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A. XVIII, n. 206, dic. 2024
Un intenso viaggio nel tempo
tra avventura e colpi di scena
di Margherita Ganeri
Per Aracne editrice, Antonio Maria Gosetti unisce reale e fantastico
in un thriller che dà vita ad un avvincente twilight meditativo
Antonio Maria Gosetti, nel suo primo romanzo, racconta un’impresa al limite dell’assurdo e dà vita ad un intreccio narrativo poliprospettico con in cui mette sotto accusa il potere in una storia ricca di suspense e dai risvolti inaspettati.
Good God Bad God (Aracne editrice, pp. 344, € 19,00) è il titolo che l’autore ha scelto per il suo esordio letterario: nel romanzo, la vita del protagonista Mark viene turbata dall’arrivo di due suoi ex colleghi che gli proporranno una missione da compiere: rubare una macchina del tempo per sovvertire le sorti dell’umanità e annientare definitivamente i nemici, gli “Imperiali”.
Di seguito vi invitiamo alla lettura della Prefazione al testo, a firma di Margherita Ganeri, che sottolinea le preziose scelte stilistiche e i richiami letterari che arricchiscono questo avventuroso romanzo tra thriller e fantascientifico.
La redazione
Prefazione
La quarta dimensione della scrittura
Anticipato da un titolo enigmatico, che non appare mai, neppure alla fine, esplicativo, il primo romanzo di Antonio Maria Gosetti è costruito secondo un’architettura stratificata e complessa.
I livelli sono almeno tre: una cornice, il racconto vero e proprio e un paratesto che offre al lettore, in appendice, stimolanti chiavi ermeneutiche. L’insieme si inscrive in una trama particolarmente ricca, piena di digressioni, animata nello svolgimento, sorprendente nella strutturazione. Il risultato è un vasto affresco fantastico e fantascientifico, che mette insieme echi disparati della tradizione non solo letteraria occidentale, ispirandosi principalmente al modello classico del romanzo di avventura e al tópos del viaggio nel tempo. L’intreccio narrativo si prospetta non solo particolarmente ampio, ma anche poliprospettico, perché la pluralità dei livelli metaforici cui rimandano episodi, personaggi o momenti specifici della trama d’azione è tesa all’irradiazione di prospettive di senso metatestuali, di tipo esistenziale, morale, metafisico, come se la scrittura prendesse la forma di un prisma.
Il paradigma del viaggio fantastico, in letteratura, è sempre, o quasi sempre, allegorico: rimanda spesso al presente in forma traslata e allusiva. Per questo l’opera di Gosetti piacerebbe molto agli accademici angloamericani, che lo includerebbero senz’altro nel filone del romanzo storico postmoderno. Che un racconto di avventure nello spazio e nel tempo possa coincidere con un romanzo storico potrebbe apparire a molti idea bizzarra, e difficilmente i non addetti ai lavori crederebbero che essa abbia invece preso piede tra i critici di professione di ambito anglofono. Il romanzo di Gosetti, tuttavia, sembrerebbe confermarla, perché uno dei suoi temi cardine è la Storia, quella attuale e contemporanea, ovviamente, in particolare. La complicità, la colpa, l’aggressione attiva e passiva sono temi molto indagati nella letteratura del Novecento. Basti pensare alla letteratura di testimonianza legata agli orrori della Seconda guerra mondiale o alla vasta produzione del giallo e del noir contemporanei. Autori come Primo Levi o come Pier Paolo Pasolini, fra gli altri, hanno dedicato ampio spazio a una riflessione sul potere come scaturigine del male. In questo libro proprio il potere viene messo sopra ogni altra cosa sotto accusa, attraverso una riflessione sulla violenza e sulla prevaricazione operate dagli «Imperi» colonizzatori e, più in generale, da uomini nei confronti di altri uomini e dal genere umano nei confronti degli animali. Il grande impero che troneggia nel romanzo non ha una precisa connotazione politica, geografica o storica, ma è tratteggiato con palesi riferimenti, peraltro molto critici, agli attuali Stati Uniti, o prima ancora alle potenze imperiali europee, tra cui spicca, forse, quella inglese.
In effetti, il libro evoca la sensazione di una circolante marca culturale angloamericana, che sembra imporsi sui tanti altri echi, pur molto numerosi, provenienti da altre culture, letterarie e non. Un riferimento fondamentale è Joseph Rudyard Kipling, il cui celebre testo poetico intitolato If… viene frantumato in modo che ogni verso coincida con uno dei titoli frastici interni alle quattro parti in cui è diviso il romanzo.
