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A. XVIII, n. 205, nov. 2024
Storia di una stirpe
nascita di una civiltà
nel mito di Atlantide
di Antonietta Zaccaro
Un mistero “disvelato” in uno studio
composto a più mani. Eremon edizioni
Chi di voi non ha mai fantasticato sulle civiltà sconosciute, sui misteri che la storia nasconde, sulla mitica costruzione delle Piramidi, troppo grandi e così imponenti da credere in una costruzione extraterrestre? Chi non ha mai pensato di cercare la mitica isola di Atlantide, inghiottita dai flutti milioni di anni fa, e spulciare le conoscenze dei suoi mitici abitanti, dotati di grande intelletto, tanto da essere considerati i precursori della civiltà moderna? Un modo per addentrarsi in questi misteri, che da secoli affascinano grandi e piccini, è il libro, ma io lo considererei più un manuale, scritto a sei mani da Diego Marin, Erik Schievenin e Ivan Minella, Atlantidi. I tre diluvi che hanno cancellato la civiltà (Eremon edizioni, pp. 348, € 19,00), che hanno studiato e catalogato, con una marcata impronta scientifica, tutti i dati e le fonti antiche, fino a giungere alla conclusione che Atlantide, la mitica isola di cui fa menzione Platone, è realmente esistita, e che i suoi abitanti, i Pelasgi, peregrinando da una parte all’altra del mondo, dopo la distruzione della loro patria, hanno dato vita alla civiltà del mondo. Nella Prefazione, Roberto Giacobbo, conduttore di Voyager, definisce l’opera «una pubblicazione ricca di dati storici e non solo in grado di creare riga dopo riga, passo dopo passo un’affascinante linea narrativa ma anche di avvincere il più inesperto lettore. Una linea rossa che affascina e non ultimo fa sognare». Non resta altro che augurarvi buona lettura!
La diaspora dei Pelasgi
Nell’antichità, Atlantide era considerata la patria mitica degli dei, luogo distrutto per tre volte da altrettanti diluvi e rifondata in diversi luoghi del pianeta. Lo studio degli usi e dei costumi dei suoi abitanti, la civiltà più antica della quale c’è traccia nella memoria dell’uomo, riescono a farci capire, nonostante gli arricchimenti fantastici, ciò che accadde alla Terra «negli anni che al termine dell’ultima era glaciale estinse la gloria dell’uomo, fino a ricondurlo allo stato di cacciatore-raccoglitore». Noi conosciamo questa civiltà con il nome di Cro-Magnon, i suoi abitanti avevano pelle chiara, occhi chiari e capelli biondi o rossi e adoravano un’unica divinità. La loro diaspora, iniziata nel 13.000 a.C. li portò a dividersi in due grandi famiglie: una si diresse verso l’America Latina e l’altra in Europa. Le loro conoscenze li portarono ad assoggettare le popolazioni già esistenti su quei territori e, presto, con la salita al trono del grande re Minosse, o Osiride, il loro regno prese forma di impero che abbracciava tutta l’Europa fino all’India. Questo impero rimase in piedi per circa tremila anni, finché un nuovo diluvio non distrusse, di nuovo come nel 13.000 a.C., la civiltà. Un gruppo superstite di Pelasgi si diresse dalla Turchia all’Italia, siamo nel 9.600 a.C., e prese il nome di Etruschi del Primo Regno. In Oriente il regno fu rimesso in piedi da Sargon, nato presso gli Accadi, popolo mesopotamico, che in poco tempo riuscì a porre sotto la sua bandiera tutto il Medio Oriente, superando Gibilterra e giungendo fino in Inghilterra. Analizzando le credenze religiose di questi popoli così diversi tra loro, notiamo una sorta di anello di congiunzione che unisce tutti i popoli della terra. Ecco che da qui scaturisce l’idea di un’origine comune, un unico popolo che, con le sue colonizzazioni, ha dato origine alla civiltà moderna.
Ma soffermiamoci per un po’ su questi tre diluvi che cancellarono la civiltà pelasgica in tre diverse riprese. La maggior parte degli studiosi era concorde, fino a qualche tempo fa, nell’affermare che queste inondazioni sono state il frutto dello scioglimento dei ghiacci, formatisi durante le varie ere glaciali, ma negli anni Settanta, gli studi di Cesare Emiliani, professore di Scienze geologiche, hanno messo in dubbio le teorie fino ad allora accettate dalla comunità scientifica. Analizzando la teoria precedente, dimostrò che, secondo quei calcoli, lo scioglimento dei ghiacci avrebbe dovuto tradursi in un grande e solo cataclisma, e non in tre diverse inondazioni. Allora si è giunti alla conclusione che metà dell’acqua di scioglimento fu rilasciata ad intervalli regolari in tre differenti alluvioni collocate all’incirca: la prima da 15.000 a 14.000 anni fa, la seconda da 12.000 a 11.000 anni fa e la terza da 9.000 a 8.000 anni fa. Appunto i tre diluvi che distrussero la mitica Atlantide.
I Pelasgi in Sud America
I segni del passaggio di questa civiltà in America Meridionale si hanno soprattutto in Perù, dove visse la popolazione precolombiana degli Incas. Analizzando i manufatti inca giunti fino a noi, vediamo che molte dello loro tradizioni riconoscono l’esistenza di un’antica civiltà perduta, i Viracochas, che avrebbe colonizzato il Perù migliaia di anni prima degli Incas. Si ipotizza che fossero appunto i Pelasgi sopravvissuti al diluvio del 13.000 a.C. questo è avvalorato anche dal ritrovamento in siti archeologici inca, di forme di prescrittura pelasgica e specialmente dalla Pedra Pintada: una grande pietra di cento metri di altezza, ottanta di larghezza e trenta di altezza, ricoperta per seicento metri quadrati da migliaia di segnature di prescrittura pelasgica.
I Pelasgi a Malta
Tra il 13.000 a.C. e il 12.000 a.C., le navi pelasgiche si divisero: una parte si diresse verso l’Inghilterra, varcando le Colonne d’Ercole, l’altra si diresse verso l’isola di Malta. Qui i Pelasgi incontrarono le popolazioni paleolitiche che abitavano la Sicilia, da poco staccatasi dalla terraferma italiana. Questa civiltà ha lasciato molte tracce sull’attuale terraferma maltese, si contano, infatti, i resti di circa trentatré templi megalitici, cinque strutture con pianta irregolare e ben altri venti siti dimostrano l’esistenza di gruppi megalitici sparpagliati. Secondo una leggenda, l’isola sarebbe la patria della ninfa Calipso, considerata la capostipite dei Feaci: Omero ci narra che la ninfa, dando indicazioni a Ulisse per giungere a Corcira, l’odierna Corfù, gli ricorda di navigare tenendo sempre l’Orsa alla sua sinistra, cosa che accade navigando da Malta a Corfù. Quindi Malta potrebbe essere la patria originaria dei Feaci, considerati i più esperti marinai di tutti i tempi, e di conseguenza discendenti del popolo pelasgico.
