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Anno VI, n. 56, aprile 2012
L’Istituto “Luce”:
il fascismo diventa
cultura di massa
di Giuseppe Licandro
Mursia pubblica un saggio pregevole
ricordando i cinegiornali del Regime
Il 5 novembre 1925, in virtù di un regio decreto, nasce a Roma L’unione cinematografica educativa, meglio nota come Istituto “Luce”.
Si tratta di un ente autonomo parastatale che, nello statuto, si propone come scopo precipuo «la diffusione della cultura popolare e dell’istruzione generale per mezzo di visioni cinematografiche, nonché per mezzo del cinema parlante e sincronizzato».
La direzione viene affidata al suo ideatore, il giornalista Luciano de Feo, il quale, per meglio garantire la diffusione capillare dei cinegiornali e dei filmati propagandistici, inventa il “cinemobile”, una complicata attrezzatura che consente le proiezioni di filmati in giro per le strade e le piazze dell’Italia, contribuendo così a consolidare il consenso delle masse popolari attorno alla figura di Benito Mussolini.
Dopo dieci anni di vita, l’istituto passa alle dipendenze del Ministero Stampa e Propaganda; la sua sede viene poi spostata nel 1939 nel Palazzo della Luce, appositamente costruito in via Tuscolana, dalle parti di Cinecittà.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, il materiale conservato nel suo archivio sarà immenso: oltre tremila cinegiornali girati tra il 1927 e il 1945; 5700 documentari; circa 3 milioni di fotografie.
Dell’Istituto “Luce” e del suo rapporto privilegiato con Mussolini ci parla il volume Il Duce attraverso il Luce. Una confessione cinematografica (Mursia, pp. 836, € 25,00) di Enzo Antonio Cicchino, regista e documentarista che, attraverso il resoconto dei cinegiornali dell’epoca, ricostruisce la storia italiana dal 1934 al 1945.
Lo scontro politico tra Italia e Germania
Il racconto di Cicchino ha inizio nel giugno del 1934, quando a Venezia avviene il primo incontro tra Mussolini e Adolf Hitler.
In questa occasione, l’Istituto “Luce” «confeziona per la visita di Hitler a Venezia ben due cinegiornali più un documentario». L’argomento principale in discussione tra i due dittatori è l’indipendenza dell’Austria, minacciata dalla Germania e difesa dall’Italia, che non vede di buon occhio le pretese annessionistiche del Terzo Reich.
L’atmosfera non è molto cordiale, come si evince soprattutto dalle immagini del primo cinegiornale, che ritraggono quasi sempre Mussolini, mentre a Hitler «viene dedicata appena una solitaria inquadratura».
L’incontro tra il Duce e il Führer è del tutto infruttuoso: i nazisti, qualche mese dopo, tentano di prendere il potere in Austria con un colpo di stato, durante il quale rimane ucciso il cancelliere austriaco Engelbert Dolfuss.
La pronta risposta italiana, sia diplomatica che militare, vanifica il progetto nazista e il putsch fallisce. Come rammenterà in seguito Dino Grandi, infatti, «la reazione del Duce fu violenta: mobilitò le migliori divisioni dell’esercito alle frontiere del Brennero, inviò note infuocate a Berlino».
La guerra d’Etiopia
Nei capitoli seguenti Cicchino delinea la storia del regime fascista negli anni Trenta, sempre attraverso puntuali riferimenti ai documenti dell’Istituto “Luce”.
L’autore riporta informazioni dettagliate sugli accordi italo-francesi del gennaio 1935, durante i quali Pierre Laval, ministro degli Esteri transalpino, fornisce il suo assenso all’invasione dell’Etiopia da parte delle truppe italiane.
Egli parla, poi, del Fronte di Stresa, cioè della conferenza svoltasi sul lago Maggiore tra l’11 e il 14 aprile 1935, cui prendono parte Laval, il primo ministro britannico Ramsay MacDonald e Mussolini.
L’incontro, che dovrebbe dar vita a un’alleanza stabile a tre in chiave antitedesca, si risolve invece in un nulla di fatto: Francia e Gran Bretagna si rifiutano di intervenire militarmente contro l’espansionismo nazista e «quanto alla difesa dell’integrità territoriale dell’Austria non vogliono impegnarsi in alcun modo».
L’autore focalizza la sua attenzione, quindi, sulla guerra d’Etiopia, narrando, attraverso la cronaca dei cinegiornali del tempo, come Mussolini, il 2 ottobre 1935, abbia annunciato l’inizio delle ostilità con un comizio da Palazzo Venezia, con la frase: «Un’ora solenne sta per scoccare nella storia della patria».
Si parla, poi, delle reazioni internazionali che portano all’isolamento dell’Italia e alla sua uscita dalla Società delle nazioni, descrivendo l’andamento incerto del conflitto e, infine, la vittoria italiana, conseguita il 5 maggio 1936, dopo che le truppe, guidate da Pietro Badoglio, Emilio De Bono e Rodolfo Graziani, hanno fatto anche uso di gas asfissianti.
La guerra d’Etiopia sancisce l’avvicinamento tra Italia e Germania, che nell’ottobre del 1936 stipulano l’Asse Roma-Berlino: pur non costituendo ancora un’alleanza formale, l’intesa impegna i due governi «a tenersi reciprocamente in contatto in relazione alle prospettive politiche europee e internazionali».
L’alleanza tra Hitler e Mussolini
La ricostruzione storica di Cicchino prosegue con la narrazione di alcuni episodi della guerra civile spagnola, che dura dal 1936 fino al 1939 e vede contrapposte le truppe repubblicane e quelle franchiste: prevalgono queste ultime, grazie al supporto militare loro fornito da Germania e Italia, mentre Gran Bretagna e Francia si mantengono neutrali.
Nel 1937 il Duce, ricambiando la visita del 1934, si reca a Berlino per incontrare il Führer. Tuttavia, come rammenta Cicchino, «non esistono cinegiornali Luce sulla visita di Mussolini a Hitler [...] bensì un documentario di 10 minuti», nel quale si vede il dittatore italiano esibirsi «come un grande attore».
È l’inizio della stretta collaborazione tra i due regimi, che porterà il 6 novembre 1937 l’Italia ad aderire al Patto anticomintern stipulato l’anno prima tra Germania e Giappone. Nel marzo 1938, forte del sostegno italiano, Hitler procede all’annessione dell’Austria: fornisce una testimonianza importante dell’evento l’Istituto “Luce”, che in un cinegiornale del 23 marzo mostra la «immensa esultanza popolare a Vienna per il trionfale arrivo del Führer che suggella la realizzazione dell’Anschluss».
Nel maggio dello stesso anno Hitler si reca in visita a Roma, insieme ad Eva Braun e ad altri gerarchi nazisti: a differenza del viaggio berlinese di Mussolini dell’anno precedente, questa volta l’Istituto “Luce” è prodigo di informazioni, al punto da proiettare nelle sale «un film vero e proprio, della bellezza di 109 minuti!».
Subito dopo l’incontro, nonostante le rassicurazioni contrarie date all’Italia, Hitler avanza la pretesa di annettere la regione cecoslovacca dei Sudeti, ricca di giacimenti minerari e abitata in prevalenza da tedeschi, minacciando di invaderla.
La diplomazia internazionale entra in azione e, in nome della politica di appeasement perseguita dal primo ministro britannico Neville Chamberlain e da quello francese Édouard Daladier, viene convocata a Monaco, a settembre, una conferenza tra Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia, senza coinvolgere il governo cecoslovacco. Alla fine del convegno, onde evitare un conflitto internazionale, si decide il passaggio dei Sudeti e della Slesia meridionale alla Germania.
Hitler, tuttavia, non si accontenta e all’inizio dell’anno successivo procede alla conquista di tutta la Cecoslovacchia, facendo invadere Praga dal suo esercito, tra la costernazione delle altre potenze europee. Il 22 maggio 1939 Hitler e Mussolini stipulano a Berlino il Patto d’acciaio, con cui si impegnano a fornirsi mutuo sostegno in caso di conflitto internazionale.
Con un gesto a sorpresa, il 30 agosto il ministro degli Esteri tedesco, Joachim Von Ribbentrop, vola a Mosca, dove firma il Patto di non aggressione con Vjačeslav Molotov, commissario del popolo per gli Affari esteri dell’Urss. È il preludio alla Seconda guerra mondiale, che avrà inizio il primo settembre, quando «alle ore 4,45 le truppe di Hitler, avanzando, varcano le frontiere con la Polonia».
La caduta del fascismo
Il volume di Cicchino dedica ampio spazio, nei capitoli centrali, alla ricostruzione delle vicende militari del secondo conflitto mondiale, attraverso i puntuali reportage dell’Istituto “Luce”, che rimane attivo fino alla metà di luglio del 1943.
In seguito alla caduta di Mussolini, le sue trasmissioni si interrompono per circa due settimane, per poi riprendere il 3 agosto con la proiezione in alcuni cinema della capitale delle «drammatiche immagini del bombardamento degli Alleati su Roma».
L’autore ci informa di aver scoperto nel 2010, presso l’archivio dell’Istituto nazionale audiovisivi di Parigi, un importante documento: un cinegiornale inedito del 26 luglio 1943, nel quale Guido Notari, speaker ufficiale del regime appena caduto, annuncia la fine del fascismo con la solita voce stentorea e i consueti accenti enfatici: «Trionfa il tricolore del Risorgimento e dell’unità della patria. Spontanee manifestazioni patriottiche si svolgono per le vie di Roma inneggiando al sovrano e al maresciallo Badoglio. [...] Tutto il popolo si stringe intorno al re soldato e al maresciallo Badoglio per servire l’Italia con dedizione assoluta».
