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Anno II, n° 5 - Gennaio 2008
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Biografie (a cura di Luisa Grieco e Mariangela Rotili) . Anno II, n° 5 - Gennaio 2008

Zoom immagine «No pasaran»: l’urlo
di rivolta al fascismo
che guidò nella lotta
i volontari in Spagna

di Alessandra Morelli
Gli italiani, la Guerra civile del 1936-39.
In un interessante testo edito da Infinito


La storia, sin dalla notte dei tempi, ci consegna diversi modelli di forme di lotte armate: guerre di religione, guerre etniche, guerre civili. Tutte tragici esempi dell’irrazionalità umana. Probabilmente, però, quella civile è una delle più atroci in quanto vede scontrarsi persone della stessa popolazione, persone che parlano la stessa lingua, che occupano la stessa terra e che possiedono le stesse tradizioni culturali. Vede un popolo, simbolo della medesima identità nazionale, allinearsi su due fronti e darsi battaglia fino alla sconfitta di uno dei due.

Sembra qualcosa di inconcepibile eppure i libri di storia e, ancor di più, la memoria dei nostri nonni sono pieni di ricordi inerenti avvenimenti del genere.

La Guerra civile spagnola, che irruppe sullo scenario internazionale quasi in concomitanza con l’inizio della Seconda guerra mondiale, è stata una delle più emblematiche: il golpe del generale Francisco Franco per rovesciare il governo del Fronte popolare ha innescato un conflitto civile che è diventato il preludio di quello mondiale: ha visto schierarsi uno contro l’altro fascisti e antifascisti. Non si è trattato soltanto del tentativo di difendere la libertà degli spagnoli dalla dittatura franchista, ma la lotta antifascista si è caricata di una dimensione ideologica più alta e ampia che aveva come suo scopo primo ed essenziale quello di salvare l’Europa dal nazifascismo che, con violenza inaudita, prendeva piede sempre più.

Ma la Spagna ha potuto godere della collaborazione e della solidarietà di migliaia di giovani europei che, carichi di speranze, di idee di pace, di democrazia, di giustizia sociale, hanno abbandonato le loro case e le loro vite per battersi a favore del diritto cui ogni uomo e popolo non può rinunciare: la libertà, politica, civile, sociale, personale.

Tra le file di questi volontari erano presenti anche molti italiani, la maggior parte antifascisti costretti in esilio per non soccombere al regime di Mussolini e le cui strade si sono poi incontrate sul campo spagnolo.

Franco Sprega e Ivano Tagliaferri – uno collaboratore con l’Isrec di Piacenza e l’altro esperto di Storia del movimento operaio – immortalano le vicende di questi uomini eroici nel loro testo Los italianos. Antifascisti nella guerra civile spagnola (Presentazione di Gianluigi Boiardi, Infinito edizioni, pp. 144, € 12,00).

Il saggio è diviso in due parti: la prima, maggiormente narrativa, in cui si raccontano gli avvenimenti più salienti della battaglia attraverso le emozioni e il coraggio dei volontari; la seconda è una vera e propria ricostruzione storico-biografica che contiene quarantadue profili biografici, con tanto di foto e documenti d’epoca, di combattenti piacentini che partecipano alla Guerra civile spagnola. Tutti uomini di umili origini che sfuggirono al regime fascista in Francia, in Argentina o emigrarono in cerca di lavoro; carichi di coscienza civile, politica e grande spessore umano presentano un tracciato di vita in molti casi simile, confino o carcere, intensa militanza prima nelle brigate internazionali e poi, per quelli che non videro la fine della Repubblica spagnola coincidere con quella della loro vita, nella Resistenza italiana per la Liberazione.

 

La Spagna divisa in due

Gli autori ripercorrono il conflitto civile dall’inizio, nel 1936, fino alla tragica fine, nel 1939, con la vittoria delle truppe del Generalissimo.

Quando il colpo di stato iniziò, nel luglio del 1936, il paese era governato dal Fronte popolare, una coalizione composta da comunisti, socialisti, repubblicani e parte degli anarchici, il cui programma prevedeva la riforma agraria, migliori condizioni di lavoro, maggiore istruzione per i giovani; dall’altra lato invece il malcontento delle destre minacciava e prometteva di «salvare la Spagna dalla sovversione e dall’anarchia». In men che non si dica il paese si divise in due e diventò un campo di battaglia per tre lunghi anni: i nazionalisti guidati dal generale Franco, da un lato, e il governo repubblicano dall’altro. I primi ottennero l’appoggio del clero, dei conservatori, dei proprietari terrieri nonché l’aiuto di vari dittatori europei che inviarono uomini, mezzi, aerei, mentre la maggior parte della popolazione – che vedeva tra le sue file operai, contadini, nazionalisti baschi e catalani, anarchici, comunisti socialisti – armata di coraggio e voglia di lottare per la propria libertà, innalzava le barricate a fianco dei volontari della brigata internazionale facendo proprio il grido, ormai storico, che la dirigente comunista Dolores Ibarruri (detta la Pasionaria) urlava a gran voce da Radio Madrid: «No pasaran».

