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A. XVIII, n. 206, dic. 2024
Tre sorelle, tre caratteri diversi,
tre vite difficili: ritratti di donne
in un mondo a misura di uomini
di Emanuela Pugliese
Il femminile del Secondo dopoguerra
in un romanzo edito da Del Vecchio
«Capivano solo ora l’ultima frase di nonna Madeleine prima di morire: essere felici tutte e tre non significava essere felici a qualsiasi costo, significava essere felici di essere tutte e tre insieme, anche se dovevano essere infelici ciascuna per conto suo».
Siamo in Francia, alla fine della Seconda guerra mondiale, e quella che stiamo per raccontarvi è la storia di tre donne (le tre sorelle Brelan per l’esattezza), le cui vicende rappresentano molto bene la condizione femminile nella seconda metà del XX secolo. Stessi occhi grigi, stesso modo di vivere, stessa capacità di intendersi: ognuna con la propria personalità e il proprio carisma, queste fanciulle incarnano un tipo di figura femminile che fatica a conquistare il proprio ruolo all’interno della società in un difficile periodo storico, che va dalla piena crisi postbellica alla caduta del Muro di Berlino.
Marthe, Sabine e Judith sono le protagoniste del nuovo romanzo di François Vallejo − docente di Letteratura e già autore di numerosi romanzi, tradotti in diverse lingue europee e asiatiche −, Le sorelle Brelan (Del Vecchio editore, pp. 280, € 14,50), con la traduzione di Cristina Vezzaro.
Piccole donne del XX secolo
«Tre, erano tre e condividevano tre abitudini: intendersi con uno sguardo, tacere nello stesso istante e parlare tutte insieme. Divise, si sentivano perse, diventavano deboli. Se osavano prendere la parola, le sorelle Brelan lo facevano insieme. Senza più sentirsi, parlavano tre volte più forte, non avevano paura di nulla». L’incipit del romanzo non solo cattura subito la curiosità del lettore, ma lascia soprattutto intendere il carattere delle tre figure principali.
Rimaste orfane in seguito alla morte del padre, le sorelle Brelan, ancora adolescenti, riescono a sottrarsi alla tutela degli zii e a rimandare la data dell’udienza per il loro affidamento fino al giorno della maggiore età di Marthe, alla quale saranno assegnate Sabine e Judith.
A partire da questo momento, inizia una serie di difficoltà causate principalmente dalle cattive condizioni economiche in cui versano le ragazze e complicate da amori tortuosi e deludenti.
Nel libro di Vallejo sembra quasi di rileggere Piccole donne di Louisa May Alcott: il parallelismo è così forte che, in entrambi i romanzi, ritroviamo diverse figure femminili che si contraddistinguono per temperamento, forza e audacia. Esaminandole da vicino, vedremo che ognuna di loro ha una propria specificità e un elemento di sorpresa. Marthe, la sorella maggiore, che inizialmente si era dimostrata la più responsabile, manifesta la propria felicità nel momento in cui è costretta a vivere lontano da Sabine e Judith a causa di una lunga malattia. Durante la permanenza in ospedale, Marthe avrà modo di fare amicizia con altre ragazze e si chiederà se sia giusto o meno preferire di stare con loro piuttosto che con le sorelle. Ma, soprattutto, scoprirà un mondo fino a quel momento rimasto ignoto: il mondo maschile, cui era vietato avvicinarsi per «una questione di dignità», perché non sarebbe stato “decoroso” per nessuno dei due sessi vedere la decadenza dell’altro. Infatti, la separazione tra le due aree dell’edificio è netta: spazi strutturati e progettati in modo tale che nessuno possa sbirciare.
Più accondiscendente e diplomatica, Sabine è l’unica a scegliere la via del matrimonio e, quindi, a cedere alle convenzioni. A differenza delle sorelle, Sabine, che considera l’emancipazione femminile una vera utopia, non pensa di essere una “vittima” degli uomini; secondo lei, le donne “rivoluzionarie”, ossia quelle che si oppongono al dominio maschile, non hanno chiaro il concetto di potere. Anzi, il suo punto di vista è che «le donne ambiziose dovevano sottomettersi agli uomini facendo credere loro ancora a lungo di essere i padroni». Difatti, a ben vedere, sarà lei a risollevare le sorti dell’azienda del marito, in seguito al fallimento.
Infine c’è Judith, che è senza dubbio la Jo di Piccole donne: ribelle e rivoluzionaria, la sorella minore non accetta il modo di vivere di Marthe e Sabine, troppo deboli e incapaci di lottare. E per dimostrare alle altre che lei è diversa rifiuta di avere un lavoro alle dipendenze di un uomo e preferisce fare del volontariato, offrendo assistenza psicologica ai detenuti del carcere della città. Tuttavia, la sua determinazione avrà degli esiti negativi, in quanto la porterà tra le braccia di un uomo pericoloso e meschino, dal quale riuscirà a sottrarsi solo grazie all’aiuto delle sorelle.
Vi è anche una quarta figura, quella della nonna Madeleine: sempre presente con la sua tenerezza, costituisce un punto fermo nella vita delle ragazze, l’unica persona che può offrire soluzioni sicure ai loro problemi. Difatti, le ultime parole da lei pronunciate prima di morire – che ora non sveleremo per instillare nel lettore la curiosità di scoprirle – le aiuteranno a ritrovare lo slancio necessario per ritornare a vivere felici insieme.
Un romanzo ben congegnato
Le sorelle Brelan si presenta come un libro ponderato sia per lo stile di scrittura (con i dialoghi inseriti sapientemente all’interno della narrazione, fondendosi perfettamente con le parti descrittive ed espositive), sia per il realismo, e dunque la credibilità, con cui vengono presentati gli avvenimenti, nonché per l’omogeneità e la credibilità della struttura narrativa, che si mantiene coerente dall’inizio fino alla fine, chiudendo magistralmente il cerchio degli eventi: una storia in cui le protagoniste iniziano insieme la loro avventura e, dopo essersi separate, insieme la termineranno, con la consapevolezza di essere state e di essere ancora e per sempre le sorelle Brelan. «Non si sarebbero più lasciate. Restava loro da continuare; da vivere».
Emanuela Pugliese
(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 68, aprile 2013)