Cicchino analizza dettagliatamente i preparativi che portano alla stipulazione dell’Armistizio di Cassibile, firmato il 3 settembre dai generali Giuseppe Castellano e Dwight Eisenhower, ma reso noto solo cinque giorni dopo.
Le truppe tedesche, già da tempo in preallarme, reagiscono violentemente e il 9 settembre cominciano l’accerchiamento di Roma, costringendo Vittorio Emanuele III e Badoglio ad un’ignominiosa fuga lungo la via Tiburtina, che consente loro di raggiungere dapprima Pescara e da qui, via mare, Brindisi.
Secondo l’autore, ci sono molti aspetti oscuri nella fuga del re e del capo del governo e rimane il forte dubbio che «i Comandi tedeschi abbiano voluto chiudere tutti e due gli occhi su chi transitasse sulla via Tiburtina». Probabilmente, il generale tedesco Albert Kesselring ha voluto fare in modo che l’esercito italiano di stanza a Roma rimanesse senza comandanti supremi e fosse così più semplice per la Wehrmacht conquistare la città eterna.
Cicchino, inoltre, adombra la possibilità che il governo italiano abbia dato vita ad una «incredibile operazione di doppio gioco», disimpegnandosi dalle azioni militari in attesa di capire come sarebbe finito lo scontro tra occupanti tedeschi e forze d’invasione anglo-americane.
Gli anni della guerra civile
La parte finale de Il Duce attraverso il Luce è dedicata soprattutto al racconto della guerra civile che insanguina l’Italia tra l’8 settembre del 1943 e il 25 aprile del 1945.
La sede dell’Istituto “Luce” nell’ottobre del 1943 viene trasferita a Venezia, su disposizione del direttore generale, Giuseppe Croce. Un centinaio di persone accettano di seguire il direttore nella nuova sede: sono «per lo più i fascisti più fedeli, gli scapoli più giovani, i lavoratori più golosi, attratti dallo stipendio invitante».
La Repubblica sociale italiana, fondata a Salò il 23 settembre 1943, ha bisogno di ricostruire l’immagine del fascismo per poter arruolare quanti più soldati possibile: lo stesso Mussolini, dopo essere stato liberato dai tedeschi, ha bisogno di riproporsi come leader ancora credibile agli occhi dell’opinione pubblica.
L’Istituto “Luce” torna così ad essere uno dei principali strumenti della propaganda fascista: l’operatore Vittorio Abbati riesce anche a filmare le tragiche immagini della fucilazione, avvenuta l’11 gennaio 1944, di Galeazzo Ciano, De Bono e di altri tre gerarchi, accusati di aver votato contro Mussolini il 25 luglio.
Il filmato viene distrutto per ordine del Duce, ma se ne conserva il negativo, che sarà in seguito ritrovato da Renzo De Felice, a distanza di quasi cinquant’anni, presso l’Archivio della Presidenza del consiglio.
Le immagini dell’esecuzione dei cinque gerarchi saranno successivamente trasmesse in televisione «nel corso di una puntata di Mixer sul processo di Verona andata in onda nel 1993».
L’epilogo dell’Istituto “Luce”
L’andamento sempre più infausto della guerra induce alcuni tecnici e operatori dell’Istituto “Luce” a cambiare bandiera all’inizio del 1945, prendendo contatto con esponenti del Comitato di liberazione nazionale.
L’intento è duplice: da un lato, «negoziare il salvacondotto nella nuova Italia democratica»; dall’altro, «salvaguardare il materiale foto-cinematografico contenuto negli archivi da possibili razzie naziste».
L’operazione riesce perfettamente, cosicché il 25 aprile, dopo l’insurrezione partigiana che ha posto fine alla guerra civile, tutto l’immenso materiale dell’istituto viene recuperato e conservato.
Nel Secondo dopoguerra, il “Luce” continuerà a produrre documentari e film, fino al 2009, anno in cui confluirà nella società per azioni “Cinecittà Luce”. Buona parte dei filmati sarà poi inserita sul web e messa a disposizione di tutti i navigatori di internet.
Il volume si chiude con il resoconto delle immagini di due documentari muti, datati 28 e 29 aprile 1945, e di un frammento sonoro, che riprendono l’esposizione a Piazzale Loreto dei corpi esanimi di Mussolini, di Claretta Petacci e di altri tredici gerarchi fucilati in precedenza, mentre la gente infierisce su di loro.
Il saggio di Cicchino, nonostante la vastità degli argomenti trattati, risulta scorrevole e coinvolgente, poiché l’autore, facendo ricorso al ritmo espressivo tipico di una sceneggiatura cinematografica, riesce a ricostruire egregiamente l’atmosfera esaltata e trionfalistica dei cinegiornali e dei documentari dell’Istituto “Luce”, assurti a efficace paradigma della vacua pomposità che distinse il regime mussoliniano.
Giuseppe Licandro
(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 56, aprile 2012)
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