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Anno II, n° 5 - Gennaio 2008
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Comunicazione e Sociologia (a cura di Pierpaolo Buzza) . Anno II, n° 5 - Gennaio 2008

Zoom immagine L’insegnamento elementare
e le scuole nel Dopoguerra.
I ragionamenti e il dibattito
per il rinnovamento liberale

di Clementina Gatto
La vita di Bernardini, il celebre maestro
di Pietralata, in un volume Rubbettino


Di fronte alla difficile situazione che sta vivendo la scuola italiana negli ultimi anni, sono tanti i dibattiti aperti alla ricerca di soluzioni e altrettante le proposte di rinnovamento che, dall’alto, sono tese a modificare un assetto ormai incapace di rispondere alle esigenze di una società in rapido cambiamento. Come spesso accade, anche in questo caso la storia è maestra di vita; ed è proprio in quest’ottica che si può cogliere il valore del libro di Giuseppe Guzzo, Da Lula a Pietralata. Le battaglie di Albino Bernardini per il rinnovamento democratico della scuola elementare (Rubbettino, pp. 200, € 14,00; presentazione di Mario Alighiero Manacorda e con un inedito di Bernardini), in cui sono presentate le vicende di Albino Bernardini, vivente, maestro elementare, educatore, intellettuale attivo e prolifico che, all’indomani del Secondo dopoguerra, è stato capace di portare la scuola all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale e ha fatto della sua esperienza personale un impegno reale volto a modificare uno stato di cose obsoleto. Come osserva l’autore, «l’educazione è sempre un evento vitale», e l’educazione di cui parla questo libro è quella che inizia nella scuola elementare, istituzione che, insieme alla famiglia, è la prima ad occuparsi della formazione dei bambini, motivo per cui esigerebbe un monitoraggio costante, al fine di essere sempre al passo con la società della quale i piccoli individui saranno protagonisti e in cui metteranno a frutto quanto appreso: un bagaglio di esperienza e di ricchezza umana, prima e al di là di un sapere che, si spera, sarà in fieri lungo tutto l’arco della vita.

Non a caso la pedagogia, disciplina che si occupa dell’educazione come tutte le scienze umane, è in continua evoluzione: gli orientamenti filosofici che ne sono alla base si modellano sugli scenari cui di volta in volta si riferiscono, provocando continui cambiamenti nell’elaborazione delle problematiche legate all’apprendimento che, a loro volta, esigono il supporto di nuovi metodi di insegnamento.

In questo momento storico, come nel Secondo dopoguerra, il problema della scuola si sta imponendo prepotentemente; ecco perché il libro di Guzzo appare uno strumento valido ed efficace nell’individuazione dei nodi della questione. Come egli stesso afferma, «il mio lavoro, d’altra parte, [...] vuole essere [...] solo un contributo alla riflessione su una stagione della scuola elementare e uno stimolo alla circolazione di talune idee ancora capaci di fruttificare».

 

Il clima scolastico italiano nel Secondo dopoguerra

Il particolare momento storico in cui ha inizio l’opera di Bernardini, l’immediato dopoguerra, investe in pieno il desiderio di una rinascita della vita democratica nel nostro paese. Sin dai vertici, si percepiva la necessità di formare e di uniformare la nazione, ed era evidente che una grossa parte di questo dovere era da ascrivere alla scuola primaria. Ma quali erano questi valori? L’Italia era un coacervo di visioni politiche, idee di rinnovamento e proposte di soluzioni a svariate problematiche emerse con il conflitto mondiale e rimaste aperte a causa dello stesso.

Deposte le armi, la Penisola risentiva ancora fortemente dei condizionamenti del Fascismo; d’altro canto, la classe media italiana era chiusa in un atteggiamento conservatore, volto a difendere i principi della cultura cattolica dominante. Ai partiti laici e della sinistra, in questo clima di immobilismo, non restava che arginare quanto più possibile gli effetti della politica confessionale che frenava il rinnovamento della scuola in senso democratico e che, viceversa, continuava a proporre «una autoritaria educazione alla subalternità e alla costruzione del consenso al nuovo potere». Ed era proprio dalle sinistre laiche che si levavano le voci maggiori di rinnovamento, da quegli intellettuali che si impegnavano ad organizzare una nuova cultura, alimentata dai valori della Resistenza, attraverso iniziative scolastiche alternative, volte a sperimentare idee e impostazioni nuove, una diversa articolazione dei programmi. Tutti questi progetti erano accomunati dall’esigenza di ridefinire i ruoli degli operatori scolastici e degli utenti, non più considerati come una tabula rasa, contenitori vuoti da riempire, ma come individui con delle coscienze da formare, ispirandosi ai valori della libertà, della dignità della persona e della democrazia.

