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A. XVIII, n. 206, dic. 2024
Il coraggio
di un uomo
contro la mafia
di Valeria Vaccaro
Da Pellegrini le testimonianze
di chi ha conosciuto Musella,
eroe e vittima della mafia
Parlare di mafia non è mai così semplice. Non tanto per la paura di dire troppo o per il timore delle reazioni di un pubblico non interessato. La vera difficoltà è riscontrabile nelle stesse parole con cui certi fatti vengono raccontati.
Quando si parla di mafia, si ha a che fare con fatti di cronaca così complessi e orribili che le parole non sembrano mai adeguate. Non esiste un linguaggio abbastanza efficace che sensibilizzi più o meno i lettori; dunque, la forza di certi racconti non può che risiedere nei fatti stessi. Ecco, forse, il motivo per cui Salvatore Ulisse Di Palma ci propone ciò che di più diretto e lampante possa esserci: le testimonianze di quanti, quei fatti di cronaca, li hanno vissuti.
In Vittima di mafia, nome comune di persona (Pellegrini, pp. 142, € 16,00), Di Palma raccoglie le parole di chi, nella sua vita, ha avuto la fortuna di conoscere l’ingegnere Gennaro Musella, vittima di mafia.
La storia dell’ingegnere dal sorriso buono
Le pagine più toccanti sono, indubbiamente, quelle dedicate ad Adriana Musella, la figlia dell’ingegnere. Con le sue parole, Adriana ci dona sensazioni ed emozioni fortissime. Non solo ricorda con amore e devozione il suo amato padre, ma ci racconta anche di come non si sia mai arresa, di come abbia lottato perché la morte di suo padre non fosse dimenticata, perché non fosse stata vana. La sua lotta contro la mafia non si è mai fermata e l’ha portata, dopo ventisei anni, ad ottenere il riconoscimento di “vittima di mafia” per quel grande uomo che, con la sua vita, aveva imposto i suoi ideali di giustizia e lealtà.
Gennaro Musella era un ingegnere ed un imprenditore onesto, amato dai suoi dipendenti, oltre che dai suoi familiari e, in realtà, da tutto il paesello di Bagnara. Venne ucciso con un’autobomba il 3 maggio 1982 a Reggio Calabria. Pagò con la sua stessa vita il coraggio dimostrato nel denunciare il cartello imprenditorial-mafioso che intendeva condizionare la costruzione del porto di Bagnara Calabra, costruzione per cui l’ingegnere stesso aveva investito sogni e speranze.
Come si legge nelle prime pagine di questo libro: «Gli occhi del mafioso sono coperti da occhiali scuri, perché non osano guardare la luce; la sua fronte gocciola di sudore freddo anche sotto il sole cocente; il suo cammino è una fuga costante; la solitudine è la sua compagna». Vili e senza onore, si appropriano della vita altrui e ne fanno ciò che vogliono. Non esistono scrupoli e nemmeno redenzione per l’anima di queste persone, sempre che di anima si possa parlare nel loro caso. Il mafioso lotta contro il coraggio delle persone come Musella; mette a tacere ogni minimo segno di rivolta, ogni piccola dimostrazione di opposizione. Vive in eterna fuga da se stesso e dai proprio errori, non reputandoli però tali.
La ’ndrangheta negli anni Ottanta
Nelle pagine di questo libro possiamo ritrovare anche analisi ben più “tecniche”, relative all’assetto mafioso negli anni Ottanta. Si parla in particolare dell’alleanza tra mafia catanese e ’ndrangheta. Ciò che più risulta rilevante è quanto la ’ndrangheta si sia ispirata e affidata al modello strategico dei “cugini” catanesi: «allacciare rapporti con lo Stato attraverso la massoneria coperta».
Il che ci riporta ad una considerazione forse scontata ma che va ribadita a gran voce: «Il potere politico dovrebbe proteggere ecologicamente un territorio e invece lo abbandona alla morte chimica o alla speculazione selvaggia; [...] dovrebbe emarginare gli uomini corrotti, ignoranti, violenti e viceversa li manda talvolta in Parlamento e affida loro gli uffici ministeriali onnipotenti».
Non dimenticare
Ciò che Di Palma ci racconta è l’importanza della lotta come la fondamentale necessità del “non dimenticare”. Fu questo l’intento di Adriana Musella, dei dipendenti e dei cari amici dell’ingegnere, che, con le loro esperienze personali e i loro ricordi più intimi, ci permettono di scoprire e comprendere fino in fondo che bella persona fosse l’ingegnere Musella.
Sembra quasi di conoscerlo, Musella; citando la testimonianza di Domenico Nunnari, «ciò accade quando parli e ricordi un uomo buono. Sembra che una sintonia d’intenti abbatta e superi i muri del silenzio e della morte e, nel ricordo, in quest’insieme di immagini e suoni che riponi nel cuore, trovi la chiave che ti avvicina e ti fa sentire vivo colui che non c’è più».
La magia di queste pagine è proprio qui: la vita di un eroe come Musella, i suoi ideali, il suo coraggio ci fanno sentire parte di qualcosa di comune. È la voglia di giustizia che, improvvisamente, possiamo scoprire più viva che mai dentro di noi. Non è detto che ogni cittadino debba fare l’eroe o che lo debba diventare suo malgrado. Quel che invece dovrebbe essere scontato e necessario per ciascuno è il sentirsi in dovere di parlare, di smuovere le coscienze, di informare.
Non c’è nulla di più forte di un fatto realmente accaduto per far comprendere all’essere umano la gravità e l’importanza di un concetto. Che la lotta alla mafia sia una questione che ci riguarda tutti, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, è una consapevolezza che molti ancora non hanno, purtroppo.
Leggete questo libro e consigliatelo; scoprite la vita di un eroe, uno dei tanti… una persona comune che con il suo cuore senza macchia ha saputo camminare a testa alta e non si è piegato innanzi al vile potere mafioso.
Fate la vostra parte per non dimenticare.
Valeria Vaccaro
(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 63, novembre 2012)