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Anno VI, n. 54, febbraio 2012
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Politica ed Economia (a cura di Alba Terranova) . Anno VI, n. 54, febbraio 2012

Zoom immagine Lotta operaia
in estinzione

di Giovanna Russo
La vita di fabbrica
in un’autobiografia
edita da Mondadori


È recente la vicenda che vede protagonisti gli operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese e la loro disperazione per l’incerto futuro che gli si prospetta dopo la cessione della fabbrica a marchi stranieri.

Le novità che giungono da Termini Imerese non sono nuove alle orecchie dei cittadini che, ormai, in quest’epoca di crisi globale e forti cambiamenti, sono abituati a sentire simili notizie dai canali di informazione.

Le economie mondiali sono oggi in grosse difficoltà e con esse tutto l’apparato produttivo. Alle vicende internazionali si legano inevitabilmente quelle locali, spesso caratterizzate dalle difficoltà e dalla disperazione di modeste famiglie che vedono messa a repentaglio la loro quotidianità.

 

«Un libro che Marchionne dovrebbe leggere... e anche la Fiom»

Queste storie, vive e vere, le difficoltà operaie, le lotte sindacali, di ieri come di oggi, non sono solo oggetto di racconto dei giornali, ma spesso campeggiano nelle pagine dei romanzi, come nel caso di Mammut (Mondadori, pp. 188, € 17,00).

Autore del romanzo, vincitore della sessantaquattresima edizione del Premio “Strega” con Canale Mussolini edito Mondadori, è Antonio Pennacchi, ex operaio, originario di latina, laureato in lettere con titolo conseguito in tarda età, sfruttando un periodo di cassa integrazione. Un po’ romanzo storico, ambientato nel Lazio degli anni Settanta, un po’ autobiografia, il libro racconta della chiusura di una fabbrica di Latina, ma più di tutto racconta le difficoltà del lavoro operaio, la sopportazione, la disfatta forzata.

 

Cinquantacinque rifiuti per una storia oggi attuale più che mai

Mammut vanta una lunga e travagliata vicenda editoriale che lo ha visto uscire nel 2011 a marchio Mondadori. Il romanzo ha subito, di fatti, un lungo lavoro di elaborazione e affinamento dovuto per lo più ai ben cinquantacinque rifiuti collezionati dopo la presentazione del dattiloscritto a ben trentatré diversi editori. Pubblicato finalmente nel 1994 da Donzelli, vinse il “Premio del giovedì”. Oggi è il lavoro meno conosciuto di Pennacchi, benché in esso risieda un intenso racconto autobiografico legato alle vicende della fabbrica in cui lo stesso rimase impiegato per circa trent’anni, la Alcatel Cavi di Latina, all’epoca chiamata Fulgorcavi.

L’autore, in una riflessione polemica e disincantata, racconta la vita quotidiana in una fabbrica, la Supercavi di Latina e, in tono talvolta ironico, a tratti grottesco, le storie dei suoi occupanti.

Il protagonista della vicenda è Benassa, capo storico del consiglio di fabbrica e rappresentante sindacale, che, dopo una serie di azioni di lotta per impedire la chiusura dello stabilimento, tra cui l’occupazione della centrale nucleare di Nettuno, rinuncia alla sua “vocazione” per ritirarsi due anni in casa, divenire un intellettuale e scrivere un libro sulla Supercavi. 

Sia lui che i suoi colleghi sanno bene che la stesura del libro è solo un escamotage delle alte dirigenze per l’allontanamento di una figura tra le più scomode in fabbrica, ma decidono a malincuore di accettarla. Si avverte un certo disfattismo, una certa rassegnazione per una scelta inevitabilmente dolorosa.

 

Estinti, come i mammut

«E poi io credevo a una cosa. Avevo in testa un mito. Un’idea. Purtroppo la storia è andata avanti: la classe operaia, come classe che doveva dirigere tutto, come diceva Marx... oramai è una specie in via d’estinzione. Anche numericamente. Come il lupo... Ci siamo estinti già da un pezzo. Come il bisonte dell’Europa. Come i Mammut».

È un fossile preistorico, a tratti mitologico, relegato in una memoria collettiva che non ne conosce le radici; è questa oggi la classe operaia. Oggi non si lotta o, laddove lo si fa, questa lotta non riceve alcuna eco.

È una premonizione quella che ha la voce narrante di questo romanzo ambientato negli anni Settanta quando la classe operaia aveva formato un vero e proprio ceto sociale forte e compatto.

Oggi questo ceto non esiste più, si è disgregato o forse si è tramutato in qualcosa di irriconoscibile per gli attivisti di un tempo; un’identità dettata da un cambiamento di priorità indotto dalla società e dal circuito economico che la condiziona.

Allora il romanzo non è solo una testimonianza storica, ma racchiude un valore sentimentale rivolto a un epoca, a una forma mentis ormai perduta, a una società ancora aperta ad ascoltare le voci e le necessità dei suoi componenti. Oggi come allora si combatte, ma le lotte sembrano non avere peso, quasi schiacciate dalle leggi mediatiche. Le regole globali schiacciano l’individuo non lasciandogli via d’uscita; quasi come si trattasse di una carcassa fossilizzata, di un pezzo da museo, che si osserva con distacco e superficialità, quasi fosse davvero un mammut.

 

Giovanna Russo

 

(www.bottegascriptamanent.it , anno VI, n. 54, febbraio 2012)

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