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Letteratura contemporanea (a cura di Francesco Mattia Arcuri) . Anno VI, n. 59, luglio 2012

Zoom immagine Un rebus da risolvere per Emma
protagonista di un antico mistero
in una ghost story tutta italiana

di Sara Meddi
Da Corbo editore un denso romanzo
come i migliori classici ottocenteschi


È sempre piacevole tornare alle classiche ghost story, quelle dalle atmosfere gotiche, tipiche della letteratura horror inaugurata dagli scrittori ottocenteschi. Della letteratura dell’orrore ci interessa in particolare quella narrativa che, facendo leva sulla mutevolezza della percezione del reale, indaga l’invasione dell’irrazionale nella vita quotidiana e i risultati destabilizzanti, violenti e drammatici che ne scaturiscono. Qui il tema del fantasma, o meglio dell’entità inquieta, tanto caro appunto più ai romanzieri dell’Ottocento che agli scrittori contemporanei, si innesta con un altro tema cardine dell’horror, quello della casa posseduta. La casa, simbolo archetipico della sicurezza e della protezione, si ribalta in un luogo animato da un’identità e da una volontà propria, come estensione della malvagità delle creature che la abitano. Lo sviluppo di questi due temi conduttori della paura, quello dell’oltretomba e quello delle abitazioni maledette, ha portato ad alcune delle opere più riuscite della letteratura dell’orrore e del paranormale, da La caduta della casa degli Usher di Edgar Allan Poe, a Il giro di vite di Henry James, fino all’esempio più considerevole della letteratura contemporanea, ovvero Shining di Stephen King.

 

Una ghost story italiana

In Voci dal silenzio (Corbo editore, pp. 126, € 9,50) Nuela Celli costruisce una ghost story dalle ambientazioni tutte nostrane, cosa davvero apprezzabile per tutti quelli hanno sempre stentato a capire perché i fantasmi dovessero preferire le case del Maine e la campagna inglese alle molto dignitose dimore storiche italiane. Tutti quelli che hanno una predisposizione per la letteratura del paranormale troveranno dunque divertente poter passeggiare per le strade di Grottammare cercando di trovare una collocazione alla casa della famiglia Domizi.

La trama prende il via, come nelle migliori storie del genere, dal ritrovamento di un oggetto. Emma si trova in possesso di un ciondolo la cui pietra era un tempo parte di uno scrigno portagioie. Il ciondolo diventerà progressivamente sempre più un elemento catalizzatore del manifestarsi di spiriti inquieti. Spinta dalla necessità di trovare una spiegazione ai fenomeni che la perseguitano, Emma inizia un’indagine sull’origine della pietra e dello scrigno da cui proveniva. La sua curiosità la porta da Bologna a Grottammare, dove, con l’aiuto di Lisa, storica del luogo, si addentrerà nelle vicende paranormali che hanno coinvolto Elvira Domizi, donna di ricca famiglia vissuta tra la metà e la fine dell’Ottocento. La trama si snoda tra le indagini negli amori e nelle pratiche esoteriche di Elvira e il manifestarsi sempre più violento e incalzante delle entità legate allo scrigno. Sui dettagli non ci dilunghiamo oltre per non rovinare il piacere di chi vorrà leggere il romanzo.

 

Uno spavento sospeso

Buone le premesse da cui prende avvio il romanzo, sia per l’intenzione di ricreare in un’atmosfera italiana e contemporanea una storia dal sapore gotico, sia perché l’autrice sembra avere una certa dimestichezza con la materia del paranormale. Alcune intuizioni rimangono molto felici. Prima tra tutte quella di usare un carteggio ritrovato per ricavare le informazioni sul passato della donna, un espediente dei più classici ma che fornisce comunque una profondità storica alla vicenda. Altra buona intuizione è quella dell’amore perduto: qui ci sarebbe piaciuto sapere di più, capire chi era davvero questa donna, e affondare di più le mani nella follia che l’ha fatta sprofondare nell’esoterismo, in quelle pratiche che le sono sfuggite di mano. Come e perché è accaduto questo? Indagare più a fondo avrebbe dato maggiore spessore alla vicenda. Le entità dannate che fanno da contorno a Elvira sono personaggi di secondo piano tratteggiati in modo interessante, ma talvolta non pienamente sfruttati. La scrittura è densa di descrizioni di stati d’animo, come la paura, l’inquietudine, l’angoscia o il ribrezzo. Tali sentimenti non sono indotti nel lettore facendo leva sul suo inconscio, ma semplicemente esplicitati e “affermati”.

Andando verso il finale è buona l’idea di introdurre il personaggio della medium. Una figura anche questa molto classica, quella dell’esperto di forze demoniache, che però non dispiace affatto e che richiama con piacere i film horror degli ’70 e ’80.

 

Sara Meddi

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 59, luglio 2012)

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