I misteri delle piramidi
Secondo gli egittologi la civiltà egizia nacque intorno al 3.100 a.C., all’epoca della prima dinastia faraonica. Secondo una credenza popolare egizia, però, prima dell’età faraonica «vi fu un tempo in cui il paese era governato con estrema saggezza da “dei viventi”. Questi arrivarono dal mare e portarono la civiltà e la conoscenza». Appunto i Pelasgi. Vengono chiamate qui in causa le Piramidi, in quanto si ritiene che fossero delle costruzioni antecedenti alla data generalmente indicata e che, dietro ai loro cunicoli angusti e alle loro stanze, ci sia una miriade di segreti che fanno pensare che chi le ha costruite fosse dotato di una intelligenza superiore, quasi divina. Ma andiamo con ordine! Iniziamo il nostro cammino dalla piramide più grande, quella di Khufu, o di Cheope, costruita, secondo gli egittologi, intorno al 2.551 a.C. e il 2.528 a.C. La piramide, prima di essere usata come materiale edile per la costruzione de Il Cairo, era ricoperta sui quattro lati da pietre bianche, provenienti dalla cave di Tura, sull’altra sponda del Nilo; questi blocchi pesavano all’incirca quindici tonnellate ciascuno ed erano incastrati così perfettamente che era impossibile farci passare attraverso la lama di un coltello. Inondata dalla luce del sole, scintillava come un gioiello. Entrando nella piramide, troviamo un dedalo di cunicoli che portano da una parte alla “Camera della Regina” e dall’altra alla “Camera del Re”, dove doveva trovarsi il sarcofago del faraone Khufu, anche se non sono state mai trovate tracce né di oli usati per l’imbalsamazione, né di altri prodotti che indicassero la presenza del sarcofago. Quello che attira l’attenzione nelle due camere è la presenza di alcuni cunicoli di aerazione: nella “Camera del Re” questi finiscono al di fuori della piramide, in quella della “Regina”, invece, non trovano via d’uscita. Non è plausibile la teoria dell’opera incompiuta in quanto, nel 1993, uno studioso tedesco, inviò nel condotto un piccolo robot che si arrestò davanti ad una piccola porticina, con una piccola fessura ad una estremità, ciò indicava che gli antichi terminarono il condotto, ma ne vollero bloccare l’accesso. Ipotesi plausibile è che al termine del condotto vi sia una stanza segreta. Nel 1984 un ingegnere edile belga, Robert Bauval, notò che i condotti della piramide erano collegati con due delle principali stelle, la Stella Polare e Orione. Egli riuscì a trovare una connessione stellare molto più ampia, che abbraccia tutta la piana di Giza: ha notato che le tre piramidi non sono allineate secondo una diagonale precisa, ma la terza è leggermente fuori asse, verso est, da ciò è giunto alla conclusione che le piramidi fossero un modo per gli egizi di rappresentare in terra la volta celeste, in questo caso la Cintura di Orione. Altro elemento enigmatico è la Sfinge, questa enorme costruzione con il corpo di leone accovacciato e la testa umana. Gli egittologi indicano nel viso della Sfinge quello del faraone Khafra, che volge il suo sguardo a est. Ma si sono verificate delle incongruenze: il volto della Sfinge sembra di una persona di razza negroide. Da qui, nell’ottica delle teorie di Bauval, la costruzione guarderebbe il suo corrispondente stellare, cioè la costellazione del Leone; il volto fu, con molta probabilità, aggiunto in un epoca posteriore.
Le Sangam: India
Altro luogo del globo che vide la colonizzazione pelasgica fu l’India, che ha nei Veda la sua forma più antica di scrittura e di cultura, probabilmente risalente all’epoca dei Pelasgi. Ma il punto più importante della mitologia indiana è sicuramente quella che riguarda il mistero della Collina Rossa e delle Sangam. Secondo la tradizione, nella regione del Tamil Nadu, nell’India Meridionale, in un periodo di tempo poco inferiore ai 10.000 anni, i Pandya fondarono tre città, chiamate Sangam, allo scopo di promuove la cultura, la letteratura e la poesia. La prima città, però, fu sommersa da un diluvio, allora i superstiti, riusciti a salvare alcuni libri dall’acqua, si trasferirono più a nord e fondarono la seconda Sangam, che, poco dopo, di nuovo, fu distrutta da un’alluvione, allora di nuovo si ritirarono più a nord, nella parte peninsulare dell’India e qui fondarono la terza Sangam, l’attuale Madurai. Leggendo la storia delle tre città indiane distrutte e ricostruite, non possiamo evitare di fare un parallelismo con Atlantide. Uno studioso, Graham Hancock, ha dimostrato come la data della fondazione della prima Sangam, 9.600 a.C., combaci in maniera suggestiva con la data indicata da Platone per l’inondazione della mitica isola. Non ci resta quindi che continuare a cercare!
Antonietta Zaccaro
(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 55, marzo 2012)
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi