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Anno II, n° 5 - Gennaio 2008
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Civiltà letteraria (a cura di Anna Guglielmi) . Anno II, n° 5 - Gennaio 2008

Zoom immagine L’amore verso i leali “amici” dei grandi pensatori
di Roberta Santoro
Un testo Rubbettino affronta il rapporto fra uomo e animali: dai Greci
all’Ottocento, passando per Moro, fino alle associazioni in loro difesa


Si cade sempre un po’ nel banale quando si affrontano argomenti importanti e doverosi come la salvaguardia e l’affetto verso gli animali. Si è soliti elargire ingombranti parole che possano sortire un effetto di commiserazione da parte dei lettori, ma non si è mai effettivamente delicati e convinti delle parole che si utilizzano.

Il filo di Arianna che guida un libro che questo mese vogliamo proporvi è certamente l’amore; parola della quale si è sempre fatto abuso, ma che ci pare particolarmente adatta, considerando Le orme dell’amore. Il rispetto degli animali nei grandi pensatori di Marina Lessona Fasano, (Rubbettino, pp. 196, € 14,00), giornalista pubblicista, che con tale libro vuole realizzare «un atto d’amore per gli animali» e che intende dare voce a chi nel corso del tempo si è interessato ai problemi che riguardano da vicino questi esseri indifesi. Infatti i volti ai quali la Fasano dà voce non sono per niente sconosciuti, anzi, sono i classici nomi che ci ritroviamo a dover obbligatoriamente studiare fin dai banchi di scuola, solo che lei ci permette di vederli sotto un’ottica nuova, diversa, quella di amanti degli animali.

 

Esempi d’amore

Il lavoro che la Fasano attua in questo libro è un vero e proprio excursus storico. Si parte ovviamente dalle origini per arrivare ai tempi moderni.

Indubbiamente nessuna epoca ha impiegato tutte le sue energie per occuparsi dei problemi riguardanti gli animali, ma l’impegno e la dedizione sono stati discontinui e non sempre presenti nel corso del tempo.

In popoli come gli Egiziani, gli Indiani e i Greci − a detta dell’autrice − la convivenza fra uomo e animale è stata migliore rispetto a quella che poi avrebbe caratterizzato le epoche successive: gli animali, presso queste civiltà venivano quasi guardati con devozione, gli si riconoscevano importanti diritti e ne veniva bandito qualsiasi tipo di sacrificio. Ci permettiamo di annotare però che presso l’antica Grecia in realtà si era soliti svolgere sacrifici animali per ingraziarsi gli dei. Vita un po’ più difficile la ebbero certamente dal IV secolo d.C. quando venne riconosciuta la differenza netta fra l’uomo e l’animale, nel tempo in cui l’uomo si collocò al di sopra di tutto e di tutti e diventò egli il padrone indiscusso della Terra.

Scendendo nel particolare l’autrice ci fa conoscere le singole posizioni a riguardo. E possiamo così scoprire che Pitagora tenne in grande considerazione il mondo animale tanto da imporre regole rigorose anche all’interno della sua scuola, certo, un po’ dovute al culto religioso e alla credenza nella metempsicosi, ma anche imposte per l’animale stesso in quanto essere vivente. Pitagora disapprovava fortemente l’uccisione di animali e non tollerava che la carne di questi venisse mangiata. 

Spostandoci più avanti nel tempo troviamo Leonardo da Vinci, il quale ha parole semplici ed essenziali nei confronti di questi esseri viventi con cenni anche di grande indulgenza e affetto. Il loro modo di interagire, il loro “discorso” come lo definisce lo scienziato è certamente più ridotto, ma proprio per questo è sincero e affidabile. E ancora un po’ più in là nel tempo possiamo vedere come Tommaso Moro ed Erasmo da Rotterdam furono dei grandi estimatori del genere animale. In particolare Erasmo si dimostrò decisamente generoso e benevolo verso questo, andando oltre i pregiudizi dell’epoca, che vedeva gli animali soltanto come servi dell’uomo, costretti alle fatiche e obbligati unicamente alla schiavitù senza alcun cenno di benevolenza.

