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A. XVIII, n. 206, dic. 2024
La Magnani
mito italiano
di Sara Meddi
Da Minimum fax
Nannarella sogno
di un’Italia migliore
Nessuna donna più di Anna Magnani può incarnare il cinema italiano del Dopoguerra. Il cinema di un paese che vive tra devastazione e riscatto, spinto verso la ricostruzione ma ancora reduce dalle macerie degli ultimi vent’anni. E la Magnani resta, in fondo, un simbolo «dell’Italia migliore, quella che non si arrende, si lecca le ferite, e rinasce sempre».
Nel suo volto troviamo grande comicità e drammaticità, sentimenti che sono lo specchio della sua anima e di tutto il suo tempo. Una donna da un volto non bello, ma che s’illumina di un sorriso irridente e canzonatorio, capace di rendere in un attimo bellissimo quel viso solcato da occhi passionali e tristi.
Il romanzo di una grande attrice
Alla Magnani è dedicato il romanzo-biografia Nannarella (Minimum fax, pp. 242, € 16,00) di Giancarlo Governi, scrittore e critico cinematografico già autore di significative biografie e testi di Storia del Cinema. Governi è bravo a scavare nella vita cinematografica dell’attrice, propone un “ritratto” che diventa appassionante come un romanzo grazie alla ricchezza di documenti e testimonianze che portano la narrazione oltre il piano puramente storico e accademico. È il 1925 quando Anna parte per il suo primo lavoro d’attrice teatrale. Gira l’Italia con la compagnia diretta da Dario Niccodemi. Ha anche una paga, la prima: 25 lire al giorno. Partendo da quella iniziale esperienza professionale la strada verso il successo è lunga e Anna la percorre passo dopo passo con la feroce e coraggiosa determinazione che è propria del suo carattere. Nel 1934 Anna passa al Teatro di rivista ed è partner di attori d’eccezione come Totò; con lui gira per quattro anni nei teatri di tutta Italia, come anche con Vittorio De Sica. È proprio quest’ultimo ad offrirle il primo ruolo cinematografico di rilievo, quello di Loretta Prima, artista di varietà, in Teresa Venerdì.
Ma l’affermazione definitiva arriva nel 1945. La Magnani vince il primo dei suoi cinque “Nastro d'Argento” e si impone come attrice simbolo del Neorealismo grazie all’interpretazione della Sora Pina in Roma città aperta di Roberto Rossellini, grande regista e uno dei grandi amori della sua vita. Della Magnani tutti ricordiamo la corsa disperata dietro quel camion tedesco che si portava via le ultime speranze di tanti italiani, una delle sequenze più belle e celebri della storia del cinema. Dopo la rottura, professionale e sentimentale con Rossellini, la vita della Magnani è segnata dall’incontro con Luchino Visconti. Con lui girerà un solo film, Bellissima, del 1951, una pellicola che lascerà il segno nella storia del cinema italiano e contribuirà in maniera determinante alla crescita artistica della Magnani, finalmente libera di esprimersi in tutte le sue doti artistiche. Il 1956 è l’anno della consacrazione come artista internazionale, Anna Magnani è infatti la prima attrice italiana nella storia degli Academy Awards a vincere il Premio Oscar come migliore attrice protagonista. La candidatura è per l’interpretazione di Serafina Delle Rose in La rosa tatuata (The Rose Tatoo) per la regia di Daniel Mann, ruolo per il quale vincerà anche un Bafta e un Golden Globe. La carriera della Magnani sarà ancora lunga e intensa, segnata da preziose collaborazioni con registi del calibro di Pasolini e Fellini.
Sfatando i miti della donna dietro lo schermo
Il libro di Governi sfata molti miti ancora vivi nell’immaginario degli ammiratori della Magnani, alcuni costruiti dall’attrice stessa, come quello della nascita ad Alessandria d’Egitto (che faceva molto esotico), secondo una moda tipica dell’epoca. Scopriamo infatti che il 12 marzo 1908 Marina Magnani di 21 anni, si presentò all’ufficiale di stato civile del Comune di Roma per registrare la nascita in casa, il 7 marzo, di una bambina, Anna Maria Magnani, di padre Nn. Anni dopo, già ricca e famosa, Anna chiese a un’agenzia d’investigazioni di scoprire chi fosse il padre. Questi vennero a sapere che poteva essere un uomo calabrese di nome Del Duce. Possiamo ancora sentire la sua risata sguaiata, a cuore aperto, quando in un’intervista le chiesero notizie di suo padre e lei rispose: «Avevo scoperto che era un calabrese e che di cognome faceva Del Duce. Avevo lasciato perdere perché non m’andava d’esse’ la fija der Duce!»
Una donna quindi piena di gioia di vivere eppur disincantata, ancora a cavallo tra l’antico modello di donna subordinata e la voglia di liberazione, una dicotomia di valori che attraversa tutta la sua vita e che è quello di tutte le donne italiane.
Un’attrice di grandissimo spessore e presenza scenica che decise, diversamente da altre grandi donne del suo tempo, come la Loren o la Cardinale, di non vivere sotto l’ombra di un marito-produttore. Anzi, Anna visse d’innamoramenti non sempre leciti e fortunati ma assolutamente autentici e passionali, e sperimentò, con la nascita del figlio Luca, la maternità con profondità e sofferenza, sospesa tra un amore senza limiti e una separazione forzata a causa della malattia del piccolo, che lo costrinse in un collegio-ospedale in Svizzera.
Questo è un libro ricco di ricordi e aneddoti, un testo davvero prezioso per tutti i veri appassionati del cinema italiano, e ovviamente per gli amanti tutti della grande Magnani desiderosi di conoscere, almeno un po’, la donna Anna che ha vissuto dietro lo schermo.
Conoscere la vita e la storia di una donna e di un’attrice di così grande fascino e profondità, alimenta anche la speranza di poter rivedere sugli schermi qualcuno della sua stessa grandezza. Al momento non mi viene in mente nessuna che abbia lo stesso bruciante sguardo della Magnani e la sua capacità di dare vita vera ai suoi personaggi, tanto sinceri da diventare parte di lei, o forse provenienti da una stessa parte di lei. A consolarci di questa mancanza restano i suoi film, e questo libro.
Un testo assolutamente consigliato, per la sua attendibilità e completezza, ma ancora di più per la passione che l’autore ci mette nel raccontare la vita di questa donna unicamente autentica, al di là da tutte le contraddizioni e di tutti i rigidi schemi del suo tempo.
Chiudono il libro due brevi ma preziose interviste alla Magnani oltre alla filmografia completa dell’attrice.
Eduardo De Filippo scrisse queste parole a pochi giorni dalla sua morte, avvenuta a Roma il 26 settembre del 1973:
«Confusi con la pioggia
sul selciato
son caduti
gli occhi che vedevano
gli occhi di Nannarella
che seguivano
le camminate lente
sfiduciate
ogni passo perduto
della povera gente.
Tutti i selciati di Roma
hanno strillato.
Le pietre del mondo
li hanno uditi».
Sara Meddi
(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 58, giugno 2012)