Homepage - Accesskey: alt+h invio
Editore: Bottega editoriale Srl
Società di prodotti editoriali, comunicazione e giornalismo.
Iscrizione al Roc n. 21969.
Registrazione presso il Tribunale di Cosenza
n. 817 del 22/11/2007.
Issn 2035-7370.

Privacy Policy

Direttore responsabile: Fulvio Mazza
Anno II, n° 5 - Gennaio 2008
Sei in: Articolo




Home Page (a cura di Tiziana Selvaggi) . Anno II, n° 5 - Gennaio 2008

Zoom immagine Tempo e necessità vitale
della poesia, oltre i versi

di Martina Chessari
Un viaggio di conoscenza, tra dolore e coraggio:
i nodi dell’esistenza in un testo edito da Pellegrini


Negli ultimi tempi sono tanti i dibattiti culturali che hanno come oggetto il ruolo della poesia oggi, in un’epoca frenetica dove nessuno sembra avere il tempo per fermarsi e lasciarsi trasportare dalle emozioni che una lirica può suscitare. Ci si chiede se si abbia ancora la voglia di scoprire i molteplici significati nascosti dietro i versi di un poema, di godere della musica che nasce da ogni sillaba, di bloccare il tempo per sospendersi nei pensieri dell’anima.

Eppure, soprattutto oggi leggere poesia sarebbe un ottimo modo per interrogare noi stessi, riflettere e rallentare un ritmo di vita vertiginoso.

Nell’ambito di questo dilemma contemporaneo parliamo di un artista che invece ha fatto della poesia il suo maggior mezzo d’espressione: Marco Gatto, autore di Misura del Tempo (Prefazione di Renato Nisticò, Luigi Pellegrini editore, pp. 88, € 8,00), una silloge poetica che raccoglie gli scritti da lui composti tra il 2001 e il 2006. Calabrese di nascita (Castrovillari, 1983), lo scrittore si forma accademicamente fra due realtà agli antipodi: la Calabria, appunto, e Cambridge. L’esperienza inglese gli permette di vivere due ambienti culturalmente lontani, entrambi risultato e conseguenza di situazioni sociali ed economiche diverse da cui dipendono le rispettive crescite culturali.

Il poeta, quando gli si chiede se lo “scontro-incontro” fra le due culture abbia influenzato la sua produzione artistica, senza cadere nell’egocentrismo della sua personale esperienza sottolinea fermamente che siamo di fronte a due dimensioni difficilmente confrontabili e che « mentre in Inghilterra si respira un certo eclettismo artistico che fa di Londra, ad esempio, un crogiolo di identità e culture, in Calabria l’università rappresenta una speranza viva per lo sviluppo non solo culturale».

 

Memoria del passato e nodi esistenziali

Sin dalle prime pagine, Misura del tempo ci coinvolge in una poesia meramente esistenziale e profonda, dove l’essere e il non-essere si fondono insieme in una ricerca affannata che porta il poeta ora in un tempo lontano e passato, ora in un desiderio d’immediata eternità. Un tempo remoto che affiora nella mente con i ricordi e con le immagini della memoria ma che in certi momenti diviene vivo e reale rendendo complicato e faticoso il vivere quotidiano. Il passato, figura e presenza contraddittoria di queste liriche, appare spesso come un’arma a doppio taglio che genera ricordo e consapevolezza di antichi maestri che sembrano aver già detto tutto senza però svelare nulla.

Il poeta-narratore si mostra spesso smarrito e disorientato nel percorrere un cammino di cui s’intravedono le orme dei predecessori che, come lui, hanno tentato la via della verità senza mai afferrare il senso vitale di ogni cosa.

In questo labirinto esistenziale, le poesie di Gatto snodano e riannodano il pensiero, la logica e il sentimento, generando ora violente passioni di rinascita, ora desiderio di svanire nella “non-esistenza”, tanto che, in un primo approccio al libro, sembra quasi che l’autore aspiri a una fuga dal mondo per rifugiarsi in verità metafisiche che possano dare un senso alla propria esistenza. Contrariamente, i tratti tipicamente nichilisti che ci pare di scorgere vengono energicamente smentiti da Gatto, il quale afferma:

 

«No, assolutamente, non mi rispecchio nel nichilismo. Anzi, per certi aspetti, il libro cerca di proporre una prospettiva del tutto diversa. Per quanto influente nella nostra cultura, troppo spesso si confonde il nichilismo con una visione relativistica del mondo. Penso che il lettore possa essere tratto giustamente in inganno dal tono pacato, e probabilmente tragico, del mio libro.

Ma questa tragicità, ammesso ci sia, non deriva da uno stato esistenziale soggettivo, bensì da una presa di posizione politica che può essere riassunta in questo modo: finito l’umanesimo, è finita la poesia, insieme alla possibilità dell’uomo di aspirare a una certa visione totale dell’esistenza; ciò implica una confusione, una perdita spazio-temporale, una filosofia del frammento, ovvero tutto quel che va combattuto, a mio parere attraverso la poesia, interrogandosi e cercando prospettive alternative».

 

Fin dalle prime analisi della sua poesia emerge chiaramente che Vittorio Sereni ed Eugenio Montale sono indiscutibilmente i due modelli che Gatto sceglie come “maestri-guida” del suo percorso artistico, dal cui esempio eredita conforto e linfa vitale per il suo scrivere. Occorre però aggiungere che in lui non si riscontra un tentativo ambizioso di elevarsi a tutti costi al genio dei suoi maestri, bensì una sensibilità quasi contemplativa e nostalgica al loro cospetto.