Il poliprospettivismo è anche geografico-culturale. La collocazione della cornice non è in Italia, ma nell’isola di Cozumel, sulla costa orientale dello Yucatan, dove un padre si è recato in vacanza con un figlio adolescente. I due turisti, che soggiornano in un albergo elegante, vivono il loro viaggio come una sorta di rituale passaggio di iniziazione, in cui il padre sembra voler trasmettere al figlio che sta per diventare adulto degli insegnamenti universali sul senso della storia, della vita e della morte. Il romanzo vero e proprio coincide perciò con la storia inventata e raccontata dal padre secondo una continua deformazione spazio-temporale. Sono molti i luoghi fisici, tra l’Australia e la Scozia, e i salti storici, dal primo secolo dopo l’anno mille ai secoli quindicesimo e diciassettesimo, a molti altri tempi e spazi, che i protagonisti raggiungono o progettano di raggiungere.
Il loro complesso percorso spazio-temporale ripercorre di fatto la lunga storia del dominio occidentale, soprattutto le guerre di colonizzazione, e ne prefigura il declino. L’Organizzazione, anch’essa referente attuale, si muove in programmi terroristici di attacco alle banche, in un quadro in cui la scienza vuole sovvertire il potere, lottando contro i limiti del tempo, per programmare poi, alla fine, una sorta di viaggio di salvazione dell’uomo dal marciume violento e barbarico del «grande Impero», come atto di difesa dei vinti e dei violati.
Il racconto richiama anche fonti filmiche e televisive, in perfetta linea con il romanzo postmoderno. A tratti l’ambientazione sembra evocare Avatar, per esempio, o Star Wars o più in generale la filmografia fantascientifica di produzione statunitense. Come quelli di questo filone filmico, anche qui i personaggi sono piatti, per dirla in gergo critico: sono dei tipi simili a quelli dei cartoon o dei film d’azione; sono degli eroi positivi, anche se spesso cinici. Il modello dominante è quello del giustiziere. Mark, che è forse da considerare il principale protagonista, è una sorta di idealista romantico, deluso dal presente e dalla modernità. Amante della natura e degli animali, si ritira a vivere da solitario sulla costa greca, dopo anni di lavoro nell’Organizzazione, fino a quando non si lascia convincere a partecipare all’ultima missione voluta dalla stessa, che lo porterà indietro nel tempo, fino all’inaspettato ma ben preparato scioglimento finale.
Un altro referente pur non esplicito potrebbe essere la narrativa di Philip Kindred Dick, i cui amanti apprezzerebbero questo romanzo come versione addomesticata, meno surreale e psicotica, dei temi dickiani.
Sta proprio nell’essere refrattario sia a una dimensione inquietante e angosciante, sia a una dimensione comica o grottesca la specificità della scrittura di Gosetti. La sua è una cadenza matura, pacata, equilibrata, che fa da contrappeso e da contrappasso alla complessità fantastica della trama, molto ben congegnata anche sotto il profilo dei riferimenti scientifici. Il ritmo narrativo è anch’esso rassicurante per il lettore, quasi si trattasse di una fiaba. Tale effetto è dovuto insieme alla scrittura calma e riflessiva e alla funzione pacificante ottenuta dalla cornice. Il lettore ricorda sempre che il racconto risponde alle parole di un padre amorevole, preoccupato non solo di piacere al figlio e di educarlo con valori morali, ma anche di non riuscirvi. Grazie a questa figura di narratore interno l’effetto catartico è raggiunto già in partenza. Il padre contemporaneo, infatti, con le sue fragilità, le sue noie da civiltà del benessere e il suo senso di inadeguatezza sempre in agguato, permette al lettore una specifica modalità del transfert di lettura: questa figura autorizza a godere del dipanarsi energetico della trama, a gustare gli evocativi echi visuali che essa irradia, nel diletto di una ricorrente sensazione di déjà-vu, sapendo fin dall’inizio che il racconto è tale e che le avventure volgeranno in ogni caso al bene. E perciò, pur mancando un tradizionale lieto fine, l’effetto consolatorio è raggiunto ugualmente, perché il piacere della lettura si prospetta come riscatto difensivo contro un presente cupo.
L’immaginazione narrativa è qui lotta contro un tempo opprimente e oppressivo, malato e oscuro. Essa coincide con la fiducia in un’alternativa, che non viene meno perché si riverbera in un immaginario di ampio respiro, nel quale confluiscono saperi, fascinazioni, fantasie, in un coro variegato e polifonico di registri e frames. In questo senso, la nave capace di solcare il tempo rappresenta una missione di vita e di giustizia contro il lato ottuso e degradato della storia; uno strumento di ribellione e di resistenza in nome della dignità dell’uomo e della responsabilità verso se stesso e verso il mondo.
Margherita Ganeri
(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 61, settembre 2012)