Negli anni successivi all’immediato dopoguerra, quelli della ripresa economica, sono stati tanti i tentativi di rispondere alla massiccia esigenza di scolarizzazione che era conseguita. Ma, nel complesso, nessuna strategia riusciva ancora a realizzare l’obiettivo: spesso, il dibattito ancora intenso cedeva il passo alla confusione; altre volte, il clima di sperimentazione lasciava spazio alle proposte di tanti insegnanti, nella teoria lontane da quanto era oggetto di valutazione, ma di fatto costruite dentro la scuola e in quanto tali a sua misura. Uno di questi insegnanti era, appunto, Bernardini.

 

Albino Bernardini: maestro, pedagogista, scrittore

La figura di Bernardini è ricostruita attraverso alcuni passaggi nodali della sua vita: la sua infanzia trascorsa in un paese piuttosto arretrato in provincia di Nuoro, il lavoro di apicoltore, l’esperienza della guerra e poi, a partire dal 1941-42, il primo incarico come supplente. A partire da quel momento, ha inizio la sua missione laica e sociale che porterà il maestro all’incontro – e all’immediato scontro – con la cultura repressiva del tempo e all’impegno per svecchiare la scuola dal conservatorismo, promuovendo la via dell’opposizione cosciente. Nel 1960, in seguito al trasferimento nella capitale insieme alla sua famiglia, otteneva un incarico nella scuola elementare di una borgata romana, Pietralata, dalla cui esperienza sarà tratto spunto per lo sceneggiato televisivo Diario di un maestro, di Vittorio de Seta (chi, tra i telespettatori di allora, non ricorda l’interpretazione di Bruno Cirino senza un pizzico di nostalgia?).

Tanti sono stati gli episodi e gli incontri principali della sua presa di coscienza politica e intellettuale. In primo luogo, la Liberazione, che lo ha motivato ad aderire al Partito comunista e lo ha spinto a partecipare in prima persona alle istanze di rinnovamento reclamate dalla società, proprio attraverso il suo ruolo di educatore nella scuola; successivamente, il confronto con alcuni intellettuali, maestri come lui oppure pedagogisti. Nella schiera di questi ultimi è da segnalare Anton Semjonowitsch Marakenko, promotore del «collettivo pedagogico», secondo cui occorre responsabilizzare i giovani al loro processo educativo e farli diventare i soggetti della loro educazione. Non meno importanti le letture di John Dewey, portavoce del ruolo attivo dell’insegnante e dell’educazione democratica degli alunni, che devono essere portati ad apprendere liberamente le nozioni; ricordiamo, ancora, don Lorenzo Milani, che puntava sullo sviluppo degli strumenti di comunicazione, primo fra tutti il linguaggio verbale, per eliminare la violenza tra gli uomini e affinché si generi, al suo posto, una collaborazione produttiva.

Un altro elemento portante del suo pensiero è l’importanza di una partecipazione attiva dei genitori alla vita della scuola, tematica già ampiamente trattata sulle numerose riviste con le quali ha collaborato. Egli auspicava la realizzazione di una confluenza dei sistemi di socializzazione, ritenendola un passo decisivo per la formazione dei bambini.

Per il maestro, in sintesi, la scuola è una questione che interessa tutti e, come tale, richiede un impegno su più fronti. A tal fine, nel corso dei suoi anni di insegnamento, ha scritto anche numerosi testi per l’infanzia, i cui protagonisti, nelle sue parole, «non sono personaggi inventati che vivono lontani dal nostro mondo, ma gente che gioisce e pena, proprio come fanno gli esseri umani che vivono su questa terra. [...] Sono le avventure di bambini come voi».

Tanti dei suoi libri non hanno un finale, secondo un nuovo funzionalismo che chiama in causa le strutture mentali, psicologiche, emotive, con l’obiettivo di mobilitare tutta la personalità e contribuire allo sviluppo di strategie che saranno utili nella formazione della personalità del fanciullo.

 

Il volto quotidiano dell’intellettuale

La parte finale del libro ospita alcune pagine autobiografiche scritte dallo stesso Bernardini; il loro valore, piuttosto che nei contenuti, risiede a nostro avviso nella forza comunicativa della veste linguistica, in cui traspare la stessa passione, lo stesso entusiasmo, la stessa carica che è stata propria del maestro negli anni di insegnamento e che rappresenta per la scuola di oggi una preziosa eredità. Per concludere con le sue parole: «La fiducia negli altri, l’ottimismo sono le prerogative indispensabili per poter fare, o meglio, esercitare il più bel mestiere del mondo: l’insegnante. Qualcuno, per non dire molti, mi domandano dove pesco questa fiducia e questo ottimismo. La risposta è semplice: nei giovani».

 

Clementina Gatto

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 5, gennaio 2008)

Redazione:
Mariangela Monaco
Collaboratori di redazione:
Alessandro Crupi, Valentina Pagano, Giusy Patera, Roberta Santoro, Andrea Vulpitta
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Autori:
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