In Esercizi di memoria, la prima parte della silloge, emerge chiaramente la particolare condizione dello scrittore, che si definisce «appeso a un filo», bloccato in una sorta di limbo dantesco che genera in lui dubbi e inquietudini. Dai versi traspira la sua intima difficoltà a compiere quel salto che lo separerebbe definitivamente da un periodo che non gli appartiene più, quella adolescenziale, ma che il poeta stenta a lasciare in quanto passato storico e territorio d’appartenenza.

A tratti, questa consapevolezza si accende e diviene sentimento di rinascita; si avverte la voglia forte di allontanare l’ingombrante passato e le sue ombre seducenti, diventare “altro”, liberarsi da qualsiasi “padre-modello” e scoprire l’unicità del “nuovo essere”, figlio di infinite sfaccettature.

Emblematici in questo senso i versi che riportiamo:

«Mi pento, /forse / di non aver capito prima / che non c’è seme unico a nutrire / una testa, ma doppie, triple, quadruple, / troppe biforcazioni».

Si nota come la visione di Gatto si liberi da quel senso di umiltà ricercata, di prudenza e riverenza nei confronti dei suoi “poeti-guida” e ne assuma un’altra più ricca ed elaborata, non più soggetta all’assolutizzazione di un modello ma frutto di infiniti e variabili elementi. Anche la scelta della parola “testa”, nei versi precedentemente citati, delinea la sua tendenza a inquadrare l’individuo nella sua valenza psicologica, e quindi complessa, variabile e indefinibile.

 

Il valore della poesia tra caso e fatalismo

Nella seconda parte del libro, intitolata Misura del tempo, Gatto approfondisce le sue riflessioni di tipo esistenziale affrontando il tema del destino.

In Fuori Misura, ad esempio, il pensiero e ogni logica annullano se stessi per spegnersi in una consapevolezza di non esistenza, di essere che equivale a non essere, per poi, solo a quel punto, ritrovarsi nel caso e nel caos. Leggiamo i seguenti versi: «Dimenticare se stessi per essere / se stessi, un nulla maggiore del niente / che esplode nella normale catastrofe / giornaliera, per caso». Si ha quasi l’impressione che un’antica concezione fatalista, legata all’immutabilità delle leggi del destino, lasci ora il posto ad una visione che affida ogni cosa al caso, all’imprevedibilità degli eventi, agli “incontri-scontri casuali”, il tutto in un’intrecciarsi di quesiti e considerazioni irrisolvibili che sfociano in una catastrofica visione della vita odierna.

Nel poema Di misura tale pessimismo viene espresso con un interrogativo: «per quanto ancora avanza questa vampa / di inferno che attorciglia / chi ha pur deciso di affogare?».

Chiediamo a Gatto, ai fini di una corretta chiave interpretativa, con quale metodologia si approcci alla vita e attraverso quale chiave di lettura analizzi

gli eventi umani. Ci spiega il poeta:

 

«Di fronte a crisi esistenziali, si ha l’impressione che il fatalismo sia l’unica arma da opporre alla giustezza degli eventi. Purtroppo, siamo tanto abituati all’elogio del caso che le nostre categorie mentali o interpretative non possono farne a meno, anche nella lettura di una poesia o di qualsiasi opera d’arte. Nel libro faccio reagire il caso con il caos, ma solo per scovare un’alternativa umana. È mia convinzione che, nell’epoca del fatalismo e della superficialità, la poesia possa riscoprire un senso della storia più umano e meno mistico».

 

Nell’ultima sezione della raccolta, Ipotesi private, notiamo un tono più audace e determinato rispetto allo stile precedente, grazie al quale la scrittura del poeta acquisisce vigore e autonomia. La nuova forza, afferma Gatto, si giustifica come una sorta di «riscatto dalla precedente materia, più libera e meno costruita, quasi a raffigurare il crescere di uno sforzo di espressione e immaginazione, poi smorzato dal “Postludio” che ho voluto inserire come congedo».

I versi che leggiamo denotano una poesia sofferta, segnata da un lutto, generata da una mancanza e dal conseguente vuoto di «chi resta / al nodo del dunque».

Irrompe la figura del silenzio come simbolo di verità e autenticità, e anche come riscatto dal dolore. Il poeta si rifugia in un’immobilità ricercata per sfuggire alla menzogna e alla vanità che attanaglia ogni cosa, risultando combattivo senza combattere, pungente senza attaccare, acceso e passionale nel suo scrivere:

«Ho perso tempo a resistere, oggi».

Il dolore, il malessere, l’estenuante ricerca di un senso e il ritrovamento dei sensi s’intersecano continuamente nei versi finali, lasciando un sapore di dolce sconforto, di eterna attesa e di desiderio che non riesce a spegnersi.

 

Martina Chessari

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 5, gennaio 2008)

Redazione:
Mariangela Monaco
Collaboratori di redazione:
Alessandro Crupi, Valentina Pagano, Giusy Patera, Roberta Santoro, Andrea Vulpitta
Curatori di rubrica:
Monica Baldini, Rita Felerico, Daniela Graziotti, Luisa Grieco e Mariangela Rotili, Mariangela Monaco, Valentina Pagano, Giusy Patera
Autori:
Monica Baldini, Martina Chessari, Alessandro Crupi, Felicina Di Bella, Rita Felerico, Clementina Gatto, Daniela Graziotti, Luigi Innocente, Luisa Grieco e Mariangela Rotili, Ennio Masneri, Mariangela Monaco, Alessandra Morelli, Valentina Pagano, Giusy Patera, Luciano Petullà, Roberta Santoro, Alessandro Tacconi, Silvia Tropea, Andrea Vulpitta
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT