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Anno VI, n. 57, maggio 2012
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Filosofia e religioni (a cura di Maria Grazia Franzè) . Anno VI, n. 57, maggio 2012

Zoom immagine Contemplazione del
creato nel silenzio:
fede, ragione, natura

di Maria Grazia Franzè
Da Rubbettino il racconto di una vita
vissuta in preghiera e solitudine


«In vista della visita di Papa Benedetto XVI ai certosini di Serra San Bruno, fissata per il giorno 9 ottobre 2011, l’editore Rubbettino mi ha chiesto di realizzare un libro intervista sulla vita e la vocazione certosina il cui progetto era già concordato con il Priore. Ho accettato la proposta con qualche leggerezza, immaginando che alla mia varia conoscenza di ambienti monastici di antica e nuova obbedienza ne avrei facilmente aggiunto un altro che del resto non mi era del tutto sconosciuto. […] L’impresa non è stata così facile e ho dovuto lavorare molto più di quanto immaginassi ma debbo riconoscere che anche il profitto è stato maggiore». In un incontro durato tre giorni, il giornalista Luigi Accattoli, già noto per diverse pubblicazioni e per la collaborazione con il quotidiano il Corriere della Sera, dialoga con Padre Jacques Dupont e vede la realizzazione stampata di questo “viaggio” spirituale nel libro Solo dinanzi all’Unico, Luigi Accattoli a colloquio con il Priore della certosa di Serra San Bruno, Luigi Accattoli – Jacques Dupont (Rubbettino editore, pp. 144, € 12,00).

 

«Nella solitudine l’incontro con la tenerezza di Dio»

La scelta di vivere una vita contemplativa non è semplice da perseguire ogni giorno e, sicuramente, non si può dire che questo libro possa essere solo letto. Le parole esatte, infatti, in questo caso sono lettura e meditazione e non perché ci siano parole difficili da capire e comprendere, ma perché spesso è nella semplice spiegazione che si potrebbe perdere l’essenzialità di questa scelta di vita. La decisione del giornalista Accattoli, per questa ragione è stata quella di vivere le regole monastiche aderendo, per quanto possibile, agli orari di preghiera, solitudine e vita comunitaria proprio come i certosini decidono quotidianamente di perseguire: «nei tre giorni in cui sono stato ospite della Certosa ho visto e accompagnato la comunità nella sua liturgia […]. Ho mangiato come loro da solo nella stanza della “foresteria interna” che mi era stata assegnata, prendendo i cibi dal “portapranzo” che un fratello converso – e cioè non sacerdote – posava alla giusta ora davanti alla porta», sperimentando, in questo modo, una conoscenza diretta dello scorrere del tempo, interamente dedicato a Dio. Dal mondo rumoroso e mondano alla scelta di vivere un’esistenza solitaria, silenziosa e nella contemplazione che anche Bruno di Colonia aveva intrapreso. Egli, infatti, durante la sua vita aveva viaggiato tanto e nel suo errare aveva saputo ascoltare e riconoscere la chiamata, vagliando così la vocazione. Padre Dupont in merito a questo dice: «in effetti in Bruno nostro Padre si conciliano sia l’esperienza del cammino che della stabilità. Egli avrebbe voluto fermarsi nella solitudine, ma il Signore lo ha fatto spostare continuamente. […] Nel pellegrinaggio Bruno rimane in ascolto di Dio per aderire a ciò che Egli gli indica; però, nel momento della scelta decisiva, Dio non parla a Bruno direttamente, ma a un ministro della Chiesa». In questo senso si capisce quanto il legame fra la comunità monastica e la chiesa sia stretto e quanto la Certosa faccia interamente parte di essa: il monaco ogni giorno decide di affermare con la propria vita l’esistenza di Dio e la priorità dei beni futuri su quelli presenti, rispondendo al mandato della chiesa stessa. «I monaci infatti attualizzano la dimensione escatologica della Chiesa: sono la Chiesa che anticipa il Regno definitivo, la Chiesa in ascensore verso il Padre, la Chiesa rivolta a un altro mondo. A un altro mondo e dunque a un altro tempo», pregustato dalla scelta di vivere in una solitudine, colma di amore, che non porta all’estraneità da qualcosa ma ad una “chiusura in”. «Colui che entra in clausura – esattamente come colui che parte per il deserto – non sa ciò che sta per scoprire, ma ha l’intuizione che quel “ritirarsi” lo rende, paradossalmente, più vicino agli altri. Si può pensare che si allontana dal mondo, ma in realtà il mondo lo porta nel suo cuore e lo riscalda».

 

Ascoltare nel silenzio

Il certosino è sia un cenobita sia un eremita: «L’eremo è il luogo dove il monaco è solo, il cenobio è il luogo dove i monaci vivono in comunità. Una Certosa è un cenobio che riunisce i monaci nella chiesa (tre volte al giorno), nel refettorio (la domenica), nel capitolo (ordinariamente la domenica) e in momenti ricreativi (la domenica e il lunedì); ma essa è anche composta da tanti eremi che sono le celle dei singoli monaci, costruite su due piani, addossate l’una all’altra, ognuna munita di un giardino cintato». La preghiera e il silenzio sono le due condizioni che accompagnano l’intera giornata dal certosino perché Dio si manifesta e si fa sentire proprio quando ci si predispone al dialogo che nel silenzio e nella preghiera si fa presente. Quando Accattoli chiede a Padre Dupont perché è richiesta ogni giorno la costanza della preghiera, ritenuta necessaria per la vita cristiana, egli risponde: «Dio ci modella. Dobbiamo lasciarlo lavorare, e non voler altro risultato se non quello che egli intende perseguire. Dopo la preghiera, occorre cooperare attivamente i disegni di Dio, ma durante la preghiera conviene abbandonarsi a lui, consegnarsi senza remore a lui. […] Non si tratta pertanto di un abbandono inteso come passività, quietismo, ma di uno slancio di tutto l’essere, di un atto di consegna che richiede impegno», facendo attenzione a non cadere nell’aspetto puramente estetico della liturgia o nel silenzio vissuto come vuoto assoluto, perché come Accattoli stesso afferma: «si può dire che molte operazioni spirituali procedono con una logica rovesciata rispetto a quelle temporali».

 

Vivere nella gioia e di semplicità

La gioia e la semplicità sono sicuramente i due elementi che il certosino vive quotidianamente avendole apprese dal modus vivendi del santo fondatore: «Bruno aveva il volto in festa perché sempre “uguale” di fronte a qualunque evento della vita, felice o doloroso. […] “Sempre uguale” indica una sua capacità di restare ancorato a Dio di fronte a qualunque evento che potesse sconvolgere la sua vita. E di restarvi festoso, o gioioso, a seconda delle traduzioni». Ecco perché Padre Dupont, alle domande di Accattoli circa la gioia eremitica, parla di una gioia interiore inesauribile: «la gioia che viene da dentro non può finire: è come un ruscello tranquillo, sempre lo stesso, sempre presente come la roccia, come il cielo e la terra che non passano. Le trovo nelle ore di silenzio e di abbandono. Il suo canto mi raggiunge sempre. È Dio che canta in me» e, questo sentimento scaturisce anche dalla semplicità in cui i monaci di clausura vivono. Ringraziando Dio in un continuo orario perpetuo, i certosini si cibano di pasti frugali prodotti da loro stessi e vivono un’esistenza segnata dalla contemplazione delle meraviglie del creato che, nelle montagne serresi, non sono difficili da riconoscere. Un rapporto, quello del certosino con Dio, vissuto in una continua lode, ringraziamento e richiesta di poter assecondare la volontà divina nella quotidianità e nella consapevolezza di vivere nella gioia per l’eredità della beatitudine e per la grandezza manifestata di Dio.

 

Maria Grazia Franzè

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 57, maggio 2012)

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