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Anno VI, n. 54, febbraio 2012
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Problemi e riflessioni (a cura di Angela Galloro) . Anno VI, n. 54, febbraio 2012

Zoom immagine I lupi che attaccano
gli agnelli: gioventù
difficile e ingenua
insidiata dal male

di Alessia Rocco
Da Città del sole racconti duri
sulle paure dei nostri tempi


Quello degli adolescenti è un universo complesso, carico di contraddizioni, attese, aspirazioni; l’adolescenza è il momento in cui la vita si trasforma e diviene altro rispetto a ciò che è stata durante l’infanzia. Scemano le certezze che nutriamo da piccoli e avvertiamo lucidamente la paura di crescere, di confrontarci con gli altri, con la vita che ci si dipana dinanzi, così come ci appare quasi insopportabile l’ansia di diventare grandi, di uscire dal guscio.

Vaghiamo nel limbo doloroso di chi non è più bambino ma ancora non può dirsi adulto.

Gli adolescenti sono esseri fragili, per quanto indossino spesso effimere maschere di sicurezza, e come tali rischiano di diventare preda di chi non si fa scrupoli a ingannarli, facendo breccia nell’ingenuità pura di chi confida nella sincerità del mondo e del prossimo, certi che il male non possa mai manifestarsi, che sia qualcosa di lontano, che accada altrove, e nella sicurezza che la vita sia sempre un’esperienza meravigliosa e piena di sorprese positive.

Eppure il male esiste e si insinua nelle pieghe dell’esistenza indebolendo le nostre difese, rendendoci muti dinanzi al dolore, e lo fa inseguendoci fin da bambini, raggelando il cuore dei nostri genitori i quali sanno in partenza che, per quanto si sforzeranno di proteggerci, non potranno mai costruire barriere troppo alte affinché le insidie del mondo non ci stanino.

Il lupo è veramente cattivo (Città del Sole Edizioni, pp. 176, € 12,00), il nuovo romanzo di Angela Barbieri, parla al mondo dei ragazzi, e lo fa attraverso tre storie in cui risalta il difficile processo del divenire adulti in una società in cui i pericoli sono dietro l’angolo, pronti a metterci in difficoltà.

Fin dalle prime battute appare chiaro che l’autrice, tramite i suoi personaggi, comunica le proprie paure sebbene non tratti nel testo esperienze personali. Parlare del male aiuta a esorcizzarlo nonostante sia difficile da annientare. Non si è mai pronti ad affrontare ciò che la vita ci riserva, sembra affermare la Barbieri nel racconto delle sue storie, tutte di ragazzi alle prese col difficile gioco del diventare grandi, in un mondo di adulti feroci che si trasformano in belve e stroncano i sogni di chi vuole avere fiducia, di chi ha il sole dentro e non si aspetta che qualcuno arrivi a spegnerlo senza pietà.

 

Percorsi dolorosi

Angela Barbieri racconta tre storie legate da un filo sottile. I personaggi si muovono in uno scenario di vita vissuta che potrebbe appartenere al quotidiano di ciascuno di noi e nel quale, di certo, siamo in grado di specchiarci anche se le nostre esperienze sono lontane da quelle raccontate.

Sara è una ragazza di quattordici anni, alla ricerca perenne della figura paterna che la vita le ha negato e alla cui assenza non riesce a rassegnarsi. La cercherà spasmodicamente nei propri sogni di adolescente, fino ad idealizzarla. Proprio quel padre tanto desiderato diverrà, nell’epilogo, oscuro artefice del suo destino.

Federico ha dodici anni, è orfano di madre e vive con un padre violento e sospettato di aver molestato la sorellina che è stata affidata a una zia materna. Federico è arrabbiato col mondo e sente terribilmente la mancanza della sorella alla quale è legato da un indissolubile affetto.

