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Anno VI, n. 55, marzo 2012
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Home Page (a cura di Cecilia Rutigliano) . Anno VI, n. 55, marzo 2012

Zoom immagine Due donne e due vite differenti…
un incontro fortuito e seducente

di Emanuela Pugliese
Da Csa editrice, un romanzo che attrae con l’arte della parola,
il fascino dei pensieri e la sensualità dello stile di Ginetta Rotondo


Può una persona, giunta inaspettatamente nella propria casa, stravolgere una vita tranquilla, provocare un ribaltamento di prospettiva e di interpretazione della realtà? Evidentemente sì. È quello che accade a Lisa, una giovane donna, appena ventiduenne, quella che si può tranquillamente considerare una ragazza “normale”: università, rapporto difficile con i propri genitori, pochi interessi (nessuno a dire il vero!); questi gli elementi che scandiscono la sua vita. Solo il ricordo della zia Elena, eterea figura che aleggia in tutto il romanzo, sembra costituire il vero punto fermo della quotidianità della ragazza, l’unico vero appiglio a cui aggrapparsi nei momenti di solitudine all’interno della misteriosa casa che la zia stessa le ha donato prima di morire. Lisa è la protagonista del nuovo romanzo di Ginetta Rotondo: L’ospite inattesa (pp. 136, € 12,00), edito dalla casa editrice Csa, che ha sede a Castellana Grotte (in provincia di Bari) ed è attiva nel panorama dell’editoria con opere di saggistica, narrativa e poesia.

 

Una visita improvvisa…

Nell’apparente tranquillità della casa ereditata dalla cara zia, come si accennava, tra antichi mobili in legno di ciliegio, stucchi e quadri d’altri tempi, Lisa viene colta dall’improvvisa apparizione di una donna, più grande di lei di oltre dieci anni, Adriana, giunta in cerca di soccorso.

Ma da cosa e, soprattutto, da chi sta fuggendo Adriana? Lisa lo ignora completamente. Ben presto verrà a conoscenza del fatto che Adriana non è una donna qualsiasi, bensì una prostituta “di lusso”, colei che persino le ultime vicende della politica italiana ci hanno abituato a definire escort.

Lisa è ovviamente turbata dalla rivelazione di Adriana: come può una persona, a prima vista colta e seducente come lei, scegliere di svolgere il mestiere più degradante e svilente per una donna, in cui a essere messo in discussione è solo il proprio corpo? No, Lisa non riesce assolutamente a capire; o forse non vuole capire perché troppo influenzata dai valori di una società perbenista e borghese nella quale è stata cresciuta, la cui unica ideologia – alla quale poter e dover aderire – è quella dettata dalla religione cattolica. Effettivamente risultava troppo scomodo credere in qualcosa che potesse scuoterle la coscienza e liberarla dai preconcetti e dai pregiudizi.

Tuttavia, qualcosa doveva cambiare… Lisa non poteva permettersi di condurre la vita monotona e insulsa della madre: questo non lo avrebbe mai accettato! «Sei una crisalide, Lisa, e un giorno ti trasformerai in una splendida farfalla» le diceva sempre la zia Elena mentre le pettinava i lunghi capelli castani…

Adriana, la donna della quale Lisa subisce involontariamente il fascino, rappresenta così la chiave di volta, l’opportunità per riscattarsi, un mondo intero da esplorare e da vivere.

 

Sensualità e mistero tra lezioni di filologia italiana e musica classica

Una delle peculiarità del romanzo risiede nelle digressioni letterarie e filosofiche che costituiscono i dialoghi tra le due coprotagoniste: vere e proprie lezioni di filologia italiana su Dante, Leopardi e Montale diventano un utile strumento per interpretare la realtà e un input ulteriore per andare sempre alla ricerca del passato, “scavare”, per risalire all’origine di ogni cosa e quindi sembrano voler dire che nulla è affidato alla casualità e che tutto può essere dubitato: «Il dubbio qui non è inteso come incertezza, ma come sprone della mente, capace di varcare i confini dell’apparenza, afferrare l’essenza delle cose e districare l’intricato sistema delle verità».

Inoltre, lo stile del romanzo è, nella sua totalità, capace di sedurre con la grazia dei movimenti delle due donne, la sensualità della forma e l’irruenza degli avvenimenti: nulla sfugge all’attenzione della nostra autrice – già vincitrice del secondo posto assoluto, primo nella sezione narrativa, dell’edizione 2011 del Premio letterario nazionale “La penna perfetta” – che costruisce la storia in maniera impeccabile e crea un intreccio narrativo sapientemente equilibrato, quasi volesse realizzare una trasposizione cinematografica o teatrale.

Ma allora chi è Adriana? Certamente non una prostituta qualsiasi, dal momento che conosce alla perfezione il latino, ama l’arte, l’estetica e la musica classica. Ed è così che le due donne si perdono in discussioni sull’esistenza di Dio, sul modo di intendere l’amore e l’eros mentre nell’aria risuonano le note di Debussy e Chopin. «Certamente, l’arte, in tutte le sue forme, induce verso il sublime. Ma il senso di libertà che l’arte possiede bisogna cercarlo anche nelle piccole cose che facciamo quotidianamente. La bellezza nasconde le sue trame anche in un piccolo gesto» le ripeteva Adriana.

Che male c’è, dunque, a sentirsi liberi? La libertà non è forse la condizione primaria alla quale ogni essere umano dovrebbe aspirare? Per farlo però bisognava scrollarsi di dosso tutti gli orpelli e le convenzioni della società comune. Questo Lisa lo sapeva bene; una cosa però ignorava: il fatto che solo la cultura potesse renderla veramente libera.

Un romanzo, quello della Rotondo, che ci aiuta a erompere dagli schemi, a trovare un’alternativa a quelle banalità da cui siamo perennemente sopraffatti, a vedere sempre e comunque al di là dell’apparenza perché anche noi, come Lisa, abbiamo bisogno di sfuggire dalle abitudini, di contemplare il “bello” nella sua interezza e di subire il fascino dell’arte.

Non importa allora se, per raggiungere la felicità interiore ed essere appagati con se stessi, bisogna scendere a qualche compromesso… Non è forse la vita una continua scommessa, un’incessante ricerca della “verità”, sul declivio delle vertigine spirituale, e del “sublime” mediante la contemplazione e il misticismo?

Probabilmente, come Lisa, anche noi ne usciremo, alla fine di questo libro, completamente compiaciuti perché avremo scoperto che, per “essere” non è sufficiente cogitare – per dirla come Cartesio – bensì “dubitare”!

 

Emanuela Pugliese

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 55, marzo 2012)

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