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Problemi e riflessioni (a cura di Mariacristiana Guglielmelli) . Anno VII, n 74, ottobre 2013

Zoom immagine Il “caso Claps”: rivive
la voce della piccola Elisa

di Ilaria Colacione
Da Pellegrini editore, una ricostruzione efficace
ed emotivamente intensa del giallo di Potenza


«Sento le campane suonare… forse è un incubo… forse mi sveglieranno… sveglia Elisa… devi restare sveglia… Buio, silenzio… nient’altro».

Il corpo di Elisa Claps è sempre rimasto lassù, nella Chiesa della Santissima Trinità di Potenza. Aveva solo sedici anni quando è morta. Elisa era nell’età dei primi amori, degli obiettivi da costruire, dei sogni e delle speranze, della vita vissuta con trasporto e di quella maturità ancora troppo acerba per poter scorgere le insidie e la brutalità dell’animo umano.

Figlia del tranquillo borgo potentino, da tutti conosciuta per l’educazione esemplare e la fiducia riposta nelle persone e nella vita, il suo ultimo atto d’amore per il prossimo è l’invito all’appuntamento con la morte nella chiesetta del centro storico della sua città. Ad attenderla c’è Danilo Restivo, amico attento e premuroso. Lui è l’ultimo ad averla vista viva prima che fosse ritrovata cadavere diciassette anni dopo, un tempo ancora più lungo della sua brevissima esistenza. Un tempo consumato tra le aule fredde di un tribunale, testimone di volti e vite intrecciate, riannodate tutte nel medesimo filo.

Difficile se non impossibile trovare il tassello mancante di un rebus che contrasta con la consueta armonia cittadina. Mentre dentro quelle mura Elisa viene brutalmente uccisa, fuori la vita continua a scorrere: il parroco e i suoi fedeli riuniti in preghiera, le passeggiate e il gioco dei bimbi.

Le ricerche sono attive e laboriose, ma piene di lacune.

La verità, che si credeva troppo lontana, risiede ancora in quel rumore sordo di campane, violate nella loro sacralità.

 

La voce di Elisa

La vicenda di Elisa scuote le coscienze di due donne potentine, in apparenza lontane per professione, ma umanamente vicine per interessi e amicizia: Assunta Basentini, psicologa, ha collaborato al caso, Cristiana Coviello è avvocata. A unirle una profonda passione per i casi umani e le storie difficili di minori e indifesi.

Sulla storia di Elisa Claps si è scritto tanto, ma Elisa tra cielo e terra (Pellegrini editore, pp. 182, € 15,00) tocca nel profondo il cuore: di quella giovane vita, spezzata troppo presto, bisognava raccontare il dramma. Dalla pagina bianca che ne onora la memoria a tutti gli appuntamenti con la vita a cui Elisa è venuta meno, è così che si snoda una trama che scrive la verità da un’altra angolatura, “dalla parte di Elisa”.

La sua composizione traccia fatti e sensazioni come fosse lei, finalmente, a farsi giustizia da sola. Ed è proprio lei, in un sofferto monologo, a raccontare i suoi ultimi istanti.

Mentre l’idea si fa forma e il corpo prende vita, il libro si carica di emozioni, si arricchisce nei sentimenti. Il testo porta i frutti di un grande lavoro di ricerca introspettiva che dà alla luce un racconto emotivo e commovente, narrato a tratti in prima persona. Quelle parole sulla carta sono il riscatto a una fine angosciosa, un prezioso documento alla dignità.

Elisa si stringe alla tragedia, accompagna le autrici e i lettori nel tempo e nello spazio di questo doloroso cammino, traccia volti e personalità, errori e fallacie, ripercorrendo le tappe più significative della lunghissima inchiesta.

Sullo sfondo, una macabra circostanza che ricorre poco dopo la stesura del libro: la scoperta del suo cadavere il 17 marzo 2010, quasi che sia stata davvero lei, sospesa «tra cielo e terra», a guidare la penna delle due autrici affinché la sua storia potesse essere raccontata e testimoniata, affinché quel corpo, straziato nelle carni, tornasse ad avere un’anima e una voce.

Resta però un finale amaro e tanti dubbi, la debolezza delle indagini, verità taciute e la rabbia delle stesse autrici per non essere riuscite a restituire Elisa alle braccia dei suoi cari e all’affetto di Potenza.

 

Linchiesta

Nelle pagine seguenti al racconto del delitto, si entra nel vivo dell’iter giudiziario e nella psicologia di quei personaggi-chiave che affollano la Corte Suprema, trasformata per l’occasione in una raccapricciante commedia dell’arte.

C’è chi testimonia di aver incontrato Elisa in punti diversi e nello stesso orario, salvo poi ritrattare poche ore dopo.

E poi c’è Eliana, l’amica del cuore, complice di risate e custode di confidenze. Le sue dichiarazioni appaiono poco convincenti, la sua posizione dubbia: un peso, questo, che le grava sull’esistenza al punto da dover abbandonare la città.