 

L’acerrimo nemico

Non tutti, fra i personaggi storici e gli intellettuali, possono definirsi amanti degli animali e la nostra autrice non tralascia neanche queste voci fuori dal coro, che pur sempre si preoccupa di smentire. René Descartes, più comunemente conosciuto come Cartesio, non aveva una grande passione per gli animali. Certo, non a tal punto da attuare sevizie nei loro confronti, ma il suo disappunto è più che altro rivolto all’intelligenza di questi, poco adeguata per Descartes a eguagliare quella dell’uomo e inadatta per alcuni processi che nell’uomo sono considerati come naturali. Punto cardine, infatti, nella sua arringa contro gli animali è il pensiero, del tutto assente nel loro cervello e arma preziosa per riuscire ad identificare e riconoscere l’essere umano.

Egli ammette che gli animali possono provare gioia o dolore, ma di queste sensazioni non ne hanno coscienza. L’uomo per Cartesio è un essere speciale, non specifico, non appartiene affatto al mondo animale, ma si colloca in una posizione privilegiata e suprema rispetto a questo. Non si sono certo fatte aspettare espressioni che andavano a smentire le teorie di Cartesio e che trovarono man forte soprattutto fra i contemporanei. Come emblema di queste voci troviamo un altro filosofo francese, Pierre Bayle, che si pone in netta opposizione rispetto a Cartesio; le sue testuali parole a riguardo ci fanno capire come gli insegnamenti di Cartesio non possano essere presi incondizionatamente: «l’anima delle bestie non ha peccato, tuttavia è soggetta al dolore e alla miseria, sottoposta a tutti i desideri sregolati della creatura che ha peccato».

 

Una sguardo storico

Volendo fare una panoramica globale, non per generalizzare, ma per renderci conto del sentimento rivolto agli animali che ha caratterizzato una particolare epoca, potremmo guardare all’Ottocento come ad un’epoca che ha offerto nuovi propositi e nuove speranze che si sono andate a condensare in difesa degli animali. Vi è stato uno slancio affettivo che non può di certo passare in sordina. Le sevizie nei confronti degli animali, durante questo secolo, vennero giudicate come crimini e i torturatori giustamente puniti. Vennero proibiti i combattimenti fra animali, sorsero in tutta Europa società attente alla tutela animale. Finalmente questi esseri poterono così riscattarsi dalla condizione di umili servitori e gli stessi amanti degli animali non dovettero nascondersi, non furono obbligati a giustificare il loro affetto nei confronti di questi, che troppo spesso fu giudicato inappropriato in base a stupidi pregiudizi.

Sembra però che questa nuova coscienza rivelatrice non abbia avuto una lunga vita, non si sia perpetuata nel tempo. Nel Novecento, infatti, i buoni propositi che avevano caratterizzato il secolo precedente vennero un po’ meno, si perdettero, si fecero spazio altri ideali, per lo più ignobili, sanguinari.

E oggi? A che punto ci troviamo con la difesa degli animali? I propositi sono certamente dei più alti, ma anche grazie all’attivismo delle associazioni animaliste si è mosso qualcosa. Si può infatti registrare un forte affetto, un forte legame che ha rafforzato il rapporto fra uomo e animale rispetto a quello fra uomo e uomo, permettendo a molti esseri umani di ritrovare la fiducia e la lealtà che troppo di frequente ha cercato invano negli altri uomini.

In conclusione ci sia consentita qualche riflessione (parzialmente) critica. L’autrice talvolta pare scagliarsi un po’ troppo contro l’uomo, condannandolo anche aprioristicamente, senza guardare oltre i suoi gesti, senza rendersi conto che magari dietro l’uccisione di una vita animale vi è il salvataggio di migliaia di vite umane. E volendo seguire una linea sofistica, si potrebbe dire che il fine giustifica i mezzi! Non ci pare di essere cinici affermando ciò, ma a volte è proprio così… Da qui si apre, però, un altro problema: quello dei controlli. Non si può certamente accettare la situazione attuale ove i (pochi) controlli sono affidati (quasi) esclusivamente a quei medesimi centri di ricerca che utilizzano gli animali stessi per esperimenti non sempre necessari... Si tratta di un problema che poniamo con la massima forza anche se ci rendiamo conto che non è questa la sede forse più adatta per risolverlo....

 

Roberta Santoro

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 5, gennaio 2008)

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