Proprio l’assenza di una figura maschile autorevole e affettuosa lo spingerà tra le grinfie del male, un “lupo” nascosto dietro le sembianze di un amico fidato, che saprà sfruttare l’ingenuità del ragazzo pur di carpirne i segreti più intimi e cercare di utilizzarli per il proprio sordido tornaconto.

Chiara è un’insegnante di sostegno, la più adulta tra i personaggi, una donna realizzata, apparentemente serena, dedita al proprio lavoro con passione. Ha una madre che ama, con la quale vive e alle cui braccia ritorna ogni sera come a un porto sicuro.

Anche lei dovrà, però, affrontare, a un certo punto della propria esistenza, una verità dolorosa che sconvolgerà il suo piccolo universo e la metterà dinanzi a una realtà che mai avrebbe potuto immaginare.

 

Un romanzo che riflette la cronaca

Il romanzo della Barbieri è un coacervo di pathos, sofferenza, ferocia. I personaggi negativi irretiscono nella loro spirale di violenza, sottile e caparbia, le ingenue prede, precipitandole in un’oscurità senza fine dalla quale non può esservi ritorno. Il male è dilagante, e le anime più innocenti diventano obiettivi facili da colpire, perché ancora poco avvezze alle insidie del mondo.

E in questo universo di aberrazioni nemmeno l’amore di una madre può consolare e difendere fino in fondo, perché la malvagità dei “lupi” è subdola, si insinua come un veleno nelle pieghe del bene, scalfendone le fondamenta, con la pazienza del ragno che tesse la trama in cui la preda resterà avviluppata.

Un tormento raggelante attraversa tutto il testo in cui prendono corpo le grandi paure del nostro tempo, quella della solitudine, della violenza, della pedofilia.

Nel romanzo non esistono personaggi principali poiché il testo ha una struttura a incastro e ciascuna figura che anima la vicenda narrata brilla di una luce unica, originale, avanzando nel racconto con il proprio bagaglio di esperienze, la propria zavorra quotidiana. In questo modo l’autrice riesce mirabilmente a mantenere alto l’interesse del lettore che, coinvolto nella tensione della narrazione, giunge all’epilogo della stessa cogliendone le sfumature più intime. Il romanzo è percorso interamente dal mito di Cappuccetto Rosso, allegoria del difficile e doloroso percorso di evoluzione adolescenziale, nel quale il “bosco” rappresenta l’ignoto in cui, abbandonando il sentiero conosciuto, ci si inoltra allontanandosi dalla “retta via”, cedendo con estrema facilità alle lusinghe del male, che in questi casi si cela sotto le mentite spoglie del bene.

Il ritorno alla luce è arduo perché non sempre, se non nelle occasioni più fortunate, c’è un “cacciatore” pronto a sventrare il “lupo”. Nel romanzo questo senso di ineluttabilità è ben disegnato, attraverso immagini nitide, dialoghi asciutti, nei quali l’autrice si serve anche di una buona dose di slang giovanile, per dipingere con realismo i personaggi.

Impressionante è la corrispondenza delle storie raccontate con gli ultimi eventi di cronaca nera che hanno avuto come vittime giovani adolescenti, la cui vita è stata spezzata da una violenza efferata che non concede appello; questo nonostante il romanzo sia stato scritto molti anni prima rispetto agli eventi riportati sulle pagine dei giornali, quasi a voler sottolineare quanto la spirale del dolore sia ciclica, sempre uguale a se stessa, e come le vittime siano sempre e inevitabilmente i deboli.

In questo romanzo crudo e doloroso emergono le grandi paure con cui i genitori fanno i conti quotidianamente, senza riuscire a concepire una rete di protezione capace di difendere i figli dalle trappole del mondo esterno. Nessuna madre, ci dice la Barbieri, può sperare di custodire il bene senza la paura di incappare nelle terribili sorprese che la vita può riservare, e lo fa con un’ultima frase carica di doloroso rammarico: «Il lupo cattivo è fuori la porta e non potrà entrare, ci sono io a proteggerti. Magari».

 

Alessia Rocco

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 54, febbraio 2012)

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