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Direttore editoriale: Graziana Pecora
Anno VII, n. 71, luglio 2013
La ricerca
della libertà,
il mare, la fuga
di Angela Patrono
Speranza e passioni,
archetipi e simboli
in un romanzo Sovera
Forza remota e insondabile, potenza carica di simboli, il mare è il subconscio dove si agitano tensioni irrisolte, l’utero materno e primordiale, il salmastro crocevia tra vita e morte, tra creazione e distruzione, ma soprattutto l’emblema della libertà senza confini. Lo sa bene Miro Iafisco, scrittore e documentarista romano, esperto subacqueo, che ha scritto un libro in cui il mare, con la sua imprevedibilità e le sue creature misteriose, determina come un deus ex machina il destino dei protagonisti. Un racconto emozionante e avventuroso, che segue la rotta esistenziale e spirituale di leggendari navigatori del passato, scopritori non tanto di una nuova terra emersa, quanto di una realtà invisibile: il paradiso. Tale speranza ultraterrena, intesa come liberazione e beatitudine suprema, riecheggia in ogni pagina del romanzo Il canto del delfino (Sovera, pp. 224, € 13,50).
Cento anni di navigazione
Siamo in una moderna e tecnologica Miami, nell’anno 2061. Carlos Bosque, costruttore navale ormai ottantenne, è sconvolto: il veliero “Sonia Maria” è andato distrutto in un incendio scoppiato accidentalmente. Per l’anziano è un duro colpo: quell’imbarcazione significava molto per lui, era l’unico ricordo del viaggio che l’ha segnato per sempre. Così, Carlos decide di mettere da parte ogni reticenza e raccontare al giovane nipote Elian, suo erede e collaboratore, un’incredibile avventura che risale a moltissimi anni prima.
Con un balzo temporale a ritroso, infatti, la narrazione approda al 1999, dove facciamo la conoscenza di Guglielmo Torres, professore di Oceanografia e ricercatore specializzato in Geologia dei fondali oceanici presso l’Università di Genova. Nelle vene di Guglielmo, oltre all’amore per il mare, scorre il sangue spagnolo del padre Pablo, ingegnere che lavorava per conto della Marina e che, nel 1950, acquistò e fece varare il Sonia Maria.
Sulla rotta del paradiso
Guglielmo è un uomo schivo e, a tratti, brusco ma, nel profondo, nasconde un dolore immenso: la perdita in mare del figlio Jacopo. Da allora il suo cuore è come annichilito; solo lo studio e l’amore per il mare gli danno conforto. In particolare, Guglielmo sviluppa un interesse quasi morboso per due antichi resoconti di navigazione, precedenti alla scoperta dell’America, dove si fa menzione di un’isola galleggiante nell’Atlantico, situata oltre le celebri colonne d’Ercole e vicina alle Bermude. Gli autori dei manoscritti, il monaco irlandese del VI secolo Brandano e il navigatore tardomedievale Alonso Gomez Ojeda, definiscono quel luogo come «il paradiso». Nella mente dello studioso risuonano le parole del manoscritto di Brandano: «“Quando ti apparirà un’isola tra la nebbia sarai al confine dell’ignoto. Cerca fra quelle strane figure e troverai il tuo dio”». Che sia un leggendario continente sommerso, o addirittura una dimensione ultraterrena? Folgorato da questa rivelazione, l’uomo elabora una teoria parascientifica, notando le incredibili coincidenze nelle rotte indicate dai due autori. In questo modo prende forma il progetto di una traversata atlantica sulla scia dei leggendari navigatori: Roberto Salveri, amico di Guglielmo e direttore del Museo oceanografico, lo convince a trasformare il suo sogno in un reality televisivo appoggiato dal ministro dei Beni culturali. Per l’occasione il Sonia Maria viene ristrutturato e trasformato in un giocattolone ipertecnologico, con tanto di assistente virtuale. Tuttavia, nonostante gli occhi del mondo siano puntati su di lui, Guglielmo non vuole nessun altro a bordo. Unica eccezione, il cane Nero, trovato nei pressi del Sonia Maria, con cui instaura subito un legame forte e misterioso.
Legami inaspettati
Ben presto, però, la solitudine di Guglielmo viene interrotta da due personaggi che scalfiscono pian piano la corazza del burbero navigatore.
L’incontro con Carlito, giovane clandestino cubano infiltrato sul Sonia Maria, spiazza Guglielmo, che vive emozioni contrastanti: sebbene l’irruenza del ragazzo lo spazientisca, la sua fresca vitalità gli ricorda il figlio perduto. La cosa lo spaventa, creando in lui un conflitto interiore che si risolverà solo quando, accogliendo il ragazzo nel proprio cuore, sarà in grado di trasmettergli i segreti della navigazione, fino ad affrontare l’ignoto insieme a lui.
Anche il rapporto con l’altro sesso gli riserverà una sorpresa: Miriam, ragazza energica e solare, che Guglielmo trae in salvo da un naufragio e che, dopo tanto tempo (la moglie Jenny, in seguito alla morte del figlio, è ricoverata in clinica), gli farà scoprire la bellezza di un sentimento vero. Una figura in antitesi con Helen, l’amante saltuaria, una giornalista senza scrupoli, disposta a tutto pur di ottenere notorietà.
Il delfino, messaggero arcano
Nonostante i ritrovati rapporti umani, Guglielmo viaggia principalmente alla ricerca di se stesso, guidato da una speranza utopica: «Era fortemente attratto dall’idea di scoprire la misteriosa isola che il monaco definiva parte del paradiso. Considerato che tutto l’argomento veniva trattato come soprannaturale, in lui era spontaneo, anche se illusorio, pensare che, pur se ci fosse stato solo un briciolo di verità in quelle parole, forse avrebbe avuto la possibilità di avere un contatto con suo figlio Jacopo, riuscendo a entrare in un’altra dimensione, una dimensione forse ancora del tutto sconosciuta all’umanità».
La sua è una sfida lanciata all’ignoto, costellata da richiami soprannaturali e simboli evocativi, proprio come il delfino, che nel romanzo di Iafisco è un elemento catartico e onnipresente, una creatura salvifica e messaggera dell’aldilà; un essere di un mondo onirico e spirituale che infonde speranza e lancia premonizioni allusive con il suo «suono che ricordava il canto delle sirene». Guglielmo e Carlito — compreso il Carlos del 2061 — lo incontrano più volte, rimanendone colpiti e affascinati. Non a caso, l’effigie di un delfino è impressa sul talismano donato a Guglielmo dalla veggente Donna Esmeralda in un villaggio di pescatori; la stessa immagine si troverà sulla tomba di un monaco navigatore, forse lo stesso Brandano, che dichiara di aver scoperto il paradiso.
Detentore di segreti arcani, il delfino stesso fa la spola tra i due mondi, aiutando i protagonisti nel passaggio tra la realtà terrena, fatta di delusioni e tradimenti, e l’insondabile universo dello spirito, la dimensione della pace. Il romanzo, scritto con passione e grande competenza, lascia un senso di sottile inquietudine, quasi una lieve foschia che diradandosi cede il posto alla speranza. Tutto ciò si riflette nelle sagge parole di Guglielmo a Carlito: «Il mio è uno strano viaggio che mescola presente e passato, antico e moderno, spirito e corpo, ma tutto è avvolto nel mistero. E non so quanto possa essere pericoloso… Non lo so».
Angela Patrono
(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 71, luglio 2013)
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