Da quel momento in poi furono molte ed intense le battaglie che si susseguirono e tante furono le città conquistate molto presto dai nazionalisti: Cordoba, Oviedo, Pamplona, Saragozza, Siviglia. Ma Madrid, la rossa, e Barcellona resistettero a lungo; altrettanto duro sarà lo scontro sul fiume Ebro, a Guadalajara, a Huesca, a Irùn.

 

Los italianos

E ad ogni città Sprega e Tagliferri colgono l’occasione per “presentarci” alcuni tra i giovani idealisti italiani che si immolarono per una causa considerata alta e nobile. Ci guidano fino a farci conoscere un po’ dell’uomo, un po’ del combattente attraverso i loro pensieri, le loro reazioni, facendo passare per le loro stesse bocche il racconto delle loro vite passate e delle loro speranze future.

Ricordiamo: Alberto Donati, muratore che, diventato militante comunista e per questo schedato tra i sovversivi nei registri dell’Ovra (Organizzazione volontaria per la repressione dell'antifascismo), giunse a Irùn dove perse la vita difendendo i cittadini in fuga lungo il ponte di Hendaye; Guido Borselli visse a lungo in Francia da clandestino per sfuggire anch’egli all’Ovra finché non si arruolò tra i volontari internazionali. Giunse ad Albacete, campo di addestramento dove era previsto un periodo di formazione giornaliera per i combattenti: un’ora di istruzione tecnica, una di pratica e una di formazione politica. Guido, assegnato al battaglione “Garibaldi” fu assegnato al reparto trasmissioni e svolse la sua missione nella capitale. 

Dante Galli, comunista, scappò in Francia per evitare le rappresaglie fasciste e, recatosi in Spagna nel 1937, combatté tutte le battaglie della brigata XII. Robert Capa, il grande fotografo, lo immortalò a Barcellona durante la manifestazione di saluto agli uomini della brigata internazionale e proprio il particolare di tale foto, che ritrae il volto fiero di Dante Galli, fa da copertina al libro. E ancora Mario Bertè, capitano del III battaglione, morì sul fronte dell’Ebro; Emilio Canzi, anarchico, nominato ufficiale nel reggimento Durruti, sarebbe anche diventato comandante partigiano durante la Resistenza italiana.

Tra i numerosi guerriglieri in Spagna possiamo citare anche nomi famosi di scrittori e politici, quali Giuseppe di Vittorio, Ernest Hemingway, Pietro Nenni, George Orwell, Carlo Roselli; impossibile non fare menzione al brutale assassinio per mano dei falangisti del grande poeta spagnolo Federico Garcìa Lorca.

Molti dei volontari, dopo essere stati congedati dalle brigate internazionali, furono anche rinchiusi per molti mesi nel campo di prigionia francese di Saint Cyprien; altri riuscirono ad attraversare il confine francese e a proseguire la loro battaglia contro l’antifascismo tra le file dei partigiani; tanti altri invece lasciarono il loro coraggio e valore sul campo a testimoniare quanto sia importante per un uomo non arrendersi a nessuna forma di oppressione. Come disse loro Pietro Nenni «Tutti senza saperlo avete vissuto un’Iliade».

Tutti gli uomini di cui gli autori parlano e narrano un frammento di vita, tutti questi eroi “anonimi” soffrirono il freddo delle notti gelide e il caldo torrido delle estati, la nostalgia di familiari e amici, di una terra lontana da cui erano stati costretti ad allontanarsi perché tacciati come “soggetti pericolosi” dal regime e a cui ripensavano con rabbia e malinconia. Lottarono animati da un idealismo romantico che, anche nei momenti di sconforto e di delusione, li spinse a continuare a percorrere quel difficile tragitto che avrebbe portato alla grande speranza della libertà. 

«Raccontate loro delle brigate internazionali. Raccontate loro come, attraversando monti e mari, valicando frontiere, questi uomini vennero al nostro Paese crociati della libertà…» (Dolores Ibarruri).

 

Alessandra Morelli

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 5, gennaio 2007)

 

Redazione:
Mariangela Monaco
Collaboratori di redazione:
Alessandro Crupi, Valentina Pagano, Giusy Patera, Roberta Santoro, Andrea Vulpitta
Curatori di rubrica:
Monica Baldini, Rita Felerico, Daniela Graziotti, Luisa Grieco e Mariangela Rotili, Mariangela Monaco, Valentina Pagano, Giusy Patera
Autori:
Monica Baldini, Martina Chessari, Alessandro Crupi, Felicina Di Bella, Rita Felerico, Clementina Gatto, Daniela Graziotti, Luigi Innocente, Luisa Grieco e Mariangela Rotili, Ennio Masneri, Mariangela Monaco, Alessandra Morelli, Valentina Pagano, Giusy Patera, Luciano Petullà, Roberta Santoro, Alessandro Tacconi, Silvia Tropea, Andrea Vulpitta
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