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Anno VI, n. 61, settembre 2012
La figura di Nerone
e la verità storica
dietro la leggenda
di Alessandra Prospero
Da Rubbettino uno studio sui Cesari
che va oltre i consueti luoghi comuni
Un libro che finalmente riesce a sfatare la leggendaria icona dell’imperatore con la lira in mano che assiste dal punto più alto del Palatino e, non senza sadico compiacimento, al grande incendio che nel 64 d.C. distrusse Roma. Un ben noto autore che, con la propria maestria, ci fa rivivere un importante periodo della storia romana. L’imperatore dal quale deriva il titolo del libro, altro non fu che degno figlio del proprio tempo, né più crudele, né più folle degli altri tiranni dell’epoca, come scrive l’autore: «non fu più mostro dei predecessori e dei successori. Fu solo più sfortunato». Un personaggio storico affascinante e controverso, assolutamente protagonista sia nel bene sia nel male in Nerone di Roberto Gervaso (Rubbettino, pp. 210, € 16,00).
L’imperatore
Lucio Domizio Enobarbo, che passerà poi alla storia come Nerone, fu il quinto ed ultimo imperatore della dinastia giulio-claudia. Governò per quattordici anni, cinque dei quali illuminati dalla saggezza di Seneca, che ne fu mentore e consigliere. Di questo sovrano viene tramandata un’immagine dispotica, di folle e di crudele assassino, sicuramente anche a causa della sua vicinanza alla plebe (che lo rese inviso alla classe aristocratica) e dei ritratti poco indulgenti che ne fecero Tacito e Svetonio. Il suo nome è inoltre legato indissolubilmente al grande incendio di Roma, di cui venne anche accusato: la verità storica e Roberto Gervaso ci riferiscono invece di un imperatore vittima egli stesso della disgrazia «avendo le fiamme investito anche il suo palazzo, da cui cercò con scarsa fortuna di salvare il salvabile» e partecipe in prima persona dei primi sopralluoghi e dei primi soccorsi. Non solo, offrì generosamente i propri giardini sul Pantheon per accogliere i bisognosi nelle tendopoli all’uopo erette e distribuì gratuitamente viveri e vestiario. Dunque un imperatore anche molto prodigo nei confronti dei propri sudditi. Dove hanno origine allora il mito e l’icona del sanguinario tiranno?
L’uomo
L’Enobarbo in realtà possedeva un’indole creativa malauguratamente prestata dalla madre Agrippina alla politica, visto che impose al figlio di regnare, attività poco congeniale a un artista, un esteta, da sempre affascinato dal mondo ellenico e dalla sua cultura. Nerone amava la musica e le arti ludiche, in particolar modo gli spettacoli per cui aveva fatto allestire un Circo e in cui egli stesso a volte si esibiva.
Aveva l’animo sensibile e volubile dell’artista, non privo di fragilità e zone d’ombra che gli fecero mutare sentimenti verso innumerevoli persone e che (sobillato dal sinistro Tigellino che ne prenderà il posto) lo portarono ad allontanarsi in maniera definitiva dal saggio precettore e consigliere Seneca. Indubbiamente non era esente anche da un egoismo di fondo e da una vanità eccessiva, che spesso guidavano le sue scelte e ridefinivano grottescamente la scala gerarchica delle priorità.
I crimini veri o presunti di un imperatore controverso
Lo storico francese Joseph-Ernest Renan prova a spiegare l’origine del mito negativo di Nerone: «Per far di lui un mostro senz’eguali nella storia e di cui si trova riscontro solo negli annali patologici nel crimine, occorrevano però circostanze particolari. La scuola di delitti in cui era cresciuto, l’esecrabile influenza della madre, l’obbligo che questa abominevole donna quasi gli impose di esordire nella vita con un parricidio, gli fecero ben presto concepire il mondo come un’orribile commedia, di cui egli era il principale attore».
Nerone si macchiò di molti crimini. Primo e più eclatante tra tutti, il matricidio: pose fine alla vita della donna che lo aveva partorito e aveva tramato per anni per poter, tramite lui, governare il mondo fino a tramare anche contro di lui. Fece uccidere anche il fratellastro e la moglie, il primo per opportunità politica, la seconda per convenienza sentimentale (Nerone aveva bisogno di un espediente che lo rendesse libero di vivere il proprio ardore per Poppea). Negli ultimi anni della sua breve esistenza, poiché era divenuto estremamente diffidente e sospettoso, stroncò in maniera sanguinosa vere o presunte cospirazioni, arrivando a dubitare persino degli amici e dei seguaci. Esemplificative le ultime parole che il tribuno Subrio Flavio gli rivolse durante il supplizio: «Ti odiavo, eppure nessun soldato ti fu più fedele di me, finché meritasti di essere amato. Presi a odiarti dopo che uccidesti tua madre e tua moglie e diventasti auriga, istrione, incendiario».
Uno punto di vista originale sulla storia di Nerone
Dobbiamo dunque concludere ritenendo Nerone figlio del proprio tempo, eccessivo, sanguinario e onnipotente, come sono stati tutti gli imperatori romani, quasi nessuno escluso. Anzi dobbiamo aggiungere che a Nerone furono fortunatamente aliene: «la malvagità di Domiziano e le stravaganze di Caligola», temibile predecessore dell’Enobarbo. I crimini vanno considerati in quanto tali e Roberto Gervaso non ne fa assolutamente un’apologia ma cerca di ristabilire la verità storica anche in paragone agli altri imperatori romani che, per quanto sanguinari, non hanno avuto una tale fama e un tale esecrabile primato. Senza dubbio la leggenda di questo imperatore fu alimentata dai misfatti, dalle rappresaglie, ma anche dalle circostanze misteriose in cui morì (o meglio si suicidò) lasciando ai posteri una figura mitica. Nonostante la storia ristabilisca vizi ma anche virtù di Nerone, il millenario processo a cui il suo nome viene sottoposto serve ad alimentare ulteriormente la leggenda.
Alessandra Prospero
(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 61, settembre 2012)
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