Eliana è l’amica con cui Elisa si reca in chiesa quella mattina di settembre in cui Danilo le avrebbe dovuto consegnare un regalo. Si lasciano davanti al cortile con la promessa di ritrovarsi più tardi, ma di Elisa non ci sarà più traccia. Si ritroveranno diciassette anni dopo al cimitero, in uno dei passi più commoventi e simbolici del libro.

Le lacrime di Eliana nel salutare per sempre la sua vecchia amica restituiscono affetto a Elisa, sono tracce di vita andate perdute. L’esistenza di questa sfortunata ragazza, per lungo tempo raccontata da indagini crude, necessita di momenti dolci, di un tocco di estrema umanità: le due autrici ci tengono, e il racconto si fa intenso ed emotivo. Al saluto dei familiari a Elisa, agli occhi della madre Filomena, poche lacrime ormai dopo tanti anni di rassegnato dolore, s’intreccia l’abbraccio commosso di Assunta Basentini e Cristiana Coviello: da madre a madre.

Le indagini vedono protagonista Danilo Restivo, anche lui potentino. Il delitto da lui commesso a Londra, molti anni più tardi, permette di ricostruire il giallo che colpisce Potenza nel vivo prima e dopo il ritrovamento della giovane: la conferma che la città ha dato i natali alla vittima e al suo carnefice.

È un tormento che insegue non solo i familiari ma anche le due autrici, che il dramma lo hanno vissuto da spettatrici e da “sorelle” di Elisa.

In tutto il libro traspare quel senso di dovere nei confronti di una vita umana, quel rigore attento e professionale del mestiere, ma anche un trasporto e un affetto forti e sentiti nei confronti di Elisa.

«Non avevamo gli elementi “ufficiali”, ma i pezzi per ricostruire il puzzle di questa storia c’erano tutti» – spiega Coviello, eppure Elisa ha dovuto aspettare diciassette anni prima che il suo assassino avesse un nome e un volto.

Il volto era quello di un ragazzo difficile, di buona famiglia, protetto anziché curato, uno sguardo algido e privo di emozioni, che in questura ansimava e agitava nervosamente le mani.

Aveva la strana abitudine di importunare le ragazzine del quartiere e tagliare di nascosto ciocche di capelli. Tagliò i capelli a Heather Barnett dopo averla uccisa, e anche Elisa, si scoprirà più tardi: nelle sue mani ne stringeva una.

La stessa Assunta Basentini nelle prime perizie annota in un fascicolo le sue stranezze, che però non vengono prese troppo in considerazione. Il quadro si preannuncia inizialmente articolato, e forse è difficile da accettare che anche quelle terre possano nascondere un pericoloso assassino.

La rabbia, il senso d’impotenza e fallimento sono i sentimenti che serpeggiano in ogni parola delle righe dedicate a Danilo.

Difficile e incomprensibile che la verità fosse sotto gli occhi di tutti fin dal primo momento. Difficile da accettare per la famiglia, per la collettività, e per il timore che tante piccole Elise sparse nel mondo potessero vivere lo stesso incubo.

Nel giugno del 2010, al Convegno nazionale di Psicologia giuridica dedicato a “I percorsi della violenza”, viene dato ampio spazio al caso di Elisa Claps.

Basentini e Coviello sono invitate a testimoniare nell’ambito delle loro competenze e a presentare il volume. Ricostruiscono la scena e il teatro dell’orrore, forniscono chiavi e moventi del delitto, affidano all’ascoltatore sensazioni e riflessioni, riportano ancora una volta alla luce Elisa da quella «bara troppo grande» presentandola a ciascuno dei presenti.

La lettura di quel drammatico memoriale segna, cattura e commuove. Il resoconto di quella giornata va a costituire la cornice del libro.

 

Un dolce addio

All’interno del quadro, a fare il suo ingresso è la madre di Elisa. Le autrici si fanno da parte: Filomena Claps merita attenzione, una voce, una pagina.

Nel tempo la donna ha perorato la causa della figlia, portando avanti una grande battaglia di sofferenza e dignità, cercando e ottenendo che la verità venisse indagata ad ampio raggio nonostante più volte quel fascicolo fosse minacciato di essere riposto tra le “vecchie carte” e dentro il petto pugnalato fino all’osso, ancora una volta.

La lettera in cui affida le sue speranze all’allora ministro della Giustizia è una delle pagine più toccanti, la candela che soffia nel vento, un dolore, forse, che trascende ogni considerazione razionale per cui un legame così importante e viscerale debba essere, per ordine di qualcuno, cancellato per sempre.

Non sarà la sua tenacia, né gli occhi ormai asciutti, quanto quel fiore che non ha potuto riporre sul suo viso a restituire loro una storia, un tempo perduto.

Il tempo è trascorso, la penna di Elisa chiude il diario di un viaggio, del suo viaggio, prima di raggiungere il cielo e lasciare la terra.

Elisa adesso non è più vita, non è più ombra, riposa nel suo nuovo letto di morte e questo libro è un saluto e una carezza prima di chiuderle gli occhi, per sempre.

 

Ilaria Colacione

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 74, ottobre 2013)

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