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Anno VII, n. 71, luglio 2013
Vitalità, individualità,
esistenza: i leitmotiv
dell’ultimo Croce
di Adelina Guerrera
Un attento saggio di Pio Colonnello
rilegge le idee del filosofo. Da Armando
Analizzare e rileggere, a distanza di anni, il pensiero e le opere di un filosofo come Benedetto Croce significa porsi sempre in una prospettiva innovativa e, allo stesso tempo, critica che comprende non solo la sfera del sapere come forma di conoscenza e, dunque, “dialettica dello spirito” ma, soprattutto, quella dell’essere inteso come individuo. Su Croce come filosofo, politico, storico e critico letterario molti studiosi si sono dibattuti, mettendo in luce, da una parte, il suo storicismo assoluto in cui la realtà diventa “storia dello spirito”, vale a dire dell’“infinito realizzarsi dell’assoluto”, dall’altra, il suo liberalismo come forma concreta e “religione della libertà”.
Tra gli studiosi, un testo degno di lode e apprezzabile sia nella forma che nel contenuto è Storia, esistenza, libertà. Rileggendo Croce (Armando editore, pp. 128, € 12,00) di Pio Colonnello – ordinario di Filosofia teoretica presso l’Università della Calabria –, che si propone di analizzare «momenti e aspetti del pensiero crociano in parte ancora inesplorati» e «in parte ritenuti noti». Si tratta, infatti di una lettura o, meglio ancora, di una rilettura dei temi cruciali della filosofia del pensatore di Pescasseroli in chiave sia etico-morale che etico-politica.
Nodi emblematici della discussione sono i temi legati al «problema della vitalità, dell’individualità, dell’esistenza, della tonalità “drammatica” delle ultime riflessioni crociane e delle immagini della crisi e della rinascita espresse attraverso le metafore di salute e malattia».
Nel condurre questo excursus, l’autore conferisce proprio a queste due ultime immagini appena citate, la malattia e la salute, un’importanza peculiare: il confronto con Nietzsche risulta pertanto d’obbligo; in entrambi gli autori, infatti, «salute e malattia appaiono strettamente collegate, l’una interna all’altra» così da arrivare ad affermare che «la salute non è l’antitesi della malattia» ma, in particolare alla fine degli anni Venti e nel corso degli anni Trenta del Novecento, diviene l’elemento cardine che può offrire una spiegazione sul tema della vitalità.
Il ruolo dell’individuo: libertà e moralità
L’immagine che Croce offre agli studiosi e ai lettori è quella di un filosofo «senza crisi» che individua nella storia l’affermazione della libertà; storia, per dirla con le sue parole, intesa come “azione” in cui entra in gioco la libertà dell’individuo, che deve essere capace di resistere all’oppressione, all’esercizio dispotico della forza, al soffocamento della stessa libertà.
Al riguardo, Pio Colonnello sostiene che questa religione della libertà rappresenti «l’ethos religioso che è condizione di possibilità di ogni religione autentica». Inquadrata in quest’ottica, pertanto, la libertà diviene responsabilità delle scelte che competono all’individuo; ne consegue che al tema della libertà risulta connesso quello della concezione della moralità «come legge suprema e divina della vita dello spirito».
Ci si chiede, allora, che cosa sono il bene e il male nell’ottica crociana. Innanzitutto, sottolinea l’autore, il male appare, in Croce, «come ciò che nega o avversa l’affermazione del valore, cioè dell’arte, della verità o dell’istituto etico». Dunque, il male, ribadisce Colonnello, è «una forma di vizio morale».
Che idea, quindi, ci si può fare dinnanzi a tali affermazioni? Si può sostenere, senza alcun’ombra di dubbio, che il male risulta essere un deficit dello spirito, vale a dire una sua carenza; al contrario, il bene è la piena conferma della stessa volontà libera dello spirito.
Ma a questa prima forma di moralità e, di conseguenza, di religiosità, corrisponde, come spiegato e illustrato nel saggio, «una religiosità dell’ultimo Croce, sofferta e vissuta», che individua nella moralità «il supremo imperativo del bene».
Analizzando il saggio non con occhi passivi ma critici e, allo stesso tempo, riflessivi, traspare fortemente questo rapporto, presente nel pensiero crociano, tra sfera della moralità e sfera economica, vale a dire con esattezza tra virtù ed esercizio della forza nelle vicende storiche.
Risulta, altresì, interessante l’analisi condotta dall’autore sulla funzione che Croce assegna alla forma pratica ed economica individuando nell’utile l’obiettivo da perseguire. Al riguardo, l’autore prende in considerazione il pensiero dell’allora giovane filosofo Enzo Paci che, interrogandosi sul tema dell’esistenza individuale, rintraccia nella forma pratica ed economica «la materia delle forme spirituali».
La vitalità: vera chiave di svolta
L’ultima fase della vita di Croce rivela un ripensamento critico del suo percorso filosofico: la riflessione sulla vitalità come elemento si lega fortemente al ruolo dell’individuo, che «non appare più soggetto della storia solo in quanto universale e, perché universale, “individuale”; piuttosto, è l’individuo che, mosso dalla “cruda e verde” energia vitale, si “universalizza”, sollevandosi dalla propria condizione naturale alle oggettivazioni dell’arte, del pensiero e della morale».
Pertanto, inquadrata in questa prospettiva, la vitalità diventa, da una parte, “forza inesauribile della vita” e, dall’altra, “forme dello spirito”, tanto che il Croce viene ricordato come il filosofo della vitalità.
In questo senso, si può affermare che la vitalità arriverà a rappresentare il luogo in cui l’umanità si lega alla naturalità.
L’ultimo Croce sembra, dunque, aprirsi ad una dimensione che si può definire quasi “mondana” e, allo stesso tempo, ambigua della vita dello spirito, recuperando temi che da Wilhelm Dilthey all’ultimo Edmund Husserl hanno attraversato la filosofia della prima metà del Novecento.
Di particolare rilievo, infatti, è il confronto critico che Colonnello opera tra Croce e alcuni pensatori come, ad esempio, il già citato Enzo Paci, Ferruccio Focher e filosofi di area ispanoamericana come Eugenio Ímaz e Juan Roig Gironella; particolare importanza nel saggio viene conferita a Ímaz, che si rifece allo storicismo crociano e alla sua “religione di libertà” come modello per riuscire a superare la crisi civile e politica negli anni della Seconda guerra mondiale.
Da ciò emerge, dunque, che la conquista o, per meglio dire, la riconquista della libertà ripresa secondo l’accezione crociana diverrà motivo di suggestioni e possibilità di interpretazioni da parte degli studiosi che individuano nell’ultimo Croce un’apertura verso il mondo irrazionale dei bisogni vitali degli uomini.
Adelina Guerrera
(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 71, luglio 2013)
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