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A. XVIII, n. 205, nov. 2024
Lo studioso ribelle
e pioniere solitario
oltre l’accademico
di Federica Lento
DeriveApprodi ci racconta Bermani,
storico scomodo e acuto indagatore
Cesare Bermani è un pilastro della ricerca storica, sociale e antropologica del Novecento italiano. Autore di migliaia di scritti tra libri, articoli, testi e spettacoli, ma volontariamente lontano dal mondo accademico, è riconosciuto come il portavoce di un innovativo metodo di ricerca che trova le sue fondamenta nelle fonti popolari. Bermani è un investigatore della verità anche e soprattutto se scomoda; nella raccolta di testi a lui dedicati, dal titolo La libera ricerca di Cesare Bermani. Culture altre e mondo popolare nelle opere di un protagonista della storia militante (DeriveApprodi editore, pp. 192, € 16,00), si ripercorrono la sua vita, la sua carriera e si analizza il suo metodo di ricerca sociale. I saggi rappresentano il ricordo personale di studiosi che sono stati in contatto con lui e sono stati testimoni di un lavoro di analisi di documentazioni sulla lotta partigiana, sulle storie dei deportati in Germania durante il periodo nazista, sul canto proletario, sulle credenze riguardo la stregoneria abruzzese. Gli interventi che compongono il testo sono di Dante Bellamìo, Sergio Bologna, Calusca City Lights, Bruno Cartosio, Franco Castelli, Filippo Colombara, Giovanni Contini, Claudio Del Bello, Valerio Evangelisti, Mimmo Franzinelli, Clara Gallini, Adolfo Mignemi, Giuseppe Morandi, Laura Pariani, Santo Peli, Pier Paolo Poggio, Sandro Portelli, Annamaria Rivera, Karl Heinz Roth, Giangi Scendrate. Gli autori dei saggi hanno esplicitato il metodo di Bermani, che è commistione tra rigore e sregolatezza, quella che non vuole assoggettarsi a committenti e burocrazia. Un volume a più voci, dunque, che raccoglie testi prodotti per un precedente convegno su Bermani (“W Cesare! Cultura di classe, storia orale, cultura sociale”, San Giovanni in Croce, 6 ottobre 2011), cercando così di dare traccia, seppur in minima parte, della sua opera comprendente circa duemila titoli. Questo piccolo volume rappresenta un’utile guida per i giovani storici che non temono il fardello dell’indagine pura, per chi oggi voglia fare ricerca senza appiattirsi su sterili e rigidi modelli accademici.
Cultura popolare e metodo antiaccademico
Cesare Bermani è stato uno dei fondatori dell’Istituto “Ernesto De Martino” e uno dei promotori dell’Associazione italiana di storia orale, sezione dell’International oral history association. Nell’ambito di questo progetto, egli si è mosso tra il mondo delle tradizioni popolari e quello della vita di fabbrica, perfezionandosi nella raccolta di narrazioni orali a fini storici. È stato inoltre redattore e direttore delle riviste Il nuovo canzoniere italiano, Primo Maggio, Il de Martino, nonché collaboratore de I giorni cantati, L’impegno e Musica/Realtà.
Scrittore di testi teatrali insieme a Franco Coggiola in Ci ragiono e canto, con la regia di Dario Fo, Bermani ha poi collaborato con Gianni Bosio, uno dei più importanti storici del movimento operaio italiano. Caratteristica centrale della sua attività è l’attenzione per i personaggi scomodi, marginali, dimenticati, a partire dal breve saggio su Vita e morte di Giuseppe Rimola, militante della classe operaia, fino a figure di formidabile valenza intellettuale quali Ernesto de Martino o addirittura Antonio Gramsci. Il metodo di Bermani è sempre quello di operare uno scarto rispetto alla fredda letteratura accademica, avendo come obiettivo quello di scovare nelle zone d’ombra della società e della storia personaggi noti e, ancora di più, del tutto sconosciuti che si sono sottratti alle regole. «Scorrendo la bibliografia di Bermani si rimane colpiti dall’attenzione alla memoria delle persone e dei luoghi da parte di un ricercatore antiaccademico dalla curiosità insaziabile per ogni sorta di esperienza e comportamento umano» scrive Pier Paolo Poggio nell’Introduzione al saggio, a sottolineare uno sguardo antropologico che però non ha nulla di esclusivamente scientifico. A Cesare Bermani, infatti, interessa la cultura popolare nella sua dimensione sociale, come forma della lotta di classe.
Il ritratto di uno storico che si sporca le mani
A differenza di molti suoi colleghi, Cesare Bermani ha esteso il suo ventaglio di ricerca dimostrando di non essere soltanto uno «storico del movimento» come era ritenuto all’inizio degli anni Settanta. Mimmo Franzinelli ricorda di possedere ancora come cimelio giovanile i Dischi del Sole, etichetta discografica militante che ha pubblicato canzonieri popolari e album della canzone italiana dell’impegno politico e civile, con curatore proprio Bermani che, con mezzi rudimentali, ha sempre compiuto la ricerca storica sul campo. Cesare Bermani è ricordato da Franzinelli come «un buon maestro, pioniere nel campo della storia orale e della cultura popolare; le sue ricerche circa il patrimonio della musica folk rappresentano uno straordinario contributo conoscitivo». La sua attività con il Nuovo Canzoniere Italiano (che si rifà a un gruppo di artisti e studiosi i quali, a partire dal 1962 a Milano, fondarono una rivista e un gruppo musicale, sulla scia del gruppo torinese di Cantacronache con l’intento di ripercorrere la tradizione del canto sociale italiano) ha fatto sì che Bermani si muovesse per metropoli e città, armato di registratore e bobine, a raccogliere e ricomporre la storia del nostro paese attraverso i canti popolari. Nel suo ricordo personale Bruno Cartosio lo ha definito un «ricercatore di canto sociale, storico della Resistenza e organizzatore culturale, intellettuale anticonformista e interdisciplinare». Bermani, infatti, è consapevole che la dotazione di strumenti metodologici del ricercatore deve essere ampia e diversificata, poiché la realtà non può essere incasellata nelle categorie. Un eclettismo, il suo, esemplificato nel ricordo di Alessandro Portelli: partecipava al concorso di professore associato di Storia contemporanea e nello stesso tempo a quello di bidello nelle scuole elementari. Un uomo «fuori canale» che non è mai stato quello che ci si aspettava dovesse essere. Dante Bellamìo riporta una sua intervista a Bermani in cui lo storico confessa i propri sogni di bambino: «diventare un campione di sci e di tennis». Sportivo, dunque, come dimostrano le foto a corredo del testo, amante dello stare in mezzo alla gente per registrarne gli umori. Il segreto del suo mestiere, come sottolinea Sergio Bologna, era proprio la naturale disposizione verso l’altro, l’apertura, la curiosità che lo portava ad indagare, fuori dalla sua immensa biblioteca, per andare in mezzo alla gente e chiedere, chiedere, chiedere.
Federica Lento
(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 71, luglio 2013)
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi