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A. XVIII, n. 205, nov. 2024
Il viaggio di un giovane
come tanti alla ricerca
del “proprio” futuro
e di un posto nel mondo
di Veronica Di Gregorio Zitella
Un debutto narrativo, tra voglia di fuga e desiderio del proprio spazio,
ricrea il romanzo di formazione in chiave moderna, da Zona editrice
L’esordio letterario del giovane palermitano Luigi Pio Carmina si presenta come un lungo percorso introspettivo e realistico. Il libro, in parte autobiografico, rappresenta lo stato d’animo di molti giovani della “generazione Duemila”, in bilico tra la volontà di cercare una propria identità e l’impossibilità di trovare un posto determinato e stabile in una società sempre più indifferente e che si mostra inadeguata a cogliere le spinte al rinnovamento. Il titolo allusivo dell’opera è Racconti hunderground (Zona editrice, pp. 146, € 15,00).
Scegliere di diventare adulti in una nuova realtà, liberi dalle convenzioni sociali
Il racconto è significativamente svolto in prima persona e il protagonista, Luigi, appare come alter ego dell’autore, studente universitario in una piccola città di provincia del Meridione, più esattamente della Sicilia: Canicattì. Già dalle prime pagine notiamo l’affanno e la grande crisi d’identità che colpiscono il ragazzo, il quale, dopo un’attenta valutazione e un bilancio della propria breve vita, decide che è arrivato il momento di andare via di casa. Lontano dalle mura familiari egli è convinto di poter finalmente trovare le risposte che cerca e di riuscire a comprendere meglio se stesso e il mondo: egli è infatti consapevole che, pur trovandosi in un luogo piccolo, quel microcosmo rappresenta lo specchio del mondo intero, con tutti i suoi misteri. Luigi non ha dubbi, è deciso sul luogo in cui stabilirsi: una stazione metropolitana. Si tratta, più precisamente, di quella del piccolo paese, descritta come “tipica” di un paese del Sud Italia. Realisticamente, quasi come fotografandola, ci presenta una stazione in cui non passano molti treni, tutt’altro, e di solito tra l’uno e l’altro intercorrono almeno quaranta minuti. Il ragazzo, ancor prima di trasferirsi, si pone domande di ordine pratico, e il flusso dei suoi pensieri si sposta così dall’interrogare se stesso al chiedersi, ad esempio, dove caricherà il vecchio lettore cd o dove laverà i suoi vestiti. Nonostante questi piccoli grandi dilemmi, armato di sacco a pelo, si dirige verso il luogo prescelto, ponendosi come obiettivo l’osservazione della “vita sotterranea” delle persone senza farsi ingannare dai comuni pregiudizi. Ecco allora che le avventure di Luigi diventano il percorso di formazione di un giovane verso la propria identità.
Nel frattempo, ci si sposta da un piano all’altro dell’immaginazione, poiché il protagonista scriverà egli stesso una storia, che costituisce una sorta di “racconto nel racconto”. Il personaggio che Luigi crea sotto i nostri occhi vivrà una situazione analoga alla sua, portandoci così a seguire entrambi: due viaggiatori, nel senso metaforico del termine, all’eterna ricerca di un senso da dare alla realtà.
Luigi, naturalmente, non si trova completamente solo e non è immerso in un silenzio ascetico nella stazione, anzi, intreccia vari rapporti con persone che diverranno determinanti per la sua crescita. Il primo di questi, e il più importante, è Riuk, il capostazione: il protagonista vuole aiutarlo a tutti i costi nel suo lavoro per sentirsi utile e per poter “alloggiare” nella stazione portando con sé meno sensi di colpa. Con Riuk il rapporto è solidale e affettuoso, e tra i due vi sono parecchi scambi di opinioni e consigli. Luigi, nonostante le amicizie che instaurerà, comincerà comunque a identificarsi con il luogo divenuto il proprio “porto sicuro”: «Parlo come se fossi io la stazione ormai». Infatti al centro della narrazione vi è il luogo, che si anima, ha una propria voce, un particolare carattere.
L’incontro con il femminile, invece, è burrascoso ma anche determinante per l’evoluzione psicologica del personaggio. L’entrata in scena di Cristina, in effetti, movimenta molto la trama. È una ragazza di appena diciannove anni, dalla personalità molto complessa e controversa, che decide, in maniera abbastanza repentina e forse discutibile, di stare con Luigi condividendo gioie e dolori della vita in un luogo che rimane pur sempre fuori dal comune e che porta con sé qualcosa di buio e sotterraneo. La grande scelta, dettata soprattutto, sembra, dall’impulsività, durerà poco, però, e terminerà non senza rimpianti e dolori, uno dei quali sarà tremendo.
La vita sotterranea è attraversata da concerti, vari incontri con persone stravaganti e dialoghi con i passanti più diversi. Un episodio, in particolare, porterà in tutta la storia un velo di tristezza e un senso di impotenza. Questo accadimento struggente si colloca quasi alla fine del libro e sconvolgerà la mente di Luigi, modificandone il destino. «L’inverno dilaga ma il mio inferno interiore non è da meno». Il finale sarà una vera sorpresa…
Comparse e protagonisti sulla scena della vita quotidiana
Il dialogo occupa una parte predominante nel libro, e ogni passante sembra avere una storia da raccontare, anche se non tutti si fermano a esporla. Dal modo di camminare, dall’espressione del viso, dall’abbigliamento, Luigi prova a immaginare la loro vita, seppur consapevole della futilità e dell’inganno dell’aspetto esteriore di ognuno di noi. Molti corrono via, travolti dalla frenesia della vita moderna. La drammaticità del racconto, soprattutto nella parte finale, traduce la metafora del viaggio introspettivo, che può avvenire anche stando fermi, nel buio di una stazione. Una sorta d’inferno moderno, dove appaiono in tutta la loro spettacolare veridicità le nostre paure ma anche le nostre gioie e, non ultima, l’eterna speranza di ritrovare se stessi nell’altro, controparte imprescindibile di un discorso interiore che non può concludersi solipsisticamente.
Veronica Di Gregorio Zitella
(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 66, febbraio 2013)
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi