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Anno II, n° 5 - Gennaio 2008
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Letteratura contemporanea (a cura di Maria Franzè) . Anno II, n° 5 - Gennaio 2008

Zoom immagine Dalla mitologia greca al XX secolo
risplende il personaggio di Elettra,
musa eterna da Sofocle a Freud

di Alessandro Tacconi
La Nuova editoriale Bios ha pubblicato
l’opera teatrale musicata da Strauss


Elettra colei che amò in modo folle e dissennato. Che follemente visse e vendicò il padre amato. Elettra che della follia vestì le proprie fattezze e la propria mente. Elettra che si fece ammaliare dalla dolorosa sofferenza. Elettra, personaggio della mitologia greca, ha ispirato l’omonimo dramma teatrale di Hugo von Hofmannsthal, che la Nuova editoriale Bios (pp. 160, € 12,39) propone nella prestigiosa traduzione di Italo e Francesco Maione con testo a fronte. Il dramma fu successivamente adattato come libretto per Richard Strauss, che lo musicò e rappresentò il 25 gennaio 1909. Il sodalizio tra lo scrittore e il musicista sarà addirittura ventennale, numerose le opere che questi due geni realizzeranno insieme.

Elettra era figlia di Agamennone e Clitennestra, sorella di Oreste, Crisotemi e Ifigenia. Morto Agamennone, per mano di Egisto istigato da Clitennestra, Elettra suscita nel fratello Oreste sentimenti di vendetta. Pilade, figlio di una sorella di Agamennone, Anassibia, segue il cugino Oreste a Tebe per compiere l’assassinio. Elettra, nel mito, in seguito sposerà Pilade. Questa in sintesi la vicenda legata a Elettra, ben altro e più complesso il fascino di questa figura controversa.

Elettra, dicevamo, è donna complessa, inquietante e al contempo molto affascinante. L’amore per il padre la spinge al limite del delirio. In psicanalisi il complesso di Elettra equivale al complesso di Edipo al femminile: la donna ama il padre ed è gelosa della madre.

 

Elettra e il nero dell’anima contemporanea

Leggere oggi questo dramma di Hofmannsthal, rilettura dell’omonima e celebre tragedia sofoclea, significa stupirsene per la gravosa attualità. Il can can massmediatico pare abbia appreso alla lettera quale genere di notizie sia meglio trattare, sminuzzare e offrire in dosi sovrabbondanti al pubblico.

Questo dramma, ci sembra, narra dell’anima nera della nostra quotidianità, del piacere perverso che proviamo nel leggere certe notizie scabrosamente tragiche, ascoltandone i dettagli su canali televisivi più o meno privati. Il sottile e perverso piacere del dare la notizia di un atto criminoso, in cui la cura dei particolari non è certo sinonimo di professionalità, ma di favoreggiamento di pulsioni morbose.

Il mito di Elettra, nelle mani dello scrittore e drammaturgo austriaco, all’inizio del XX secolo, si carica di significati psicanalitici (Freud aveva da poco dato alle stampe il suo celebre Interpretazione dei sogni) e viene depotenziato dell’apparato mitologico ellenico.

Questo dramma ci racconta, a un secolo dalla sua composizione, la nostra quotidianità: la sovraesposizione di tendenze e impulsi che sarebbe meglio tenere celati, perché non inneschino focolai eccessivamente dannosi. Fare luce, portare il germe della pruderie curiosa in luoghi abitualmente “oscuri” non è sempre un bene, soprattutto quando sono i mezzi d’informazione di massa a farne un uso così tanto dissennato.

 

Elettra è il nostro folle oggi

La tendenza ad alimentare con morbosa attenzione sentimenti quali odio, rancore, gioia del dare la morte, senso di vendetta, godimento nel creare sofferenza dove sta portando la nostra società?

Elettra ci informa di un’altra triste e nota verità: il passato è tale proprio perché contiene già ciò che sarà. Il passato conosce in anticipo ogni evento futuro!

All’orrore ci si abitua, sembra avvertirci Elettra, e velocemente; anzi ci troviamo a pretenderne sempre di nuovi e di più stupefacenti di orrori. Ecco perché la lettura di una storia simile fa riflettere su quanto il nero quotidiano sia un colore che si riflette proprio nella nostra anima.

L’atto di strabuzzare gli occhi di Elettra, poco prima di dare la morte, è più una maschera che un segno di reale sofferenza, o nel minore dei mali, empatico godimento con la vittima di turno. Amiamo dare la morte? Creiamo sofferenza all’ambiente in cui viviamo, ci costringiamo a lavori che non ci rendono felici, non siamo minimamente intenzionati a perseguire verità più nobili. Viviamo al negativo e quanta magnifica forza attrattiva ha questo stato emotivo.

Fortunatamente sono ancora pochi coloro che hanno il coraggio di scendere la rampa di scale, che conduce al cuore della nostra insana follia quotidiana.

Il nostro inorridire, però affascinato dalle immagini delle stragi “in difesa del mondo libero”, non ha forse in sé un piacere analogo a quello provato da Elettra durante i suoi atti estremi? E il nostro dimesso “non io!” di fronte a simili affermazioni provocatorie non è forse una difesa razionale della nostra voglia (morbosa) di “conoscere, capire e approfondire” perché certi avvenimenti accadono?

Elettra la maestosa, a questo punto, inizierebbe a ridere, neppure troppo scompostamente, invitandoci a entrare nelle sue stanze principesche. E poi, con movenze sinuose, danzerebbe lievemente assorta nel suo delirio, che è un po’ quello della società contemporanea. Mai in agguato, sempre all’opera!

 

Alessandro Tacconi

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 5, gennaio 2008)

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