la letteratura diventa lo strumento privilegiato attraverso il quale far convergere diversi piani temporali e diverse emozioni in vera e piena consapevolezza di un presente comprensibile solo se arricchito dal patrimonio della memoria. Uno dei temi più cari all’autore? Il tempo, lo scorrere inesorabile dei giorni, dei mesi, degli anni. «Attraverso i ricorsi temporali ci si può rendere conto di come il tempo cavalchi il sole come un guerriero in un campo di battaglia. Il tempo corre, fugge via, ci lascia rapidamente lontani se non lo seguiamo con la mente, con la nostra spiritualità, con la voglia di crescere sempre. Ci sono momenti in cui sento la necessità di guardarmi, di cercarmi, di conoscere la parte più nascosta del mio io, con il preciso intento di trovarmi». È come se chi scrive cercasse costantemente nei segni del passato appigli per ricordare; emerge il chiaro tentativo di non far sprofondare nell’oblio una vita vissuta le cui emozioni, legate ad un amore smisurato per il mondo marino, riemergono e rivivono in un presente che non si sa definire né in termini positivi né in termini negativi rispetto ad un passato ormai trascorso. Eppure, l’intero romanzo può considerarsi un inno ad una esistenza da viversi in ogni suo aspetto, con l’incessante desiderio di guardare davanti a sé senza mai dimenticare il proprio trascorso.
Rossella Michienzi
(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 74, ottobre 2013)
Francesca Buran, Pamela Quintieri, Francesco Rolli, Fulvia Scopelliti
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